martedì 12 luglio 2011

l'archivio dell'incidente nucleare di Fukushima

L'ISPEZIONE1
Aiea: "Servono controlli indipendenti"

Le prime valutazioni della Commissione dell'Agenzia per l'energia atomica da Fukushima. "Sottovalutato il rischio sismico". Creare organismi slegati da governi e aziende per verificare senza vincoli la sicurezza delle centrali. Il Giappone aderisce. Ma oggi si viene a sapere che i dati sulla radioattività forniti nei primi giorni erano sbagliati dall'inviato DANIELE MASTROGIACOMO
Incidenti, i 7 livelli della scala di Ines
Incidenti, i 7 livelli della scala di Ines
Guasti, malfunzionamenti o vere e proprie catastrofi del calibro di Chernobyl. L'International atomic energy agency (Iaea) ha stabilito una scala di gravità degli eventi possibili in una centrale che si articola in sette livelli. Il 'metro' di valutazione si chiama Ines (International nuclear event scale): i vari gradi di pericolosità raccontano la storia degli incidenti nucleari
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/06/02/news/i_livelli_di_pericolosit-17112178/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2011%2F04%2F14%2Fnews%2Farchivio_fukushima-14924704%2F

La web cam sui reattori di Fukushima
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Greenpeace: "Radioattività oltre i 35 km"
Le squadre di Greenpeace international hanno trovato i livelli di radiazione superiori ai limiti negli ortaggi raccolti nella provincia di Fukushima città, Koriyama, e Minamisoma. "Le autorità giapponesi - scrive l'esperto Jan van de Putte - devono stabilire zone di evacuazione sulla base dell'effettiva radioattività ambientale". Il piccolo centro di Litate è un altro esempio. È al di fuori della zona di evacuazione di 20 km e del successivo anello di 10 km in cui le persone sono confinate a casa. Eppure non è un luogo sicuro soprattutto per i bambini e per le donne incinte. Greenpeace ha misurato livelli di assorbimento pari a 8-10 microsievert all'ora (µSv/h). Per capire cosa significa bisogna considerare che gli standard internazionali fissano a 1 millsievert (mSv) la capacità massima di radiazioni che un corpo umano può sopportare in un anno
View Map of Radiation Measurements by Greenpeace team in a larger map
06 giugno 2011
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/06/06/news/mappa_greenpeace-17296245/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2011%2F04%2F14%2Fnews%2Farchivio_fukushima-14924704%2F

PRESENTE E FUTURO dal nostro inviato DANIELE MASTROGIACOMO
Addio per sempre alla centrale maledetta
Ma i giapponesi non sanno ancora come

Al lavoro per mettere in sicurezza la centrale
L'impianto di Fukushima morirà: verrà chiuso in un sarcofago o sarà smontato. Rivelate gravi perdite di acqua radioattiva. I ritardi e le bugie. Innalzate le soglie di radioattività "sopportabile". La gente esprime sfiducia. Filtri in mare e ventilatori per aspirare l'aria inquinata.TOKYO - Ormai lo ammettono anche i riluttanti dirigenti della Tokyo electric power company (Tepco): la centrale nucleare di Fukushima Daiichi dovrà essere smantellata. E' impossibile recuperare i quattro (su sei) reattori lesionati e in parte distrutti da esplosioni e incendi che punteggiarono i giorni drammatici del terremoto e dello tsunami del 12 marzo scorso. I tecnici e gli esperti giapponesi non hanno ancora individuato la soluzione. Chiuderli dentro un enorme sarcofago di sabbia, cemento e boro; smantellarli e mantenerli per cento anni in un deposito di scorie radioattive fino al naturale esaurimento. Ma il loro destino è comunque segnato: l'impianto realizzato a 220 chilometri a nordest di Tokyo, lungo la costa orientale del Giappone, non esisterà più.

