martedì 1 maggio 2018

Gli incendi presso impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti. In particolare: l’incendio della Eco X di Pomezia

pag. 371
Doc. XXIII
                                                                                                            N. 32

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI
 E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI

 Relazione sul ciclo dei rifiuti di Roma Capitale e fenomeni illeciti nel territorio del Lazio
(Relatrici: Sen. Paola Nugnes, Sen. Laura Puppato)

 Approvata dalla Commissione nella seduta del 20 dicembre 2017

_______________

Comunicata alle Presidenze il 20 dicembre 2017
ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1


6.2                Gli incendi presso impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti. In particolare: l’incendio della Eco X di Pomezia

La Commissione si è occupata in particolare dell’incendio, ampiamente pubblicizzato sulla stampa, all’impianto per il trattamento e lo stoccaggio di rifiuti della società, Eco X di Pomezia, verificatosi il  5 maggio 2017.
A tal fine, il 29 maggio sono stati ascoltati il direttore generale di ARPA Lazio, Marco Lupo; il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, Francesco Prete, accompagnato dal sostituto procuratore Luigi Paoletti, e il  capitano del NOE Carabinieri di Roma, Marco Cavallo.
Con missione del 30 maggio a Pomezia, la Commissione procedeva ad un sopralluogo dell’area oggetto dell’incendio e ascoltava Fabio Fucci, sindaco di Pomezia, Angelo Pizzoli, comandante della polizia locale di Pomezia; Narciso Mostarda, direttore generale dell’ASL 6, accompagnato da Mariano Sigismondi, direttore del dipartimento prevenzione, e da Marco Valentini, dirigente chimico del dipartimento prevenzione; Manuela Manetti, direttore della direzione regionale territorio, urbanistica e mobilità della regione Lazio, accompagnata da Gianfrancesco Gianni, dirigente della direzione regionale territorio, urbanistica e mobilità della regione Lazio, Mauro Lasagna, direttore della direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio, e Flaminia Tosini, dirigente della direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio; Marco Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del fuoco, accompagnato da Luigi Liolli, responsabile della sala operativa e del coordinamento soccorso dei Vigili del fuoco di Roma, nonché Antonio Buongiovanni, socio unico e amministratore unico di Ecoservizi per l’ambiente S.r.l., e Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’ambiente S.r.l. .
Come risulta da un primo appunto del NOE Carabinieri[1] “in data 5 maggio 2017 verso le ore 08.10/08.15 si sviluppava un imponente incendio presso l'impresa Eco Servizi per l'ambiente S.r.l», sita in Pomezia via Pontina Vecchia 33+300 mentre l'impianto era operativo e vi erano operai intenti a caricare e scaricare materiale nel piazzale. Vano il tentativo degli operai con gli estintori di domare le fiamme che richiedevano l'intervento dei VV.FF. Sebbene le operazioni di spegnimento siano proseguite incessantemente h/24 ancora oggi non sono terminate e verosimilmente proseguiranno per qualche giorno per mettere completamente in sicurezza l'area. Non si sono registrati feriti da parte del personale dell'impresa. Intervenivano sul posto altresì Carabinieri della Stazione CC di Pomezia e personale del NOE di Roma che provvedevano a raccogliere le testimonianze dei dipendenti della ditta, personale dell'ARPA Lazio - Sez. di Roma che installava una centralina i cui dati non sono ancora disponibili, inoltre venivano diffusi i dati delle centraline mobili già presenti nei territori limitrofi, sempre di ARPA, che non rilevavano variazioni sulla qualità dell'aria.
Si tratta di un impianto di trattamento rifiuti speciali non pericolosi (plastica, carta, legno materiali da demolizione ecc) con autorizzazione regionale ed una capacità annua di 85.000 tonnellate. Si estende su circa 20.000 mq ove insistono due capannoni industriali e una zona uffici.
Allo stato non ci sono motivi di ritenere l'incendio di natura dolosa, ma non si esclude nessuna ipotesi, ed in data odierna la struttura è stata interamente sottoposta a sequestro probatorio da parte del NOE, sebbene le operazioni di spegnimento siano ancora in corso, al fine di preservare – nei limiti - la scena del crimine per gli accertamenti tecnici che disporrà la procura della Repubblica di Velletri, affidandolo in custodia all'Amministratore Unico.”
In proposito la Commissione ha svolto diretti accertamenti sulla struttura della società, i cui esiti di seguito si riportano[2]:

“La "ECO X S.r.l.", proprietaria dell'impianto in parola, costituita in data 07/01/2002 ed iscritta alla C.C.I.A.A. in data 06/03/2002, con sede in Roma, Via Taranto 3 (C.F. 06871211006), esercente l'attività di spazzatura, raccolta, trattamento, recupero e trasformazione di rifiuti, ha un capitale sociale di euro 119.000, le cui quote sono detenute interamente da tale FRAIOLI Maurizio.
Le quote societarie dell'impresa in argomento sono giunte al predetto FRAIOLI attraverso un atto di compravendita - datato 02/10/2015 - mediante il quale predetto FRAIOLI ha acquistato la proprietà dell'azienda da tale CIRINCIONE Mario (socio unico dall'11/09/2014 al 02/10/2015); quest'ultimo, a sua volta, aveva acquistato - atto di compravendita datato 08/09/2014 - la totalità delle quote societarie da tale GUGLIELMINO Marcello (socio unico dal 05/05/2011 all'11/09/2014).
L'Amministrazione della società è affidata a SODDU Fabio Antonio, amministratore unico.
Gli amministratori succedutisi nel tempo sono stati:
- BOFFI Marco6, dal 06/03/2002 al 22/12/2003;
- GUGLIELMINO Marcello, s.m.g., dal 22/12/2003 al 15/10/2010;
- SODDU Fabio Antonio, s.m.g., dal 15/10/2010.
Il soggetto economico in parola non annovera partecipazioni in altre società.
Per completezza si segnala che la società in argomento:
a. è proprietaria dell'impianto di rifiuti speciali pericolosi e non sito in Pomezia, via Pontina Vecchia - km 33 + 381, dalla stessa gestito fino al 2014;
b. in ragione della gestione di detto impianto, è stata titolare dell'autorizzazione all'esercizio rilasciata dalla regione Lazio con determinazione B2232 del 21/04/2010, a firma del Direttore del Dipartimento del Territorio pro tempore, dott. Raniero De Filippis;
c. in data 17/02/2014, con atto del notaio De Angelis di Roma (repertorio 3857/1649 registrato al n. 4145, serie 1T del 18/02/2014) ha ceduto in locazione il ramo d'azienda, compreso l'impianto di rifiuti speciali pericolosi e non sito in Pomezia, alla "ECO SERVIZI PER L'AMBIENTE S.r.l." (vedi infra);
d. ha subito una serie di interventi/accertamenti da parte della Guardia di finanza. In particolare:
(1) negli anni 2004 e 2005, il II Gruppo di Napoli, in 2 distinte operazioni di servizio, ha sequestrato, negli spazi doganali del porto campano, complessivamente 22 container contenti quasi 5.000 tonnellate di rifiuti speciali (ritagli, cascami e avanzi di materie plastiche), denunciando GUGLIELMINO Marcello, nella sua qualità di amministratore della società, per traffico illecito di rifiuti (violazione all'articolo 53 decreto legislativo n. 22 del 1997);
(2) nel 2011, la Compagnia di Pomezia ha denunciato GUGLIELMINO Marcello, nella sua qualità di amministratore della società, per utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e indebita deduzione di elementi negativi di reddito (violazione agli articoli 2 e 4 del decreto legislativo 74/2000);
(3) nel 2013, la Compagnia di Pomezia ha denunciato SODDU Fabio Antonio, nella sua qualità di amministratore della società, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2010 (violazione all'articolo 5 del decreto legislativo 74/2000) e GUGLIELMINO Salvatore (vedi infra), nella sua qualità di amministratore di fatto della società, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2010 e per presentazione di dichiarazione infedele per gli anni 2009, 2008, 2007 e 2006 (violazione agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 74/2000).
2. La "ECO SERVIZI PER L'AMBIENTE S.r.l.", gerente dell'impianto in parola, costituita in data 20/01/2014 ed iscritta alla C.C.I.A.A. in data 27/01/2014, con sede in Pomezia (RM), via Pontina Vecchia - km 33 + 381 (C.F. 12700011005), esercente l'attività di spazzatura, raccolta, trattamento, recupero e trasformazione di rifiuti, ha un capitale sociale di euro 40.000, le cui quote sono detenute interamente da tale BUONGIOVANNI Antonio.
[…]
Le quote societarie dell'impresa in argomento sono giunte al predetto BUONGIOVANNI attraverso due atti di compravendita, in virtù dei quali quest'ultimo:
- in data 05/03/2015, ha acquistato quote sociali da tale ROMANO Vincenzo, per un valore di euro 20.000, e da tale CAMPION Pamela, per un valore di euro 8.000;
- in data 14/05/2005, ha acquistato quote sociali da tale PALMIERI Mario Maurizio, per un valore di euro 12.000.
L'Amministrazione della società è affidata a:
- BUONGIOVANNI Antonio, s.m.g., amministratore unico;
- GUGLIELMINO Salvatore (vedi sopra), procuratore speciale.
Per completezza si segnala che la società in argomento:
a) in data 17/02/2014, con atto del notaio De Angelis di Roma (repertorio 3857/1649 registrato al n. 4145, serie 1T del 18/02/2014) ha preso in locazione dalla "ECO X S.r.l." (vedi sopra) il ramo d'azienda, compreso l'impianto di rifiuti speciali pericolosi e non sito in Pomezia, via Pontina Vecchia - km 33 + 381;
b) in ragione dell'affitto di ramo d'azienda ed ai fini della gestione di detto impianto, ha richiesto ed ottenuto la voltura dell'autorizzazione all'esercizio giusta determinazione G14725 datata 17/10/2014 rilasciata dalla regione Lazio, a firma del Direttore del Dipartimento del Territorio pro tempore, arch. Manuela Manetti”.

Le indagini della Commissione si sono indirizzate su diversi filoni che appare opportuno, per chiarezza, tenere distinti.

