TAV, buchi nelle montagne e nei conti pubblici
Vorrei concludere, dato che il tema è molto caldo, con il Tav, il famigerato treno a alta velocità che ci dicono da una ventina di anni che dovrebbe sorgere tra una ventina d’anni, cioè 40 dopo che avevano iniziato a pensarci tra il Piemonte e la Francia, sappiamo tutto delle rivolte, di coloro che per opporsi hanno commesso delle illegalità piccole o grandi, non voglio entrare, le illegalità ovviamente se sono illegali sono illegali, infatti ci sono anche illegalità da parte di chi vince gli appalti, ma non bisogna rispondere naturalmente con altre illegalità, a meno che non siano atti di disubbidienza civile, nel qual caso uno li compie sapendo che sta infrangendo una norma e quindi assumendosene la responsabilità e accettandone le conseguenze.
Abbiamo pubblicato, sono molto felice di questo, un articolo di Luca Mercalli su Il Fatto Quotidiano che in poche righe fa capire di quale mostruosa cazzata stiamo parlando, di quale boiata pazzesca, perché ne parlo? Perché il costo stimato di questa opera a carico dei contribuenti italiani, senza contare i contributi europei, sarà di 16/17 miliardi di Euro, le grandi opere - scrive il Luca – non le vuole più nessuno, salvo chi le costruisce e la politica bipartisan che le sponsorizza con il denaro pubblico, denutrita del ponte sullo stretto non vale più la pena di parlare e dell’affaruccio miliardario delle centrali nucleari ci siamo forte sbarazzati grazie al referendum, prendiamo invece il caso del Tav in Val Susa, per i promotori si tratterebbe di un progetto strategico del quale l’Italia non può fare a meno, senza che senza quel super tunnel ferroviario di oltre 50 chilometri di lunghezza sotto le Alpi, pensate, provate a immaginare un tunnel di 50 chilometri, 50 chilometri è poco meno della metà della distanza tra Torino e Milano, pensate fare tra Torino e Milano metà in sotterranea, quindi immaginate l’imponenza dell’opera.
Pare che l’Italia sia destinata a un declino epocale senza questa opera, tagliata fuori dall’Europa, chiacchiere senza un solo numero a supporto, è da 20 anni che le ripetono e mai abbiamo visto supermercati vuoti perché mancava quel buco, eh già, se ne abbiamo così bisogno, com’è che non si vedono gli effetti della crisi tremenda in assenza del tunnel? Cosa potrà mai cambiare quando ci sarà il tunnel se non il fatto che lo Stato italiano avrà 17 miliardi di Euro in meno nelle casse? Scaverà! I numeri invece li hanno ben chiari i cittadini della Val di Susa che costituiscono un modello di democrazia partecipata operante da decenni, decine di migliaia di persone lavoratori pubblici, amministratori, imprenditori, docenti, studenti, pensionati, preti, suore, volontari in una parola il movimento No Tav, spesso dipinto come minoranza facinorosa, retrograda e nemica del progresso, numeri che l’Osservatorio tecnico sul Tav presieduto dall’Arch. Mario Virano l’ex comunista innamorato dell’asfalto, si rifiuta tenacemente di discutere, proviamo qui a mettere in luce qualche elemento, qualche numero: il primo assunto, scrive il Luca Mercalli secondo il quale le merci dovrebbero spostarsi dalla gomma alla rotaia è di natura ambientale e si dice che il trasporto ferroviario anche se è meno versatile di quello stradale inquina meno, il che è vero, ma solo se si utilizza e si migliora una rete già esistente, certo che se è già la ferrovia e la devi solo migliorare è più ecologico il treno che non le colonne dei tir, ma se la devi costruire da zero la ferrovia, scavando un buco dentro 50 chilometri di montagna, immaginate e infatti… se si progetta un’opera colossale con oltre 70 chilometri di gallerie perché quella era solo la più lunga, poi ci sono altri 20 chilometri di gallerie sul tragitto fino a Lione, 10 anni di cantiere, decine di migliaia di viaggi di camion, materiali di scavo da smaltire, talpe perforatrici, migliaia di tonnellate di ferro e calcestruzzo, oltre all’energia necessaria per farla poi funzionare, si rimpiangeranno i tir, ovviamente, scopre che il consumo di materie prime e di energia, nonché relative emissioni è così elevato da vanificare l’ipotetico guadagno del parziale trasferimento delle merci da gomma a rotaia, i calcoli li hanno fatti le università di Siena e dalla California, in sostanza la cura è peggio del male, il gioco non vale la candela.
Veniamo ora al rischio terribile di essere tagliati fuori dall’Europa, detto così sembra che la Val Susa sia un’insuperabile barriera orografica, invece è già percorsa dalla linea ferroviaria internazionale a doppio binario che utilizza il tunnel del Fréjus ancora perfettamente operativo dopo 140 anni, l’hanno inaugurato nel 1871, ogni tanto Berlusconi dice: inaugureremo il tunnel… non può inaugurarlo perché l’hanno già inaugurato 140 anni fa, affiancato peraltro al tunnel autostradale, quindi non c’è nessun isolamento con l’Europa, abbiamo già la ferrovia per il trasporto delle persone e abbiamo già l’autostrada, questa sarebbe un’altra ferrovia solo per il trasporto delle merci, cosa di cui nessuno parla perché se si sapesse che è fatta per trasportare solo le merci, a qualcuno comincerebbe a venire il sudore freddo.