VIDEO: LO TSUNAMI A FUKUSHIMA

VIDEO: DENTRO LA CENTRALE

Cancellarlo non sarà facile. Dopo ripetute riunioni, spesso dominate da aspre discussioni e contrasti evidenti, governo e gestori della centrale hanno messo a punto un piano di interventi che si dovrebbe concludere per la metà di febbraio 2012. Nei prossimi otto mesi si cercherà di far abbassare la temperatura interna dei reattori che oscilla tra i 100 e i 150 gradi e portarla fino a 30. Per farlo bisogna continuare a pompare acqua nel circuito di raffreddamento che denuncia però altri problemi. L'acqua immessa nei reattori si disperde in mille rivoli. E' altamente radioattiva e non si sa dove finisce. Alcuni tecnici entrati dentro gli impianti hanno trovato i fondi della struttura completamente allagati. I locali dove sorge la copertura primaria del reattore erano invasi da oltre 4 metri di acqua. Decine di tonnellate sono state filtrate e depositate in un'enorme chiatta che la trasferirà altrove per farla decontaminare. Ma è evidente che ci sono delle perdite impossibili, allo stato attuale, da individuare.

La protesta dei genitori. l problema principale resta la radioattività e la soglia di sopportazione. Innalzata a 250 millisievert/anno per gli 800 tecnici che lavorano attorno e davanti a Daiichi, è stata fissata a 20 millisievert/anno per le 120 mila persone sfollate dal territorio compreso nel raggio di sicurezza di 30 chilometri. Il limite riguarda anche i bambini e questo, ovviamente, ha suscitato le vibrate proteste dei genitori che temono per la salute dei propri figli. Si sa che le conseguenze di un assorbimento oltre la norma di 1 millisievert/anno, in modo costante, può avere effetti letali sull'organismo. Non ci sono certezze mediche. Ma studi statistici e confronti con le popolazioni di altre aree colpite da incidenti nucleari dimostrano che ci sono alte probabilità, nel tempo, di contrarre tumori soprattutto alla tiroide.

VIDEO: LE MAMME DI FUKUSHIMA

I valori registrati dalle autorità nelle zone a confine del limite di sicurezza non corrispondono sempre a quelli scoperti, con iniziative autonome, dalla popolazione. La somma di errori commessi dai dirigenti della Tepco, le notizie spesso trasmesse in ritardo, in modo confuso e approssimato, a volte tenute perfino nascoste, hanno generato un sentimento di sfiducia- se non di sospetto- della popolazione. Così oggi sono in molti, soprattutto nella Prefettura di Fukushima, a non credere più alle versioni ufficiali e ha invocare una verità che tarda ad arrivare. La formazione di una Commissione indipendente che indaghi su quello che è accaduto realmente a Fukushima Daiichi è il segno di questa sfiducia crescente. E' da poco rientrata a Vienna, inoltre, una delegazione di 18 esperti internazionali, tra cui 6 esperti della Aiea, l'agenzia atomica delle Nazioni unite. Per dieci giorni ha visitato i siti della centrale giapponese, ha ottenuto dal governo libero accesso a tutta la documentazione prodotta dai computer e da altri strumenti di rilevazione e ora si prepara a stendere la prima relazione ufficiale sull'incidente di Fukushima. Sarà presentata al board straordinario dell'Agenzia fissato a Vienna dal 20 al 24 giugno. Le due indagini indipendenti esprimono un chiaro bisogno di trasparenza ma certificano anche una sfiducia internazionale.

I robot nella centrale. Per capire cosa era accaduto dentro la centrale di Daiichi si è ricorso ai robot. Il livello delle radiazioni era probitivo. Più volte gli uomini mandati all'interno, bardati con speciali tute protettive e solo per una manciata di minuti, sono stati richiamati perché rischiavano la vita. Così si è ricorso alle macchine. Si tratta dei Talon e dei Quine, ruspe in miniatura che vengono comandate a distanza. I Talon possono arrivare fino al cuore della struttura e da lì inviare, in tempo reale, le immagini registrate con una telecamera capace di stringere e allargare la visuale con uno speciale obiettivo. I filmati messi in Rete ci mostrano la sala di controllo in buono stato con l'impianto elettrico - forse l'elemento vitale della centrale - non lesionato dalle diverse esplosioni che hanno colpito, in tempi e modi diversi, quasi a ripetizione, quattro dei sei reattori presenti a Fukushima Daiichi.