Le cause dirette dell’incendio

Nella sua audizione del 24 maggio 2017, il procuratore della Repubblica di Velletri ha evidenziato di avere in corso indagini per tre ipotesi di reato: “la prima è quella di incendio, che per il momento è stato iscritto nella sua natura colposa; la seconda è quella dell'inquinamento ambientale, che è stata iscritta nella sua connotazione colposa; la terza è un reato doloso, che noi abbiamo ritenuto di configurare nell'omissione di cautele idonee a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”.
Lo stesso procuratore, quanto alle cause dell’incendio, ha precisato che esso si è generato alle 8.05 del 5 maggio 2017, in una zona esterna del capannone, non coperta da telecamere e non interessata dal passaggio di fili elettrici, da un cumulo di macerie da cui, secondo le testimonianze degli operai,  c'è stato l'innesco, evidenziando, comunque, di non escludere come possibile pista investigativa la matrice dolosa, anche se le prospettive di giungere a un accertamento positivo “sulla genesi, sulle cause e sul punto di innesco dell'incendio paiono piuttosto remote, non fosse altro perché è andato tutto completamente a fuoco e probabilmente anche ciò che ha costituito lo stesso fattore di innesco[…] I rifiuti erano in gran parte costituiti da materie plastiche e da altro materiale di scarto di facile combustione. D'altra parte, il repentino propagarsi delle fiamme testimonia esattamente il fatto che la natura del materiale ha favorito la propagazione dell'incendio”.
A questo proposito, sembra rilevante riportare anche l’affermazione secondo cui presso la società Eco X “vi era un sistema di accatastamento dei rifiuti oserei dire – preferisco parlare in termini prudenti – non conforme all'autorizzazione, ma che in realtà poteva e si può tuttora evincere e valutare dall'osservazione delle foto scattate da Google, quindi dal satellite. Le foto ci offrono la misura di come questi enormi cumuli di rifiuti fossero accantonati non solo all'interno dei capannoni, ma anche all'esterno degli stessi. Questo accumulo scriteriato di materiale di facile combustione ha facilitato la propagazione delle fiamme. Vorrei fornire un dato sull'aspetto ponderale dei rifiuti, ossia sulla quantità. La società era autorizzata a uno stoccaggio istantaneo di 3.200 tonnellate. Dall'osservazione fatta dai competenti organi e dall'analisi del MUD fatto dai carabinieri, nonché dai registri di carico e scarico i carabinieri del NOE hanno potuto ricostruire che al 31 marzo 2017, a fronte delle 3.200 tonnellate che avrebbero dovuto costituire il limite massimo di stoccaggio istantaneo, ve n'erano 8.413. Naturalmente, questo ha determinato un aumento – vorrei dire corposo, esponenziale – del rischio di propagazione, che poi è diventato evento.”
In sostanza, quindi, l’innesco ed il propagarsi violento dell’incendio è attribuibile anche alla violazione delle prescrizioni autorizzative circa la quantità di rifiuti da stoccare, che è risultata essere quasi il triplo del dovuto.
In particolare, come evidenziato da  Marco Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del fuoco, nella sua audizione durante la missione del 30 maggio 2017, c’era un notevole “sovraccarico”, di gran lunga superiore anche al carico ammesso dalle prescrizioni provvisorie per la prevenzione incendi; aggiungendo che “in una struttura del genere, poi, è fondamentale il rispetto anche dell’ordine dal punto di vista della distribuzione del materiale, delle vie di percorrenza e delle vie di fuga, ma anche dal punto di vista della possibilità stessa di attacco all’eventuale principio di incendio. La sensazione, al di là di essere comunque arrivati obiettivamente con un incendio sviluppato completamente e in forma generalizzata, era che, comunque, questo ordine comunque iniziale di presupposto non ci fosse. Questo ha reso anche più difficile, al di là dell’essere sottovento o sopravento o di porsi nella posizione adeguata per attaccare l’incendio, l’intervento, nel senso che ha reso assolutamente perimetrale la possibilità di una prolungata prima azione. Questo è accaduto dal punto di vista dell’organizzazione del sito e del lavoro, pur essendo arrivati in una situazione di parziale turbativa dell’area”.
Sull’argomento si pronunciava anche Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’ambiente srl., audito, in presenza del suo difensore, durante la missione del 30 maggio 2017, il quale esprimeva l’opinione la causa dell’incendio fosse da attribuire ad un corto circuito, in quanto “nel momento in cui hanno messo in funzione il gruppo elettrogeno (due da 1000 chilowatt cadauno), qualcosa è andato a fuoco. Alle otto meno un quarto di mattina è partito questo fuoco. Un po’ per il ritardo dei pompieri, un po’ per gli operai, che, anziché aiutare, creavano confusione, è andato a fuoco questo magazzino.

