mercoledì 3 febbraio 2016

PORTFOLIO LE MIGRAZIONI Il viaggio delle gru verso l’Italia Sull’Argentario, cercando cibo

Ricompaiono i grandi uccelli impegnati nel tragitto tra il Nord Europa e l’Africa. 
Sino a pochi anni fa la «rotta» sui nostri cieli era «evitata, salvo la Campania http://www.corriere.it/cronache/16_febbraio_03/gru-italia-viaggio-ritorno-animali-rotte-migrazioni-7491a7cc-c9fc-11e5-83af-3e75cf16ed0a.shtml

A parte l’upupa di Montale e il leopardiano passero solitario, pochi altri volatili hanno l’onore di comparire nella letteratura italiana studiata nelle scuole. Tra questi spicca la gru. Un grande uccello migratore grigio con il collo bianco e nero e una calottina rossa sulla fronte, noto ai miei tempi agli scolari come protagonista della famosa novella del Boccaccio «Chichibio e la gru» in cui un cuoco astuto beffa il padrone sul numero di zampe di cui le gru dispongono durante un pranzo in cui questo uccello figura come pietanza.
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Il viaggio delle gru in Italia: lo spettacolo della migrazione
Dall’Orlando furioso
Che questi uccelli fossero comuni in Italia lo dicono anche i versi dell’Orlando furioso dell’Ariosto, in cui si parla della «peregrina grue». E, stando ai testi di ornitologia, le gru non solo frequentavano l‘Italia, ma addirittura vi nidificavano. Tanto che una delle prede predilette dei falchi di Federico II erano proprio le gru, che il sovrano falconiere ordinava ai suoi famigli di catturare per addestrare i suoi falconi.
La rotta storica
Poi la loro presenza, come quella della cicogna, altro grande trampoliere amante delle paludi, si fece più scarsa. Secondo il grande Arrigoni degli Oddi, nel 1929, «poche coppie nidificavano nelle paludi di Càorle e Torre di Mosto (Venezia) ora in gran parte bonificate. Più volte ne trovai i nidi e ne raccolsi i “gruati” che si vendevano (anteguerra) a lire venti la coppia. Credo che, al presente, la Gru non nidifichi in Italia che casualmente. Nel veneziano fino a pochi anni fa si faceva commercio delle uova e dei giovani da nido che venivano venduti da 20-60 lire al paio a seconda della grandezza». Se questo capitava in un luogo, Portogruaro, che proprio dalle gru prendeva il nome, figuriamoci che voglia avessero questi bellissimi viaggiatori alati di passare per l’Italia. E infatti, ancora fino a pochi anni fa, la rotta di migrazione delle gru che avevano nidificato nel Nord Europa e Scandinavia e si recavano nei siti africani di svernamento, attraversava l’Italia, provenendo dai Balcani, solo in un luogo: un tratto di territorio della Campania che univa le Oasi Wwf del Lago di Conza a quella di Persano sul fiume Sele, da cui proseguivano, sempre sostando in aree protette, per la Sicilia.
Il ritorno
Forse per ragioni climatiche, per la chiusura anticipata della caccia o per la presenza di paludi protette (proprio ieri si è festeggiata la Giornata mondiale delle zone umide dedicata agli ecosistemi amati dalle gru) negli ultimi anni esse hanno iniziato a sostare volentieri fuori dalla rotta storica. Nelle Oasi maremmane Wwf del Lago di Burano (Capalbio) e della Laguna di Orbetello, dove il direttore Fabio Cianchi ha scattato le foto di questa pagina sullo sfondo del Monte Argentario, le gru hanno adottato a centinaia i dormitori da dove all’alba si diffondono nei campi vicini in cerca di cibo. Uno spettacolo che, fino a pochi anni fa, si poteva ammirare solo nel Nord Europa o in Spagna. Per favorire ancor più il ritorno delle gru, anche come nidificanti, si sta pensando a un progetto che riporti la «peregrina grue» nelle Valli costiere del Veneto dalle quali l’insipienza umana le ha scacciate quasi un secolo fa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Fulco Pratesi 

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