Il piano di bonifica. Un primo bilancio incoraggiante ha spinto le autorità giapponesi e i vertici della Tepco a programmare il piano di bonifica. Sviluppati dall'Istituto di Tecnologia Chiba dell'università di Tohoku, i robot Quince sono destinati a un compito diverso: serviranno a far funzionare le pompe che innaffiano di acqua i bacini di stoccaggio delle barre di combustibile esaurito. Si tratta di bacini esterni al reattore dove vengono accumulati gli elementi radioattivi che partecipano al processo di fissione e quindi di produzione dell'energia atomica. Ma sono anche i più pericolosi: contengono, a differenza delle barre del combustibile immerse nelle piscine di raffreddamento, 1535 isotopi altamente radioattivi. Il fatto che siano esauriti e quindi stoccati in un'apposita vasca non significa che abbiano perso il loro potenziale inquinante. E' la loro diversità e quantità a trasformarli in un pericolo radioattivo per l'ambiente esterno. Un vero ricettacolo di veleni.

Per evitare che la vasca di stoccaggio possa crollare a causa di altre scosse di terremoto, la struttura del reattore è stata ancorata con dei tiranti in accaio. Ma anche questa verrà smantellata o avvolta nel sarcofago una volta messa in sicurezza. Tutti i 52 reattori presenti nel paese sono stati sottoposti ad accurate verifiche. Si è deciso che saranno protetti da muri di 15 metri. Si vogliono prevenire altri tsunami: quello del 12 marzo era alto 14 metri. L'impianto di Hamaoka, nella Prefettura di Shizuoka, è stato spento. Grazie alle moderne tecniche di indagine si è scoperto che sorgeva sopra una faglia tettonica della zona di Tokai. Sulla base di calcoli statistici e analisi comparative ci sarebbero forti probabilità (87 per cento) che l'area possa essere colpita da un terremoto di 8 gradi Richter (quasi pari a quello dell'11 marzo) nei prossimi 30 anni.

Così lo tsunami colpì la centrale. Tra gli appunti di quei giorni, leggo che il reattore 3, ridotto ad uno scheletro fumante e annerito dal fuoco, subì una doppia esplosione; la struttura esterna del numero 2 cedette ai boati; il 4 subì tre incendi; il numero 1 venne colpito dalla prima, forte esplosione; mentre il 5 e il 6, isolati in una struttura distante vennero risparmiati dalla serie di incidenti ma registrarono un aumento anomalo delle temperatura del nocciolo. La forte scossa di terremoto bloccò, come previsto nelle misure di sicurezza, gli impianti. Ma l'onda di tsunami che si abbatté sulle coste orientali del Giappone 56 minuti dopo il sisma spazzò i generatori di emergenza piazzati a poche centinaia di metri dal sito. Per quasi un'ora i motori alimentati a gasolio hanno continuato a pompare acqua nelle vasche di raffreddamento. Ma quando il mare invase il terreno e avanzò per quasi dieci chilometri all'interno, interruppe quell'alimentazione vitale per l'equilibrio dei reattori.

Esplosione e dispersione. Senza più acqua nel circuito, le piscine di raffreddamento presto si svuotarono. La temperatura raggiunse prima i 70 e poi i 102 gradi, quando, normalmente, deve essere mantenuta sui 25-30. L'acqua cominciò a bollire e il vapore che saliva dalle piscine iniziò a filtrare dalle crepe degli involucri. La prima protezione, quella esterna al nocciolo, si intasò di vapore altamente radioattivo. L'idrogeno formato esplose ovviamente appena entrò a contatto con l'ossigeno esterno e scoperchiò con violenza tutta la struttura. Nessuno è in grado di dire quanta dispersione radioattiva ci sia stata in quelle ore. Ma è lecito immaginare che ce ne sia stata oltre la soglia di tolleranza; le conseguenze si registreranno nei prossimi mesi e anni. Radiazioni che oggi si rilevano in diversi punti oltre la zona di sicurezza. Da un minimo di 20 millisievert/anno fino a punte di 220.

Bisogno di verità. E sono proprio questi dati a mettere in allarme la popolazione. Nessuno si sente al sicuro. C'è un gran bisogno di verità. Il primo ministro Naoto Kan ha superato un primo scoglio politico. Una mozione di sfiducia è stata respinta con 293 voti su 480. Ma ad una condizione: che lo stesso Kan si dimetta dopo aver risolto la crisi provocata dal terremoto e dallo tsunami. Chiari segnali di un logoramento che non è più solo politico. Secondo il ministro dell'Economia Kaoru Yosano, ci vogliono 135 miliardi di dollari per ricostruire i danni dello spaventoso sisma. Questo significa più tasse e più debiti per nuovi investimenti. Il Giappone chiede un cambio sulle scelte energetiche. Il nucleare fa paura. Non convince più.

