sabato 21 febbraio 2015

“Mose, anche il Pd nel sistema di sperpero di risorse pubbliche”

ZOGGIA E MOGNATO ARCHIVIATI, MA ACCERTATA
UNA “DIFFUSA ILLEGALITÀ DEL VERTICE DEL PARTITO”
L’INDAGINE
Per i pm “è difficile arrivare a ulteriori
percettori finali, oltre all’ex sindaco Orsoni,
delle somme illecitamente corrisposte”
di Antonio Massari
inviato a Venezia
L’indagine sul Mose è chiusa. Ieri la
procura ha depositato gli ultimi atti
d’inchiesta, con nove indagati,
per i quali è imminente la richiesta
di rinvio a giudizio, e due richieste di archiviazione
per i parlamentari Pd Davide Zoggia e
Michele Mognato. Le accuse – formulate dai
pm Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola
Tonini – variano dalla corruzione al finanziamento
illecito dei partiti e in una dozzina di
pagine viene descritto il sistema Mose, la più
ingegnosa opera pubblica pensata in Italia, che
con il suo sistema di paratie dovrebbe proteggere
Venezia dall’acqua alta. Non l’ha protetta
di certo da un giro di mazzette che, tra tangenti,
finanziamenti elettorali e contratti fasulli, è costato
di certo 22 milioni di euro ma, in realtà,
potrebbe aver toccato il miliardo. A capo del
sistema c’era Giovanni Mazzacurati, presidente
del Consorzio Venezia Nuova, aveva incaricato
Luciano Neri e Federico Sutto di costituire un
fondo, incassando denaro contante da alcuni
consorziati, tra i quali Piergiorgio Baita per
l’impresa Mantovani e Alessandro Mazzi per
conto della Grandi lavori Fincosit, per eludere i
controlli corrompendo funzionari pubblici.
Esemplare il caso di Patrizio Cuccioletta, accusato
di aver ricevuto, attraverso il “fondo Neri”,
nella sua qualità di presidente del magistrato
alle Acque di Venezia, uno stipendio annuale
di 400mila euro, bonifici da 500mila euro
su un conto in Svizzera, contratti di collaborazione
per i suoi parenti, voli con aerei privati,
alloggi e pranzi in alberghi di lusso a Venezia e
Cortina d’Ampezzo. Allo stesso scopo, un altro
presidente dell Magistrato delle Acque, Maria
Giovanna Piva, tra il 2001 e il 2008, aveva ricevuto
un altro stipendio annuo da 400mila
euro più un incarico da collaudatore del Mose
per ben 327mila euro. Il sistema Mose funzionava
così, si oliava ogni passaggio destinato
al controllo, e per la Corte dei Conti, secondo
l’accusa, il “fondo Neri” foraggiava il magistrato
Vittorio Giuseppone, che nel frattempo era
passato dalla sezione di Venezia a quella di
Roma, e incassava dai corruttori, con cadenza
semestrale, uno stipendio annuo tra i 300 e i
400mila euro dal 2000 al 2008. Ma il Mose era
anche una vacca da mungere e, in questo caso,
a guadagnare erano i politici. Giancarlo Galan
incassava finanziamenti per le sue campagne
elettorali e “faceva ristrutturare” la sua “villa
Rodella”, a Cinto Euganeo, per un costo che
l’accusa indica in 1,1 milioni di euro. A ottobre
Galan ha patteggiato una pena di 2 anni e 10
mesi e ha subìto una confisca per 2,6 milioni di
euro. Restando nel centrodestra, l’indagine si
chiude per l’ex europarlamentare di Forza Italia,
Lia Sartori, accusata di aver incassato dal
Consorzio Venezia Nuova, fuori bilancio, finanziamenti
elettorali che, per se stessa e il
partito, ammontano a 200mila euro.
ARCHIVIATE invece le posizioni dei parlamentari
veneti del Pd Davide Zoggia e Michele Mognato.
Il primo, fedelissimo di Pier Luigi Bersani,
compariva anche in un “pizzino” seque -
strato dalla Gdf, che lo vedeva destinatario di un
finanziamento da 40mila euro per una campagna
elettorale e altri 15mila euro come consulente
dal Coveco: soldi che lo stesso Zoggia, al
Fatto Quotidiano, aveva ammesso d’aver incassato,
ma registrandoli regolarmente. E infatti
non è per questo che viene indagato, ma per le
dichiarazioni dell’ex sindaco del Pd Giorgio Orsoni,
che ha già patteggiato la condanna per i
soldi, intascati in nero dal Consorzio, durante la
sua campagna elettorale. Dichiarazioni che, però,
non hanno trovato un sufficiente riscontro
probatorio. L’accusa, archiviando la posizione
di Zoggia e Mognato, descrive però un “sistema
di perniciosa dissipazione di risorse pubbliche a
beneficio delle forze politiche”. Tra le forze politiche
anche il Pd e i tre pm descrivono un
quadro di diffusa illegalità” nel quale “gli esponenti
di vertice dei locali partiti politici erano
soliti farsi finanziare le campagne elettorali con
contributi illecitamente corrisposti dal Consorzio
Venezia Nuova e dalle società aderenti al
Consorzio”. Il sistema non funzionava soltanto
per il Pd e non soltanto a livello locale: “Il quadro
continuano i pm – è aggravato dalla circostanza
che la scelta del presidente del consorzio,
di finanziare sistematicamente tutti i
partiti, indifferentemente dalla loro collocazione
politica – sia che occupassero posizioni di
maggioranza che di opposizione, sia a livello
locale che nazionale – fosse strategica e finalizzata
all’acquisizione e al consolidamento di
un consenso politico trasversale”. Ma i pm devono
fermarsi a Orsoni, perché è stato “difficile”
individuare gli “ulteriori percettori finali delle
somme illecitamente corrisposte”. “Una difficoltà
continuano - che comporta l’impossi -
bilità di iniziare un’azione penale”, verso Zoggia
e Mognato, per i quali non “sussistono – ri -
spetto a Orsoni – eguali elementi” d’accusa e si
rifiutano di applicare il “principio del non poteva
non sapere”. Per i due viene quindi richiesta
l’archiviazione. Ma resta che il Mose
rappresenta “l’affresco allarmante, sintomatico
di una sprezzante indifferenza non solo per la
legalità, ma anche per la corretta destinazione di
beni comuni, dirottati arbitrariamente e interessatamente
verso utilizzazioni clientelari e di
favore”. Un affresco, concludono i pm, che “è
solo in parte vulnerato dalla difficoltà di individuare
con precisione (al di là della chiara
posizione del sindaco Orsoni) gli ulteriori percettori
finali delle somme illecitamente corrisposte”.
Il fatto quotidiano 21 febbraio 2015


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