venerdì 20 febbraio 2015

BENI CONFISCATI, LA RICETTA DI GRATTERI CONTRO LO SPRECO

IL GIUDICE PRESENTA AL GOVERNO LE SUE PROPOSTE: TRASFERIRE A ROMA L’AGENZIA E AFFIDARLE LE IMPRESE GIÀ DOPO LA SENTENZA DI PRIMO GRADO  FLOP DI STATO Oltre il 90 per cento delle aziende sottratte ai boss falliscono perché passa troppo tempo prima che si decida che farne di Beatrice Borromeo
Milano
N
ella lista di quello
che non va, stilata
dal giudice Nicola
Gratteri, la gestione
dei beni confiscati alle mafie
è al ventitreesimo posto (su
venticinque). Eppure, a leggere
le soluzioni suggerite dalla
commissione guidata dal pm
reggino – e soprattutto l’analisi
dei problemi da affrontare – la
riforma della Anbsc (Agenzia
nazionale dei beni sequestrati e
confiscati, ndr) pare prioritaria.
IL NUMERO DI QUESTI BENI è
pari a 12.944, di cui 1.707 sono
aziende: più del 90 per cento di
queste attività produttive interessate
da un provvedimento di
sequestro seguito da confisca
definitiva, fallisce. Le ragioni di
questi naufragi endemici sono
varie: intanto, le banche tendono
a bloccare i finanziamenti
una volta che le imprese passano
in mano all’amministra -
zione giudiziaria. Poi c’è l’ine -
vitabile calo delle commesse, il
sempre crescente costo di gestione
dovuto al processo di legalizzazione
dell’azienda (la
mancanza di scritture contabili
attendibili è frequente), e il lungo lasso di tempo che solitamente intercorre tra il provvedimento di sequestro e la confisca definitiva del bene. Ma il danno non è solo economico. Come spiegava Gratteri presentando le sue proposte, “lo Stato appare, agli occhi della collettività, come incapace non solo di garantire un proficuo utilizzo dei beni ma, addirittura, di provvedere anche solo alla loro conservazione”. Le soluzioni però ci sono e il filo rosso che le unisce è quello della specializzazione. Come spiegano i componenti della commissione, “sia i dipendenti dell’agenzia che i vertici devono essere altamente qualificati, ed esperti di management pubblico e dinamiche aziendali complesse”. Serve più personale, che potrebbe essere scelto tramite concorso pubblico. Difatti, uno degli assunti su cui si basa l’intera proposta è che “la politica deve avere voglia di investire su questo problema, perché senza fondi la questione è irrisolvibile”. La proposta di maggiore impatto è però quella di prevedere ipotesi di destinazione anticipata delle aziende (ma non dei beni mobili e immobili). Ad aspettare la sentenza di Cassazione, infatti, resta ben poco da gestire, perché i beni, a quel punto, sono o decotti o già falliti. L’idea è quindi – pur con molte garanzie – di affidare le imprese all’agenzia già dopo la condanna in primo grado. Più difficile è la questione dei beni immobili: qualche settimana fa il nostro giornale raccontava di come la maggioranza delle proprietà sequestrate ai boss finisce per essere gestita dai loro parenti, che (come nel caso del favoloso Castello di Miasino) permette a questi di continuare a guadagnarci sopra. Le norme insomma ci sono, ma troppo spesso risultano difficili da applicare. LA COMMISSIONE suggerisce però una via d’uscita: quella di anticipare la pubblicizzazione dei beni che sono vicini alla confisca di primo grado, anche – visto l’interesse pubblico - utilizzando la Rai. Per lo stesso motivo viene proposto il trasferimento della sede dell’agenzia da Reggio Calabria a Roma, dove la gestione risulterebbe più efficiente, e la supervisione affidata, invece che al ministero degli Interni, direttamente alla presidenza del Consiglio. “La possibilità di promuovere in maniera più massiccia i beni sequestrati permetterebbe, già dalla fase del sequestro, di individuare destinazioni che potrebbero essere poi quelle definitive”, spiegano dalla commissione. Si legge poi nella relazione che “la dotazione numerica del personale dovrà essere determinato con decreto del Presidente del Consiglio, e il reclutamento, al fine di assicurare stabilità e specializzazione, si ritiene debba avvenire per metà mediante procedure selettive in conformità alla legislazione vigente in materia di accesso agli impieghi della pubblica amministrazione, la restante parte attraverso procedure di mobilità”. Fondamentale è anche che cambino sia il profilo del Direttore dell’Agenzia sia la composizione del Consiglio direttivo. Secondo Gratteri, il primo deve essere “scelto tra esperti nella gestione di beni/aziende private o di settori pubblici complessi; quanto alla seconda si prevede di sostituire i due esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali, designati di concerto dai Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, con un esperto in materia di gestioni patrimoniali, un esperto di gestioni aziendali ed uno che sappia di progetti di finanziamento europei e nazionali”, scelti di concerto tra ministero dello Sviluppo e Tesoro. il fatto quotidiano 20 febbraio 2015 

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