07 maggio 2011© Riproduzione riservata
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UN PAESE IN DIFFICOLTA' di GIAMPAOLO VISETTI
Produzione, energia e fiducia
la crisi del Giappone dopo lo tsunami

Il premier giapponese Naoto Kan chiede scusa al suo Paese
I giapponesi speravano in una ripresa rapida, ma, a tre mesi dal disastro dell'11 marzo, molti problemi sono ancora aperti ed emergono anche le incertezze del governo nell'informazione dei primi giorni. La contaminazione e i dati falsi forniti dalla Tepco. Le difficoltà del premier Naoto KanIl Giappone è scomparso dalle prime pagine dei media internazionali, ma a tre mesi "dalla catastrofe peggiore dopo Hiroshima" la terza potenza economica del mondo si trova a fronteggiare problemi più gravi del previsto. Gli analisti erano certi che, superata l'emergenza tsunami, produzione e commercio avrebbero ripreso la loro corsa, trainando l'intera economia. Nei grattacieli della Borsa di Tokyo la scommessa era questa: sfruttare la crisi dell'11 marzo per superare la crisi degli ultimi dieci anni. Ancora una volta però Tokyo sembra aver fatto male i conti e il governo di Naoto Kan, sull'orlo della crisi, si conferma cronicamente in ritardo rispetto agli eventi.

Il collasso della centrale nucleare di Fukushima è tutt'altro che risolto. Reticenze, errori di valutazione e di comunicazione, imbarazzanti smentite sui livelli di rischio-radiazioni per la prima volta hanno posto i giapponesi di fronte all'evidenza di una classe dirigente non credibile e non autorevole. Il livello di fiducia della popolazione è ai minimi storici e il ruolo del Giappone, motore dell'Oriente e grande alleato dell'Occidente nell'impegno a controllare la crescita cinese, cala di settimana in settimana. Le cancellerie occidentali sono preoccupate anche dalla lentezza manifestata dalla macchina dei soccorsi.

Terremoto e tsunami dell'11 marzo sono stati tra i più devastanti della storia e la crisi di Fukushima ha moltiplicato le difficoltà. Ad oltre due mesi però le montagne di macerie che coprono le coste delle prefetture nel Nordest sono ancora dove le ha accumulate l'oceano e la data fissata per l'inizio di una possibile ricostruzione, nel 2012, è già slittata di un anno. Oltre centomila soldati, la metà delle forze armate nipponiche, restano impegnati a recuperare cadaveri e a cercare almeno 15mila dispersi, oltre che a distribuire cibo e generi di prima necessità a 170mila sfollati. La funzione di controllo del Giappone rispetto alle crisi regionali, come la minaccia nucleare della Corea del Nord e l'espansionismo cinese nel Pacifico, in caso di emergenza appare limitato anche nel medio periodo.

L'effetto dello "tsunami-Giappone" colpisce però in particolare i due centri-chiave dell'equilibrio globale: la produzione e l'energia. Poche aziende giapponesi hanno superato la crisi. Il blocco di un quinto delle centrali nucleari della nazione, unito ad un sistema normativo antiquato, ha portato alla mancanza di carburante e a onerosissimi black-out. Oltre il 70 per cento delle 1.597 società quotate alla Borsa di Tokyo ha chiuso per settimane e nella maggior parte la produzione resta sospesa o fortemente ridotta. Gli effetti negativi globali si fanno sentire con particolare forza nei settori auto, nell'hi-tech, nell'aeronautica e nella cantieristica, spine dorsali del Sol Levante. Lo scorso anno la crescita giapponese è stata del 3 per cento e gli esperti avevano previsto una frenata massima fino a un più 1,3. Le attese sono già ridimensionate a un più 0,7, che potrebbe tradursi entro agosto in una piena stagnazione. Per le multinazionali "made in Japan" la dimensione del calo di produttività e di fatturato non ha precedenti. Nel frattempo lievitano anche i costi dell'11 marzo. L'ipotesi più ottimistica quantifica in 220 miliardi di euro la spesa pubblica per iniziare la ricostruzione, l'8 per cento del Pil nazionale, più del doppio di quanto speso per il terremoto di Kobe nel 1995.

