domenica 21 giugno 2015

discarica sentenza Bussi, sapevano tutti: le voci arrivarono al Csm CHE LA SENTENZA AVREBBE ASSOLTO I DIRIGENTI EX-MONTEDISON ERA COSA NOTA GIÀ PRIMA DEL VERDETTO. MA SENZA DENUNCE IL CONSIGLIO SUPERIORE NON POTEVA AGIRE

IL VERDETTO Il vice presidente Legnini si è mosso subito dopo gli articoli del Fatto, i tanti che sapevano non avevano mai fatto nulla
I SENTORI Due pubblici ministeri, la polizia giudiziaria, l’avvocatura dello Stato e il presidente abruzzese D’A l fo n s o erano informati 
di Antonio Massari P arole. Voci di corridoio. Il temutissimo chiacchiericcio. E così si scopre che persino al Csm, al suo vicepresidente abruzzese Giovanni Legnini, tra il dicembre 2014 e il gennaio 2015, a cavallo della sentenza, arrivano le voci sull’assoluzione per gli ex tecnici Montedison e i chiacchiericci sulle anomalie del processo. Le voci solitamente sono accompagnate da volti, nomi e cognomi, talvolta documenti e persino tesserini d’un qualche ordine. Ma, fintanto che restano voci, un vicepresidente del Csm che può farci? Niente. SE NON C’È NEANCHE uno straccio di esposto, l’ombra di una nota firmata, Legnini con tutte queste voci, che ci può fare? Niente, ci fa. Poi arriva il 13 maggio: il Fatto Quotidiano rivela le presunte pressioni sulle giudici popolari della Corte d’Assise. E il Csm – che questa volta è in condizioni di agire - avvia immediatamente una pratica per fare chiarezza. È un gesto che a Legnini deve essere riconosciuto. Nel pomeriggio, a poche ore dalla pubblicazione del nostro articolo, previo riscontro con l’av - vocatessa dello Stato Cristina Gerardis, che conferma gran parte di quanto abbiamo scritto, la pratica al Csm è già stata avviata. Le voci giunte al Csm restano però una notizia, perché a noi sembra importante raccontarla tutta, la storia che gira intorno alla sentenza di Bussi, incluso chi ha registrato nel tempo – attraverso voci, fonti dirette o indirette – le eventuali anomalie che l’hanno contraddistinta. Il motivo è semplice: gran parte delle persone che hanno avuto il sentore di qualche anomalia appartengono allo Stato. Ma fino al 13 maggio – salvo smentite – lo Stato è rimasto ufficialmente in silenzio. È il 13 maggio che quelle voci, quel chiacchiericcio, si trasformano finalmente in una notizia. Quella notizia aveva una firma: la nostra. E così interviene il Csm e persino la procura di Campobasso, che sta indagando, e l’altro ieri ha sentito per ben sette ore, come persone informate sui fatti, i due (a nostro avviso ottimi) pm che sostenevano l’accusa contro la ex Montedison, Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini. S ECO N D O le testimonianze raccolte dal Fatto Quotidiano e dalla procura di Campobasso, però, anche i due pm appartengono alla lista di coloro che avevano saputo, ben prima della sentenza, che si andava verso l’assoluzione. E l’aveva - no anche detto in giro, come vedremo. L’abbiamo scritto due giorni fa ma gli abruzzesi – tranne i lettori del Fa t to - non lo sanno perché - a parte l’in - formatissimo quotidiano on line primadanoi.it - né il Ce n t ro né il dorso locale del Messag - g e ro hanno ritenuto di diffondere la notizia. Che pure - considerato il sospetto di una sentenza viziata da pressioni, considerato che riguarda la più grande discarica abusiva d’Eu - ropa, considerato che stiamo parlando di falde acquifere inquinate che danno da bere a circa 700mila persone – forse ha la sua importanza e non soltanto in Abruzzo. Sarà un caso, ma il silenzio è calato quando il Fatto Quotidiano – senza essere smentito – che ad essere al corrente delle “ano - malie” sul processo c’era anche un altro uomo dello Stato: il presidente della Regione Abruzzo, Luciano d’Alfonso, ripetutamente (e inutilmente) contattato dal Fa t to per avere una conferma o una smentita. A oggi non ha mai smentito. Due giorni fa, abbiamo aggiunto che – in base a più fonti anonime che abbiamo riscontrato - fu proprio d’Alfonso ad avvertire i due pm, prima della sentenza, che sul processo gravavano delle anomali. Ora però immaginate questa scena, che il Fatto quotidiano può rivelare con nuovi dettagli. Siamo a dicembre e i pm dell’ac - cusa, avendo saputo che la sentenza è in qualche modo già scritta e si va verso l’as - soluzione, incontrano, in compagnia di un agente di polizia giudiziaria del corpo forestale dello Stato, sia l’avvo - catura dello Stato, sia altre parti civili. E dinanzi a tutti dichiarano: “Si va verso l’as - soluzione”. Guardatela questa fotografia: c’è tutto lo Stato! Due pubblici ministeri, la polizia giudiziaria, l’avvocatura dello Stato: tutti hanno notizia che, nel processo, c’è qualche anomalia. Aggiungiamo che le voci raggiungono persino il Csm e c’è da chiedersi, davvero, chi altri possa mancare all’appello. Fin qui siamo alla vigilia della sentenza. E dopo? E quando – come da profezia - i 19 ex dirigenti Montedison vengono assolti dal reato di avvelenamento delle acque, quando viene prescritto il reato di disastro ambientale, derubricato da doloso in colposo, che accade? Si scopre che le giudici popolari, durante una cena in pizzeria, erano state edotte dal presidente della corte d'assise, Camillo Romandini: se avessero condannato per dolo, e poi la sentenza fosse stata ribaltata in appello, avrebbero rischiato pagare danni fino al punto di perdere i propri beni personali. Non rivelerò la fonte, ma vi assicuro che non era un segreto, poiché fu qualcuno a mettermi sull’avviso e, incontrando le giudici popolari, si scopre che – addirittura! - avevano predisposto un esposto da inviare al Csm, per rappresentare tutta la loro frustrazione nel non aver letto gli atti e, soprattutto, per la discussione avvenuta durante la cena in pizzeria. Poi qualcuna, tra le giudici, si tirò indietro e non se ne fece più nulla. E non dimentichiamo che in quanto giudici – sebbene popolari – rappresentano lo Stato anch'esse. Il Fatto Quotidiano ha riportato le loro testimonianze e sono finalmente intervenuti il Csm e la procura di Campobasso. Resta ancora un vuoto da colmare, però. Non abbiamo letto una sola intervista a d’Alfonso, una sola domanda sull’argomento, nessuno che gli abbia chiesto se è vero o e falso quello che abbiamo scritto, nessuno che gli abbia chiesto se davvero sapeva in anticipo della sentenza, nessuno che gli abbia chiesto nome e cognome di chi – eventual - mente – gli avesse fornito la notizia. Come se la parola Bussi, ormai, sia stata essa stessa derubricata: Bussi, ex discarica, ora seconda persona, modo imperativo, del verbo bussare: bussi. E noi continueremo a bussare, questo è certo.

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