mercoledì 22 giugno 2011

Coldiretti: il finto made in Italy a tavola, frodi alimentari

http://www.verdi.it/sicurezza-alimentare/30188-il-finto-made-in-italy-sulle-nostre-tavole.html
COLDIRETTI: COSì LE MAFIE CONTROLLANO QUELLO CHE MANGIAMO.
Un legittimo dubbio sull'originalità dei prodotti nostrani sale alla mente quando si scopre che, su 161.215 tonnellate di pomodori importati, il 52,9% proviene dalla Cina e va a ingrassare nella quasi totalità (il 98,6%) la sola provincia di Salerno, patria del mitico San Marzano. Lo stesso dicasi per la provincia di Cuneo, nota nel mondo per i suoi vini rossi, che assorbe il 94,8% dei vini di uve fresche importati quasi esclusivamente dagli Stati Uniti. Per non parlare della carne suina proveniente per il 91% dal Cile e destinato per l'87,4% alle sole province di Milano e Modena e ai loro famosi prosciutti. Gli esempi potrebbero continuare all'infinito. A lanciare l'allarme è il rapporto Agromafie 2011 della Coldiretti presentato nel corso del Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione a Villa d'Este di Cernobbio che denuncia, senza tanti giri di parole, quanto il "Made in Italy" che tante volte arriva sulle nostre tavole (e non solo) sia, in realtà, poco "nostrano".
L'inganno è reso possibile, si legge nel rapporto, da un meccanismo legislativo un po' ambiguo, che rende possibile importare da qualunque punto del pianeta prodotti agroalimentari e poi rivenderli col marchio "Made in Italy" semplicemente trasformandoli un po' e mischiandoli con materie prime locali. Rispondono a questa definizione, secondo l'associazione di categoria, circa un terzo (33%) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati. Un affare in cui le agromafie s'inseriscono da leoni. Gli ampi spazi di opacità lasciati dalla legislazione, infatti, rendono possibili una quantità incredibile di illeciti, col corollario di controlli meno efficienti e pericoli per la salute.

Per "agromafia" s'intende l'infiltrazione della criminalità organizzata in attività economiche del comparto agricolo, ideale per "riciclare" denaro proveniente da altre e meglio note attività mafiose (edilizia, trasporti, sanità locale etc...). Un giro d'affari "sporchi" che il rapporto Agromafie stima in 12,5 miliardi di euro (quasi una Finanziaria), il 5,6% del totale, investiti per il 70% in attività illecite di contraffazione, evasione fiscale e contributiva, sofisticazione dei prodotti alimentari, usura, macellazioni clandestine, saccheggio del patrimonio boschivo, abusivismo edilizio.

Il problema è che, inserendosi in questo comparto, le mafie riescono spesso a determinare l'aumento dei prezzi alla produzione e al consumo (le materie prime importate da altri paesi, in cui i controlli sono meno rigorosi, costano molto meno). In questo modo il danno non è solo alla salute pubblica, ma anche alla parte "sana" della nostra economia, ovvero alle aziende che invece seguono le regole. Coldiretti stima che siano circa 51 i miliardi che, ogni anno, vengano così sottratti alle industrie del vero "Made in Italy".

Solo nel 2010 le confezioni di generi alimentari sequestrate dai Nas sono aumentate del 40% mentre sono aumentate del 23% le strutture irregolari sottoposte a sequestro e del 18% quelle chiuse per motivi di salute pubblica. La proposta di legge in corso di approvazione al Parlamento introduce l'obbligo di indicare nell'etichetta dei prodotti alimentari trasformati anche il "luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalentemente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti", di modo che queste attività siano meno appetibili per la criminalità organizzata.

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