Per un Paese già gravato da un debito pubblico superiore al 200 per cento, sempre più nelle mani di creditori cinesi, si profilano impegni finanziari capaci di bloccare gli investimenti produttivi, i piani per il rilancio dell'occupazione e il sostegno a servizi e previdenza per una popolazione sempre più vecchia. E' chiaro però che il problema essenziale ruota attorno alla centrale di Fukushima e all'effetto che le radiazioni sprigionate dai reattori danneggiati stanno avendo sull'intera politica energetica del Giappone e del mondo.

Le conseguenze della contaminazione atomica, la sua dimensione e il suo raggio di diffusione restano avvolti dal mistero. I dati forniti dalla Tepco, la società di gestione della centrale, si sono rivelati falsi fin dall'inizio della crisi. I vertici Tepco, nel tentativo di salvare l'operatività della centrale e il suo valore economico, hanno ritardato interventi decisivi nell'impedire la degenerazione della crisi in catastrofe. Per cinque settimane la Tepco ha negato che la popolazione residente entro i quaranta chilometri dai reattori potesse essere investita da radiazioni nocive per la salute. Ha proceduto all'evacuazione e al blocco della vendita e del consumo dei prodotti agricoli solo quando esperti internazionali, stati stranieri e analisi indipendenti di associazioni ecologiste hanno diffuso i risultati di test che smentivano drammaticamente le dichiarazioni ufficiali. L'eventuale complicità nella reticenza tra i vertici Tepco e il governo giapponese è attualmente oggetto d'inchiesta. Resta il fatto che milioni di tonnellate di acque radioattive sono state scaricate nell'oceano, in violazione agli accordi internazionali, che l'emissione nell'atmosfera di vapori contaminati prosegue, che ogni giorno si aggrava il bilancio dei danni ai reattori di Fukushima e si allontana la data del loro definitivo spegnimento.

L'economia nazionale è in ginocchio, ma a preoccupare maggiormente i giapponesi è ora lo spettro delle conseguenze di lungo periodo di Fukushima sulla salute della popolazione. A sud della prefettura più colpita, la regione di Tokyo è abitata da oltre 40 milioni di persone ed è sede delle principali istituzioni finanziarie e produttive. Nei palazzi del potere, come nei governi stranieri, ci si chiede quali effetti sortirebbe l'ammissione ufficiale che la potenzialità contaminante di Fukushima si dimostrerà realmente superiore a quella del disastro del 1986 a Chernobyl. Già ora pesca e agricoltura sono a un passo dal fallimento e gli stessi prodotti industriali, dai computer ai telefonini, vengono sottoposti a costosi test di radioattività prima di ricevere il via libera per i mercati esteri. La prospettiva, secondo gli analisti, è di un esodo massiccio degli stabilimenti produttivi in Cina e nel resto del Sudest asiatico. Nel frattempo oltre il 60 per cento dei giapponesi, per la prima volta, si dichiara favorevole allo stop a siti nucleari costruiti in zone a rischio e il governo è pronto a "riesaminare da zero il ricorso al nucleare".

Prima dello tsunami, 54 centrali atomiche fornivano oltre il 30 per cento dell'energia elettrica giapponese, destinata ad arrivare al 50 per cento entro il 2030. Tokyo, sconvolta dalle previsioni di altri terremoti distruttivi, si dice decisa a rivoluzionare il proprio modello di sviluppo, puntando su energia eolica, solare o da biomassa. I mercati si chiedono però quanto tempo e quanti soldi ci vorranno prima che la "Japan Spa" sia energeticamente riconvertita in modo efficiente e a quale posto della classifica economica sarà scesa per quel giorno. Nessuno oggi si azzarda a fare previsioni e a puntare su "una nuova alba" di Tokyo, o su un suo "prossimo tramonto". Il mondo ha bisogno di un Giappone forte, ha fiducia nelle qualità straordinarie dei giapponesi e spera che la crisi aiuti il pianeta a investire su fonti energetiche pulite e sicure.