L’autorizzazione data alla Eco X e le relative vicende societarie

Nel corso delle indagini, la Commissione riteneva di approfondire le vicende relative all’autorizzazione rilasciata alla Eco X con le relative modifiche societarie, già evidenziate nella citata nota della Guardia di finanza.
In proposito, Marco Lupo, direttore generale di ARPA Lazio, nell’audizione del 24 maggio 2017 precisava che si trattava di “un impianto che raccoglieva soprattutto imballaggi, soprattutto da centri commerciali. È un impianto che non è che facesse operazioni industriali particolarmente importanti. Si faceva una selezione manuale: si separava la plastica dal legno, dalla carta. Si trattava, più che altro, di un lavoro di selezione manuale. Di trattamenti meccanici certamente c'era solo quello della plastica, nel senso che questa veniva pressata per ridurne la volumetria. In alcuni casi veniva triturata in mulini, sempre a fini di riduzione volumetrica, dopodiché questo materiale veniva recuperato, o mandato in altri impianti di recupero, oppure mandato in altri impianti di smaltimento. Fondamentalmente, nel sito si svolgeva un'attività di selezione manuale, quindi non era un impianto complesso…”, e pertanto si trattava di impianto con autorizzazione ordinaria ex articolo 208 TUA per la capacità complessiva annua di 85.000 tonnellate per rifiuti sia pericolosi, sia non pericolosi, aggiungendo che “successivamente, con una determina del 2014, è stata modificata la proprietà, cioè la ragione sociale, che è passata da Eco X a Ecoservizi Srl. Successivamente, il 23 febbraio 2015, è stata fatta una modifica non sostanziale dell'autorizzazione: a parità di capacità complessiva, cioè 85.000 tonnellate annue, è stata ridotta la capacità di pericolosi di mille e, in modo correlato, è stata aumentata quella di non pericolosi, sempre di mille, in modo che la capacità rimanesse di 85.000 tonnellate. Io ho dato una occhiata a tutti i codici e mi pare che questa modifica abbia eliminato, di fatto, tutti i codici pericolosi: batterie a piombo, batterie a nichel, batterie contenenti mercurio, elettroliti di batterie, accumulatori, sono stati eliminati come codici. È chiaro che rimangono i codici a specchio. Voi conoscete tutta la questione dei codici a specchio. Ci sono rifiuti pericolosi per natura, poi ci sono i rifiuti che non sono pericolosi per natura ma che, a seconda delle sostanze che contengono, possono assumere la veste di pericolosi o di non pericolosi: di codici a specchio ce n'erano parecchi”.
Queste affermazioni venivano confermate in audizione anche dal procuratore della Repubblica di Velletri, il quale precisava che “la società titolare dell'autorizzazione, rilasciata il 15 marzo 2010, è la Eco X, che è la proprietaria del terreno e dei muri. La società Eco X era amministrata ed è amministrata da Soddu Fabio. L'originaria autorizzazione prevedeva un limite di stoccaggio di 3.200 tonnellate e un limite massimo di rifiuti di 85.000 tonnellate annue. Nel 2014 subentra l'Eco Servizi per l'Ambiente, la società che è tuttora titolare dell'autorizzazione e che gestisce l'impianto. L'Eco Servizi per l'Ambiente, in virtù di un contratto di cessione di ramo d'azienda, acquisisce l'autorizzazione e la regione Lazio, con delibera del 2014, voltura l'autorizzazione da Eco X a Eco Servizi per l'Ambiente […] Nel 2015 l'Eco Servizi per l'Ambiente fa istanza, allegando una perizia di variante non sostanziale, alla regione per modificare i limiti soprattutto qualitativi. Fermo restando il limite delle 85.000 tonnellate annue, la società chiede e ottiene di non trattare più i rifiuti pericolosi per i quali era originariamente autorizzata e di scomputare quelle 1.000 tonnellate annue di rifiuti pericolosi come rifiuti non pericolosi. Sicché si azzera l'autorizzazione per i rifiuti pericolosi e si incrementa, sia pur di poco, quella per i rifiuti non pericolosi. Succede nel 2011 un ultimo fatto che può costituire elemento di valutazione. Si avvia una procedura esecutiva attivata da una società finanziaria che aveva erogato un mutuo e da un'altra società, BMW finanziaria – immagino – per la vendita di autoveicoli. In pendenza della procedura esecutiva, pur essendo stati pignorati i beni, il giudice dell'esecuzione autorizza la società Eco Servizi per l'Ambiente a proseguire l'attività, addossandole nei confronti della procedura un debito di 240.000 euro annui che la società avrebbe dovuto versare alla procedura per estinguere, o quantomeno limitare, l'entità dei crediti. In base alle notizie che abbiamo non è mai stato versato neppure un euro alla procedura esecutiva, che pare fosse – così ci è stato riferito – all'oscuro della cessione di ramo d'azienda. Era convinta, quindi, di dover trattare ancora con Eco X ed è venuta a sapere poi che la società che era subentrata era l'Eco Servizi per l'Ambiente”.
In proposito, durante l’audizione del rappresentanti della procura di Velletri, la Commissione chiedeva chiarimenti circa le vicende dell’autorizzazione e le fideiussioni ad essa relative, con particolare riferimento ad alcuni personaggi già implicati in vicende relative ad illeciti nel settore dei rifiuti e ad alcune incongruenze chiaramente rilevabili nei vari passaggi societari. 
I riferimenti erano alle fideiussioni della City Insurance; a una perizia firmata dall'ingegner Fabiani, che è amministratore anche della Pellini S.r.l; all’acquirente Maurizio Fraioli (che avrebbe acquistato l’azienda per soli seimila euro, risultando di professione maître o barman; al dichiarato procuratore generale, Salvatore Guglielmino di Catania, mentre un altro Marcello Guglielmino, sempre di Catania, era l'originario proprietario di Eco X nel 2002; al precedente titolare di Eco Servizi per l'Ambiente, certo Vincenzo Romano, che aveva 14 società campane, tutte poi finite in liquidazione; all’intervento della Guardia di finanza che ad Avezzano il 13 gennaio 2015 aveva bloccato dei camion con 27 tonnellate di rifiuti, il cui trasportatore era Caturano Autotrasporti di Caserta, ma i camion trasportavano rifiuti per conto di Eco X, e tra questi rifiuti c'erano rifiuti ospedalieri”
Questioni rilevanti, alle quali rispondeva brevemente ma significativamente Luigi Paoletti, sostituto procuratore presso il tribunale di Velletri, titolare delle indagini, il quale ammetteva che “sono dati corretti, che la procura ha acquisito e sta acquisendo. Le vicende societarie […] dell'Eco X e dell'Eco Servizi per l'Ambiente sono sotto attento vaglio della procura perché, indubbiamente, ci sono degli aspetti meritevoli di approfondimento circa le operazioni poste in essere fra le due società e anche in merito alle posizioni soggettive e ai personaggi citati. Su questi aspetti l'indagine è, ovviamente, in una fase iniziale, ma è – per così dire – viva e sta affrontando anche tutte le questioni evidenziate sotto il profilo – ripeto – oggettivo e soggettivo.”
Resta solo da aggiungere che le vicende societarie sono state oggetto di diverse domande rivolte dalla Commissione a Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’ambiente srl. audito, in presenza del suo difensore, il 30 maggio 2017, il quale ha fornito una versione piuttosto confusa e, in parte contraddittoria, confermando, tuttavia, che tali vicende erano dovute a difficoltà finanziarie e che l’azienda commerciava con altre società e personaggi coinvolte in attività criminose nel settore della gestione dei rifiuti.
Infine, a proposito di queste vicende societarie, si evidenzia che Antonio Buongiovanni, socio unico e amministratore unico di Ecoservizi per l’ambiente S.r.l., convocato durante la missione del 30 maggio 2017, nella sua qualità di indagato per i fatti di cui la Commissione si stava contestualmente occupando, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
 
