venerdì 21 settembre 2012

scandalo pdl Lazio: Polverini boia chi molla



BOIA CHI MOLLA - POLITICA
Fine dell'impero della nera Renata
Ma lei ci prova: "Non sapevo niente"
ANDREA PALADINO
21.09.2012
Gli ex colonnelli di An fanno quadrato intorno alla governatrice Polverini che non parla più di dimissioni. Mentre la Finanza setaccia gli uffici della Regione, si arriva alle dimissioni forzate dell'uomo di Tajani, Battistoni, sacrificato agli ex di Allenza nazionale. Ma la finanza in regione da la stangata finale: si aggrava la crisi nel Lazio

"Voglio diventare famoso". Appena tredici anni, una corona di cartone sulla testa, colori vivaci e un sorriso estasiato. Palazzo Grazioli è davanti ai suoi occhi, reso irraggiungibile dalle transenne di acciaio, circondato dalle telecamere, protetto da carabinieri. «Sembra un castello», spiega il ragazzino romano guardando verso il portone, mentre l'ormai ex capogruppo del Pdl del Lazio Francesco Battistoni entra atteso dal gotha berlusconiano. Non ha idea - perché nessuno glielo ha mai spiegato - di quanto crudele possa oggi apparire quel palazzo grigio da intrighi romani, abitato una volta dai Grazioli, nuovi ricchi che si erano comprati il titolo di nobili con i soldi ricavati dalla farina e dal pane.
Cronache, ormai, da fine impero, quelle romane. E come in ogni finale di storia i nodi vengono tutti al pettine, mentre i volti dei cattivi diventano ancora più insopportabili. E' una storia brutta, bruttissima quella del Lazio, dove i parvenu e i falsi principi incrociano i loro destini, mentre la vita quotidiana di chi è lontano dai palazzi precipita sempre di più nella povertà, tra sfratti e usurai, in periferie lontane, pericolose, insopportabili. Basta poco, in fondo, per capire qual è la vera tessitura delle accuse di Franco Fiorito, er Batman di Anagni, oggi cliente di un avvocato che si spaccia per principe non più del Foro, ma di un regno inesistente, dove sulla carta moneta mostra il suo volto sorridente. Basta mettere in fila l'argent de poche dei consiglieri del Lazio - centomila euro a testa per attività "politiche", oltre alle indennità -, il costo delle automobili che sfilano tra la sede del Pdl in via dell'Umiltà - mai nome suonò più ironico - le fatture per i servizi fotografici e i festini in maschera; e basta, subito dopo, ascoltare i racconti dei medici precari negli ospedali romani, o guardare quei volti da famiglie normali che si aggirano attorno alle mense Caritas.
Quella che l'altro ieri appariva come la storia della fine della giunta di Renata Polverini - con la governatrice pronta a firmare la lettera di dimissioni - ieri ha mostrato il suo vero volto. Cupo, inguardabile. Una guerra iniziata sulle ceneri di quel che resta del Pdl, con oggi al centro due scatoloni di carte portate da Franco Fiorito, il consigliere indagato per peculato, ai magistrati. Veleni pronti a scorrere già dalle prossime ore, quando dossier e notizie più o meno pilotate inizieranno a riversarsi nei corridoi del palazzo della Pisana. Ad iniziare dai conti del Pdl, numeri e ricevute che stanno preoccupando moltissimi consiglieri. «Tutte fatture in originale», specifica a il manifesto l'avvocato-neo principe di Filettino Carlo Taormina, commentando il contenuto della documentazione portata dal suo assistito ai magistrati. Un interrogatorio lunghissimo, durato più di sette ore, finito in tarda serata mercoledì scorso, con al centro i dettagli su come funzionavano i conti nel gruppo consiliare del centrodestra.
La prima conseguenza si è vista ieri mattina, quando la Guardia di finanza ha iniziato a perquisire gli uffici in via della Pisana, ascoltando consulenti e dipendenti, verificando minuziosamente il racconto dell'ex capogruppo di Anagni.L'avvocato Taormina spiega che il motore del sistema di distribuzione dei fondi in consiglio regionale è la presidenza, con la relativa segreteria: «E' in quelle stanze che si decidevano i conti», avrebbe spiegato Fiorito ai magistrati secondo il suo avvocato, facendo mettere a verbale alcuni nomi di consiglieri beneficiari dei fondi senza controllo. Salvando, nello stesso tempo, Renata Polverini, indicata solo per una eventuale responsabilità politica, ma non giudiziaria: «La gestione del consiglio è una cosa differente da quella della giunta», conclude l'avvocato Taormina, mentre lo stesso Fiorito assicurava a Sky Tg 24 di non aver mai accusato la governatrice del Lazio. Parole rassicuranti per la massima carica della regione, che ieri, alla fine, ha visto il vertice del Pdl rinnovargli la fiducia.
C'è una testa caduta alla fine di questa prima puntata della cronaca di fine impero. E' quella di Francesco Battistoni, il capogruppo del Pdl che si era opposto a Francesco Fiorito, denunciandone la gestione dei conti, uomo vicinissimo al gruppo di Tajani, opposto, quindi, agli ex colonnelli di An. Il suo nome è finito nel verbale dell'interrogatorio di mercoledì e ieri, chiamato da Alfano, ha presentato la lettera di dimissioni irrevocabili dalla guida dei consiglieri in regione Lazio, con la motivazione di circostanza «per senso di responsabilità». A tarda mattinata Battistoni si era rifugiato con i suoi collaboratori in un ristorante a pochi passi da Fontana di Trevi, cercando di mostrare un certo sollievo, accogliendo senza grandi problemi i cronisti. Parole tranquille, almeno in questo momento. Ma la tempesta potrebbe essere dietro l'angolo: «Ho novanta giorni di tempo per eventuali querele», ha spiegato mentre si avviava verso palazzo Grazioli.
Ci ha pensato Ignazio La Russa a spiegare come sono andate le cose: «Abbiamo esercitato una moral suasion», ha assicurato sorridendo mentre usciva dalla riunione con Berlusconi. Una testa offerta su un piatto d'argento a Renata Polverini, che nei giorni scorsi si era apertamente scontrata con il capogruppo succeduto a Franco Fiorito. Un segno chiaro su chi stia prevalendo in questa fase: la parte più nera, quel fascismo profondo che tenta di rialzare la testa.

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