Questa ferrovia, quella già esistente, quella del tunnel del Fréjus è attualmente molto sottoutilizzata rispetto alle sue capacità di trasporto merci e passeggeri, sarebbe dunque logico prima di progettare opere faraoniche nuove, utilizzare al meglio l’infrastruttura esistente, ?Lyon – Turin Ferroviere? a sostegno della proposta di nuova linea ipotizza che il volume dell’interscambio di merci e persone attraverso la frontiera, cresca senza limiti nei prossimi decenni e perché mai nei prossimi decenni molta più gente dovrebbe varcare la frontiera e molte più merci dovrebbero varcare la frontiera? Visto che la popolazione diminuisce tra l’altro! Angelo Tartaglia professore del Politecnico di Torino dimostra che assunzioni e conclusioni di questo tipo sono del tutto infondate, i dati degli ultimi lungo l’asse Francia – Italia smentiscono questo scenario, di un aumento di traffico di persone e di merci nella frontiera Italia – Francia, il transito merci è in calo e non ha ragione di esplodere in futuro, un rapporto della commissione francese predisposto per un Audit all’assemblea nazionale del 2003, è il Parlamento francese, afferma che riguardo al trasferimento modale tra gomma e rotaia la Lione – Torino sarà ininfluente e ora i costi di realizzazione a carico del governo italiano, cioè noi! 12/13 Miliardi di Euro che considerando gli interessi sul decennio di cantiere, portano il costo totale prima dell’entrata in servizio dell’opera a 16/17 miliardi di Euro, sempre che si rispettino i tempi, perché se come sempre avviene in Italia non si rispettano i tempi e i cantieri invece che 10 di anni ne dura 20 o 15, i costi ovviamente lievitano.
Pensate poi a tutte le infiltrazioni che ci sono delle organizzazioni malavitose, pensate quante volte per il movimento terra o per i subappalti si dovranno bloccare i cantieri perché sono stati affidati i lavori a qualche mafioso. La Valle di Susa è notoriamente a alta densità, soprattutto dell’’ndrangheta ma il bello è che anche quando funzionerà, il Tav, la linea non sarà assolutamente in grado di ripagarsi e diventerà fonte di continua passività, trasformandosi per i cittadini in un cappio fiscale, sarà un buco sempre aperto, dentro l’oleodotto della finanza pubblica che vedrà fuoriuscire ogni anno, sarà come il debito pubblico di cui dovremo pagare ogni anno gli interessi.
Ho qui sintetizzato una minima parte dei dati che riempiono, scrive sempre Luca Mercalli su Il Fatto Quotidiano, decine di studi rigorosi, incluse le recenti 140 pagine di osservazione della Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, dati suoi quali si rifiuta sempre il confronto, adducendo banalità da comizio “tipo i cantieri porteranno lavoro” ma suvvia ci sono tanti lavori più utili da fare, piccole opere capillari di manutenzione delle infrastrutture italiane esistenti, ferrovie, acquedotti, ospedali, protezione idrogeologica, riqualificazione energetica degli edifici, energie rinnovabili, non abbiamo bisogno di scavare buchi nelle montagne che a loro volta ne provocheranno altri nelle casse statali, altro che opera strategica.
Conclude Luca Mercalli “seguendo lo stesso criterio anche l’Expo 2015 di Milano sarebbe semplicemente da non fare e chiuso il discorso, sono eventi che andavano bene 100 anni fa, se oggi in Italia tanti comitati si organizzano per dire “no” alle grandi opere e per difendere i beni comuni e gli interessi del paese non è per sindrome Nimby (non nel mio cortile), bensì perché purtroppo per troppo tempo si sono detti dei sì che hanno devastato il paesaggio e minato la nostra salute fisica e soprattutto mentale, prossimamente Luca ci scriverà perché no all’Expo che, come avete visto la Giunta Pisapia, partita già con il piede sbagliato, ha nominato Assessore all’Expo l’Arch. Boeri che aveva presentato un progetto, tra l’altro ottimo, quello degli orti per l’Expo e che però entra in conflitto di interessi perché d’ora in poi dovrà giudicare e pronunciarsi anche su decisioni e progetti che ha preso lui in precedenza come libero professionista.
Quindi non perdete perché questa settimana su Il Fatto avremo il nuovo intervento di Luca Mercalli di cui vi segnalo anche il libro uscito per Chiarelettere “Prepariamoci” dove si parla di questo e di altri argomenti, oggi però ho voluto parlarvene soprattutto ai fini della famosa riduzione delle spese e dunque delle tasse.
http://www.beppegrillo.it/2011/06/passaparola_lun_104/index.html
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