I controlli

Strettamente collegata alle vicende autorizzative appare la problematica dei controlli.
Quanto al comune, Fabio Fucci, sindaco di Pomezia, ascoltato nel corso della missione, precisava che le competenze del comune in proposito riguardano solo la materia urbanistica e, richiesto circa la posizione dell’Eco X come industria insalubre ai sensi dell’articolo 216 T.U. LL.SS del 1934, rispondeva di non aver trovato, negli incartamenti, un particolare riferimento alla normativa riguardo a questo tipo di attività.
Dal canto suo, Marco Lupo, direttore generale di ARPA Lazio, nell’audizione del 24 maggio 2017, ricordava che “per quanto riguarda i controlli, certamente diamo una maggiore importanza agli impianti in autorizzazione integrata ambientale, non solo perché sono più importanti ma anche perché facciamo in via esclusiva il controllo. Viceversa, per gli impianti ex articolo 208, ma anche per quelli in semplificata, anche per quelli in AUA – sono tanti gli impianti connessi al ciclo dei rifiuti, i soggetti che li autorizzano e le tipologie – sarebbe una competenza precipua della provincia, mi pare ai sensi dell’articolo 197 del 152. È chiaro che nella nostra attività cerchiamo comunque di programmare dei controlli anche su questo tipo di impianti: ne facciamo, ma teniamo conto che nella regione Lazio gli impianti connessi al ciclo dei rifiuti, se ricomprendiamo sia quelli in AIA, sia quelli in 208, sia quelli in semplificata, sia quelli in AUA, sono più di mille. È chiaro che non si possono controllare, soprattutto quelli meno impattanti, con troppa frequenza. Io ho fatto una verifica. Sono soltanto da due anni all'ARPA, quindi insieme al dottor Ceradini, direttore della sezione di Roma, e all'ingegnere Cintoli, il direttore tecnico, abbiamo verificato il pregresso. Abbiamo verificato che tra la fine del 2013 e la fine del 2014 sono stati fatti due controlli sugli scarichi, quindi in particolare acque di lavaggio, dilavamento dei piazzali e scarichi anche di servizi igienici. I risultati sono stati trasmessi a tutti gli enti e, comunque, non sono state rilevate particolari anomalie. Ho verificato al protocollo che un controllo sull'impianto era stato fatto, un po’ remoto, a fine 2011. L'impianto, evidentemente, era ancora di «giovane autorizzazione» perché era stato autorizzato nel 2010, quindi le quantità erano abbastanza limitate. Di questo controllo è stata data illo tempore – stiamo parlando di molti anni fa – comunicazione alla regione e alla provincia, in quanto la provincia è il soggetto competente all'irrogazione di eventuali sanzioni amministrative per inosservanze di prescrizioni. Questo è il quadro in estrema sintesi. In generale, quando lei mi chiede del personale, quello è un discorso molto complesso, che voi conoscete benissimo, che avete fatto anche diverse volte con me, quindi non lo sto a ripetere. È un problema generalizzato. È un discorso sul controllo ambientale che credo vada fatto nel suo complesso, soprattutto in considerazione del fatto che la legge n. 132 è in fase di attuazione e pone degli obiettivi, in particolare quelli di rendere omogenei i controlli a livello nazionale, o comunque rendere omogenei i livelli di prestazione ambientale. È chiaro che questo discorso diventa teorico se non si lavora poi sulle dotazioni umane e finanziarie. Questo, però, è un discorso molto più complesso. Quanto alla tipologia di impianto e di controlli, anche questo è un discorso molto interessante. Certamente si può sempre migliorare nel programmare le attività di controllo, tenuto conto che, chiaramente, l'attività di controllo, non potendo coprire il cento per cento degli impianti, dovrebbe individuare quelli da controllare sulla base di criteri che siano quanto più possibile indicatori di possibili problematiche. Si dovrebbe cercare di fare il controllo nell'impianto che potrebbe avere più problematiche. Io credo che nei sistemi, nei metodi di programmazione dei controlli, anche dal punto di vista comunicativo, di coordinamento con altri enti, di scambio di informazioni con tutti i soggetti che si occupano del settore, vadano fatti certamente dei passi in avanti e si debba assolutamente migliorare”.
Quanto alla ASL, la Commissione ha richiamato l’attenzione sulle competenze in tema di sicurezza sul lavoro, visto che, in base alla relativa normativa, ogni azienda deve presentare e conservare un DVR (documento valutazione dei rischi) che deve contenere anche le norme antincendio e un piano di emergenza, nominando e formando adeguatamente addetti antincendio.
In proposito, Mariano Sigismondi, direttore del dipartimento prevenzione dell’ASL 6, audito nel corso della missione del 30 maggio 2017, rispondeva che “non abbiamo agli atti il documento di valutazione dei rischi: non l’ho visto e non ne ho evidenza”.
La problematica dei controlli veniva ripresa, nel medesimo contesto, da Flaminia Tosini, dirigente dell’area rifiuti della regione Lazio, la quale, evidenziava che il certificato di prevenzione incendi non è condizione sine qua non per il rilascio di un’autorizzazione all’impianto di rifiuti, che però va acquisito come normalmente avviene per qualsiasi altra attività e qualsiasi permesso a costruire. Nel caso della Eco X era, però, condizionato dalla presentazione di una perizia giurata da parte del tecnico, che è stata presentata. E pertanto “l’attività relativa alle polizze e alla documentazione presentata era coerente ed esaustiva rispetto ai requisiti previsti. Non si prevedevano sopralluoghi o altre verifiche, perché quelli si fanno solamente in caso di modifiche sostanziali, e non era questo il caso”; aggiungendo che “per quanto riguarda, invece, le attività di controllo effettuate sull’impianto, ci sono una serie di controlli effettuati con pareri dell’ARPA anche relativi al piano di monitoraggio e controllo. Successivamente si fa presente che l’articolo 210, che ora è 208 nel testo del decreto n. 152, prevede che i controlli siano a carico della provincia. Mentre per le AIA l’autorizzazione rimane in carico alla regione, che effettua le verifiche tramite ARPA, per i 208 le attività stanno in carico in questo caso alla città metropolitana. Non abbiamo avuto nessun tipo di segnalazione né altro relativamente alla gestione di questo impianto. Normalmente noi riceviamo dai sopralluoghi di ARPA segnalazioni di inottemperanza oppure a volte ci sono casi di segnalazioni degli enti competenti o anche di cittadini, ma su questo impianto non c’è stata nessuna segnalazione agli atti della regione”.