La nazione, pur compatta, appare però ancora sotto shock e colpita come mai prima dalla consapevolezza della propria vulnerabilità. Un sondaggio ha chiesto alla gente di cosa abbia oggi più paura. Risultato, nell'ordine: di un nuovo terremoto-tsunami, delle bugie sulle radiazioni di Fukushima, dell'impoverimento e del premier Naoto Kan il cui governo è sopravvissuto a un voto di sfiducia dell'opposizione di centrodestra solo grazie alla promessa di Kan di dimettersi non appena il Paese sarà fuori dalla parte più acuta della crisi. Dopo l'11 marzo il capo del governo non è andato a visitare i terremotati, i sopravvissuti e i parenti delle vittime, gli sfollati dalla prefettura di Fukushima e gli operai che lottano contro i reattori lesionati. Gli affari sono affari, ma ai giapponesi appare come una inaccettabile "assenza di compassione". Solo il vecchio imperatore, con sua moglie, ha avuto il coraggio di trascorrere ore e giorni al fianco dei più colpiti da una tragedia che deve ancora mostrare il suo vero volto.

03 giugno 2011© Riproduzione riservata
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stantanee da Fukushima

Le mamme preoccupate per il futuro dei più piccoli. La lenta ripresa di un Paese che ha reagito con coraggio a uno degli incidenti radioattivi più gravi della storia. Le silenziose proteste degli abitanti di Fukushima. E le ammissioni della Tepco sui guasti anche al reattore 3 e 4. E Greenpeace indaga sullo stato dell'inquinamento nella zona rossa dall'inviato DANIELE MASTROGIACOMO

VIDEO / 1
Ritorno a Fukushima +
IL VIDEO / 2
Greenpeace: "Radiazioni altissime nelle alghe" +
IL VIDEO / 3
I tecnici della Aiea visitano la centrale +
IL VIDEO / 4
''Fusi parzialmente i reattori 2 e 3'' +
IL VIDEO / 5
Le mamme di Fukushima
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I paesaggi cancellati dallo tsunami
Prima e dopo. La provincia devastata dallo tsunami era un territorio florido. Quelle stesse terre oggi sono un luoghi con livelli di radioattività oltre la media. La centrale nucleare di Daiichi ha subito dei danni gravissimi. La Nisa (Japan nuclear and industrial safety agency, l'agenzia per la sicurezza nucleare giapponese) ha aggiornato i dati sui danni prodotti: dalla prima settimana il livello di radiazioni è pari al 15 per cento di quella rilasciata da Chernobyl
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/06/03/foto/i_paesaggi_cancellati_di_fukushima-17183978/1/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2011%2F04%2F14%2Fnews%2Farchivio_fukushima-14924704%2F#1

Il disastro 25 anni dopo
Per dieci giorni, dopo 26 aprile del 1986, una nube radioattiva ha contaminato Bielorussia, Russia e Ucraiana. Le radiazioni sono proseguite per anni. Una tragedia di grandissime dimensioni tanto che ancora oggi la situazione continua ad essere drammatica. La cantena alimentare è stata compromessa, le persone continuano a morire di tumore alla tiroide. Nonostante ciò, Mosca ha minimizzato

L'INCIDENTE
L'esplosione del reattore +
MAI NELLA STORIA
Peggio di Hiroshima e Nagasaki +
I NUMERI
Quasi 50mila vittime +
AMBIENTE
La radioattività c'è ancora +
SALUTE
I bambini rischiano di più +
LA POLITICA
Minimizzare le conseguenze +
LO STUDIO
"Il rischio dei tumori è ancora alto" +
LA SICUREZZA MANCATA
Allarme per il sarcofago +
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/05/04/news/26_aprile_1986_il_disastro_25_anni_dopo-15770458/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2011%2F04%2F14%2Fnews%2Farchivio_fukushima-14924704%2F

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/05/04/news/26_aprile_1986_il_disastro_25_anni_dopo-15770458/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2011%2F04%2F14%2Fnews%2Farchivio_fukushima-14924704%2F

CHERNOBYL, 26 APRILE 1986
L'incidente che 'contaminò' il mondo
Tumore alla tirode, leucemia e ritardo mentale. La generazione di bambini nati dopo il disastro di Chernobyl è protagonista di una storia di dolore e malattia. L'esplosione della centrale è diventato un fardello che ancora pesa. Tanto che il dibattito sulle conseguenze sulla salute è tutt'altro che chiuso. Gli studi ufficiali minimizzano il disastro e riducono il numero delle vittime - dirette e indirette - a qualche migliaio. Quelli indipendenti invece sostengono che la popolazione continua a soffrire gli effetti della radioattività. Basti pensare che le autorità ucraine stimano che un totale di 5 milioni di persone abbia sofferto le conseguenze della tragedia
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