Gli esposti dei cittadini prima dell’incendio

La Commissione ha approfondito anche la tematica, ampiamente riportata dalla stampa, relativa agli esposti di cittadini e comitati contro l’azienda prima che si verificasse l’incendio.
L’argomento veniva trattato, in sede di audizione da Marco Cavallo, capitano del NOE di Roma, il quale precisava che “il 4 novembre 2016 il comitato di quartiere Castagnetta-Cinque Poderi – così si chiama – che ha una carta intestata, deposita al comune di Pomezia, facendolo protocollare, un esposto diretto alla cortese attenzione del sindaco del comune di Pomezia e al comandante della polizia locale di Pomezia. A questo esposto allega anche delle fotografie. Il 22 dicembre la polizia locale manda una nota diretta al NOE Carabinieri e all'ASL locale, chiedendo di fare un sopralluogo congiunto e rimettendo un contatto telefonico all'interno della stessa missiva per quanto riguardava tale sopralluogo congiunto: che cosa chiedeva l'esponente a nome del comitato di quartiere? È molto semplice. Le fotografie dicevano che c'erano questi rifiuti e che gli interessati temevano la potenzialità di un incidente. Noi abbiamo dato disponibilità e abbiamo contattato. Il 21 febbraio siamo andati a Pomezia (una squadra del NOE è andata a Pomezia)”.
Tuttavia, a quel punto, la polizia locale comunicava al NOE di avere in corso un sopralluogo per uno sversamento illecito che riguardava un’altra azienda della zona; e, pertanto, non si dava corso al programmato controllo sulla Eco X, che, peraltro, non veniva più riproposto al NOE dalla polizia locale. Queste circostanze relative al dirottamento delle indagini su altro sito senza più fissare una nuova data per i controlli alla Eco X venivano integralmente confermate davanti alla Commissione da Angelo Pizzoli, comandante della Polizia locale di Pomezia.



In particolare: la violazione della normativa antincendio e l’inottemperanza alle prescrizioni dei Vigili del fuoco

Quanto alle responsabilità per il propagarsi dell’incendio, il procuratore di Velletri, nell’audizione del 24 maggio 2017 ha puntualizzato che “la società Eco Servizi per l'Ambiente non aveva un impianto antincendio a norma. In particolare, non aveva un certificato di prevenzione incendi e non aveva presentato una SCIA per progettare le opere necessarie ad allestire un impianto antincendio. Inoltre, non aveva un sistema idrico idoneo a consentire lo spegnimento delle fiamme. Questo, al di là del fatto che lo si è potuto constatare in sede di sopralluogo, l'abbiamo desunto anche da quanto riferitoci dai vigili del fuoco, i quali sono stati costretti ad approvvigionarsi dell'acqua necessaria allo spegnimento delle fiamme andando a circa due chilometri dal sito[3]. Come terzo elemento, non aveva muri di compartimentazione dell'impianto, sicché le fiamme si sono potute liberamente sprigionare e propagare in tutti i due ettari che rappresentano l'estensione del sito”, aggiungendo che “nel 2011 il comando provinciale dei vigili del fuoco di Roma aveva effettuato una verifica sull'impianto antincendio di questa società, rilevando le criticità che prima ho ricordato. Il comando ha impartito delle prescrizioni alla società e poi, all'esito del termine assegnato per – eventualmente – adeguarsi alle prescrizioni, ha constatato che in effetti la società non si era affatto adeguata alle medesime, pertanto il comando dei vigili del fuoco ha denunciato l'amministratore unico della società alla procura della Repubblica di Velletri, la quale ha definito il procedimento penale a suo carico con un decreto penale di condanna. “
Nell’audizione del 30 maggio 2017, Marco Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del fuoco, richiesto di chiarimenti in proposito dalla Commissione, precisava che, dopo la presentazione, nel 2004, di un primo progetto antincendio relativo a un’attività di deposito carta, la società, nel 2008, presentava una ulteriore documentazione a integrazione, cioè dichiarava “un’ulteriore attività, la n. 8, che, nella sostanza, è costituita da officine meccaniche con lavorazioni a caldo e che integra l’attività principale, ossia quella del 2004 che, dalla presentazione del progetto, era appunto, come dicevo prima, di deposito carta. Nel 2010, viene presentato un progetto un po’ più generale, che rivede alcuni aspetti, nella parte variante e aggiornamento. Si prevedono l’attività n. 88, che sarebbe di deposito di materiali vari fino a 4.000 metri quadrati di superficie, e l’attività n. 18 per gli impianti fissi di distribuzione di carburante nonché, per gruppi elettrogeni e deposito di liquido infiammabile, quindi serbatoi, l’attività n. 15”.
La pratica seguiva il normale iter delle procedure di prevenzione incendi, con la presentazione di un progetto, seguita da una valutazione e un parere con indicazioni di opere da eseguire da parte dei Vigili del fuoco “Dopodiché, è il titolare dell’attività che deve rappresentare l’effettuazione dei lavori e procedere successivamente al sopralluogo, da cui scaturisce la verifica della congruità tra il progetto e la realtà esecutiva, quindi l’eventuale rilascio del certificato di prevenzione incendi. Dopodiché, si passa direttamente all’attività di accertamento e di controllo, ai sensi dell’articolo 19 del decreto n. 139.”
Nel caso in esame, il controllo, eseguito il 13 dicembre 2011, dava esito negativo, con la contestazione di alcune violazioni (quali assenza della rilevazione fumi e di compartimentazioni) ed il conseguente rilascio di apposite prescrizioni, fra cui l’obbligo di presentazione di una SCIA nonché, quale misura per poter continuare l’attività, l’ordine di attuare una riduzione del carico d’incendio, limitandolo a 15 chilogrammi al metro quadro e indicando una tempistica per adempiere alle mancanze e alle carenze verificate. Di queste prescrizioni il 20 dicembre 2011 veniva data comunicazione al comune di Pomezia e al prefetto di Latina.
Scaduti i termini concessi, all’esito di un successivo controllo, il 3 ottobre 2012, i Vigili del fuoco inoltravano denuncia alla procura della Repubblica di Velletri, la quale, come riferito nell’audizione del 24 maggio 2017 dal procuratore, definì il procedimento con la richiesta di un decreto penale di condanna, emesso dal giudice per le indagini preliminari nel 2015.
Sul punto il procuratore, a specifica domanda della Commissione, ha dichiarato: “la procura della Repubblica ha fatto quello che la legge le prescrive, ossia ha acquisito la notizia di reato. I vigili del fuoco hanno segnalato l'inottemperanza alle prescrizioni. Non dimentichiamo che l'articolo è una mera contravvenzione. L'articolo prevede una sanzione che può essere anche pecuniaria. Quindi, la procura della Repubblica quello che doveva fare l'ha fatto. Non so se poi coglie nel segno, ma la questione travalica il caso di specie e, probabilmente, ci pone degli interrogativi sull'adeguatezza della normativa. Tuttavia, se questa è la norma, noi questa applichiamo”. Esprimeva, infine, l’opinione che “se si pone il giudice penale come punta della piramide, non andiamo, forse, molto lontano. Se venissero ripristinati – questa è una valutazione che mi permetto di fare – in capo alle autorità amministrative poteri più incisivi di controllo e di repressione, senza – mi permetto un tono polemico – scaricare tutto sempre sul giudice penale, che certamente non ha gli strumenti per valutare se un impianto antincendio sia buono o non sia buono, forse raggiungeremmo più la sostanza delle cose, senza trincerarci dietro la forma.”
In sostanza, la circostanza che più colpisce è la totale inadempienza, due volte riscontrata, alle prescrizioni antincendio, conclusasi con un semplice decreto penale di condanna senza alcuna sospensione dell’attività che, se ci fosse stata, probabilmente avrebbe evitato l’incendio o, quanto meno, ne avrebbe limitato le conseguenze.
Su questa circostanza sono state rivolte numerose domande nel corso dell’audizione di Marco Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del fuoco.
In sintesi, il comandante da un lato ha evidenziato che, avendo fatto una prima segnalazione al sindaco di Pomezia ed al prefetto di Latina, aveva “rinviato” a loro eventuali decisioni: “L’articolo 20 del decreto n. 139 dice che la possibilità di disporre la sospensione ricade nelle mani di altre autorità, quali il prefetto e, nel caso specifico, il sindaco, anche perché concorrono aspetti che riguardano la sicurezza, ma c’è di mezzo anche un inadempimento di natura – forse, lo dico impropriamente – giuridico-amministrativa o un adempimento di altra natura, per cui, a quel punto, scattano anche altre competenze”, aggiungendo che “il combinato della nostra azione per far fronte a un pericolo imminente, che fa anche altri tipi di valutazione, come le dicevo prima, e, secondo me, deve farle, può valutare che ci possano essere i tempi e le modalità con cui ridurre il rischio e mantenere un’attività. Ciò è compensato dal fatto che, nel momento in cui si constata una situazione come quella che abbiamo visto nella prima fase, quindi nella data cui lei fa riferimento, viene subito fatta comunicazione agli enti che hanno la possibilità eventualmente, a norma, di sospendere…
Dall’altro, di fronte all’ inadempimento alla prescrizione relativa alla riduzione del carico, mirata a consentire l’attività nonostante le violazioni, ha precisato di non sapere se questo inadempimento era stato realmente accertato in sede di controllo ma che chi ha fatto quel controllo se non è arrivato a inibire l’attività, per la fotografia che ha fatto in quel momento”, ha probabilmente ritenuto che comunque l’impianto dovesse andare avanti lo stesso. Aggiungendo che “sicuramente, tutto è migliorabile e, lavorandoci, le dico che tante riflessioni vengono anche noi. Certo, muovere il legislatore per suggerimenti che nascono sul campo, di volta in volta, non è così facile, quindi concordo con lei che ci siano degli affidamenti da fare e, per primo, ci metterei una forma di Conferenza di servizi continuativa su questi temi”.

Le conseguenze dell’incendio sull’ambiente

Nel corso delle indagini, la Commissione ha raccolto ampia documentazione circa i primi risultati relativi alle conseguenze sull’ambiente a causa dell’incendio della Eco X, nel corso delle audizioni del procuratore della Repubblica di Velletri, dei responsabili della ASL, e, soprattutto, del direttore e dei tecnici dell’ARPA Lazio.
Premesso che, ovviamente, è prematuro voler trarre conclusioni in proposito, ci si può riportare integralmente alla relazione ARPA Lazio del 24 maggio 2017, con tutti gli annessi, circa gli interventi di monitoraggio, eseguiti con la ASL competente[4].
In sede di audizione, Marco Lupo, direttore generale di ARPA Lazio, ha affermato di ritenere che “quanto avvenuto sia stato un evento particolarmente importante, che certamente ha determinato una ripercussione sull'ambiente. I livelli di diossine che abbiamo potuto misurare nelle immediate vicinanze dell'incendio ne sono, evidentemente, una prova. È un fenomeno, quindi, che non deve assolutamente essere sottovalutato, anzi deve essere attenzionato fortemente sia da noi, sia dalle ASL: lo stiamo facendo, cercando di monitorare con grande attenzione. Sapete che le diossine, comunque, sono pericolose una volta che entrano nella catena alimentare, quindi occorre fare molta attenzione ai prodotti delle zone limitrofe. I sindaci hanno adottato, anche sulla base delle indicazioni fornite dalle ASL, in via precauzionale, dei provvedimenti che andavano a limitare il consumo di questi prodotti in un'area di cinque chilometri. Ritengo che siano state delle misure assolutamente adeguate. È un fenomeno che va attenzionato ma, obiettivamente, credo che non debbano essere fatti allarmismi oltre misura: attenzione sì, ma esagerazione credo di no”.
Quanto agli effetti sulla salute, Francesco Prete, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, nell’audizione del 24 maggio 2017 evidenziava che “una quindicina di persone, abitanti nella zona, si sono recate presso il pronto soccorso, lamentando lieve faringodinia, modesta cefalea e bruciore agli occhi. Un vigile del fuoco ha accusato lieve intossicazione. Credo che la Commissione sia al corrente dei dati del PM10 nell'aria, della diossina nell'aria e sui prodotti ortofrutticoli circostanti e degli idrocarburi”, aggiungendo che “forse merita di essere ricordato che, pur non essendo stati trovati idrocarburi e diossine nei terreni circostanti, tuttavia, a distanza di 1,3 chilometri dal sito, il giorno 10 maggio sono state trovate sostanze velenose e nocive su un campo di orzo, mentre la diossina non dovrebbe essersi dispersa oltre un raggio di 100-200 metri dal sito. L'ARPA ha segnalato un valore altalenante del PM10, che era certamente superiore alla norma il giorno dell'incendio, ma lo è stato, in particolare, 2-3 giorni dopo, in particolare domenica 10, raggiungendo un picco di 373, laddove quello soglia, come sappiamo, è di 50. Il 12 maggio, probabilmente per un effetto meteorologico legato al vento di scirocco proveniente dal sud, il PM10 è stato rilevato anche dalle centraline site in Roma e in Albano Laziale”.

Ulteriore approfondimento della Commissione

Il caso della Eco X di Pomezia non è certamente isolato ed è anzi paradigmatico per tutto il settore degli impianti di trattamento dei rifiuti, interessati nel recente periodo da una serie di incendi: al tema la Commissione ha deliberato di dedicare uno specifico approfondimento.
Sin da ora si può peraltro affermare che esiste un problema di adeguatezza della normativa ma soprattutto di coordinamento dei controlli con relativi provvedimenti da adottare in caso di inadempimento.
Come è emerso nel caso qui esaminato risulta totalmente disattesa la normativa sulle industrie insalubri (sconosciuta al sindaco) e quella sulla salute dei lavoratori (la ASL non ha neppure acquisito il DVR che dovrebbe comprendere anche il rischio di incendio); l’esposto dei cittadini è rimasto inevaso e l’assenza di misure antincendio si è risolta con un decreto penale di condanna e alcune segnalazioni burocratiche rimaste senza esito.
Per altro verso va tuttavia rilevato come l’attività dell’impianto in questione avesse dato luogo, anche prima dell’evento incendiario, ad atti di impulso investigativo della DNAA, in relazione a possibili traffici illeciti di rifiuti[5].
Il 18 ottobre 2017, con una nota di risposta a richiesta della Commissione nell’ambito dell’approfondimento sul tema degli incendi, di cui s’è fatto cenno, il procuratore della Repubblica di Velletri ha informato che il procedimento penale è prossimo alla conclusione delle indagini e risulta rubricato per le ipotesi di incendio colposo, inquinamento ambientale colposo e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, a carico dei legali rappresentanti delle società Eco Servizi per l’Ambiente ed Eco X e dei loro amministratore di fatto (nel frattempo deceduto)[6].
 pag. 384



[1] Doc. n. 1997/2
[2] Nel Doc. n. 2124/1, è riportata la compiuta identificazione di tutti i soggetti di seguito citati
[3] Per completezza, si segnala che Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’ambiente srl. audito, in presenza del suo difensore, nel corso della missione del 30 maggio, Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’ambiente srl., ha invece affermato che l’azienda aveva una “vasca antincendio con gruppo elettrogeno nuovo, che i Vigili del fuoco avrebbero potuto mettere un vuoto e sarebbe uscita l’acqua dalle manichette”.

[4] Acquisita dalla Commissione come Doc. n. 2030/1
[5] Ha in tal senso interloquito con la Commissione il procuratore Nazionale Antimafia (Doc. n. 2285/1-2)
[6]  Doc. n. 2386/1-2; aggiunge il procuratore della Repubblica: “pur non essendo emersi […] elementi a supporto di una matrice dolosa, le indagini hanno tuttavia messo in luce una coincidenza temporale che merita di essere qui riportata: l’incendio è avveuto quando era in fase avanzata una procedura esecutiva immobiliare che, su istanza dei creditori, aveva portato alla fissazione della vendita all’asta dell’area e dei realtivi immobili. La completa distruzione dell’impianto ha naturalmente comportato la perdita di qualunque interesse da parte dei creditori, mentre le società Eco Servizi per l’Ambiente ed Eco X, pur avendo riportati danni ingenti, sono rimaste titolari della licenza, del terreno e dei mezzi di trasporto dei rifiuti, non interessati dall’evento dannoso.

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