sabato 20 dicembre 2014

Marzotto assolto, tumori calabresi senza risposte L’IMPRENDITORE ERA IMPUTATO CON ALTRE 11 PERSONE PER LA MORTE DI 107 OPERAI DELLO STABILIMENTO TESSILE MARLANE DI PRAIA A MARE

PER L’ACCUSA
I periti nominati dalla
Procura sostenevano
che i decessi fossero
causati dai coloranti
usati nel reparto
tinteggiatura
Lucio Musolino
Reggio Calabria
Tutti assolti e che le
morti bianche riposino
in pace e con
pochi spiccioli di risarcimento
ai familiari. Dopo
10 ore di camera di consiglio, si
è concluso ieri sera il processo
Marlane” che vedeva tra i 13
imputati anche Pietro Marzotto,
il conte di Valdagno ed ex
presidente del gruppo che gestiva
l’impianto tessile di Praia
a Mare, nell'alto cosentino.
Una fabbrica dei veleni che, secondo
l’accusa, ha provocato la
morte di 107 persone, tra cittadini
e dipendenti dell'azienda,
per l'inquinamento dei terreni
e delle acque e a causa delle
procedure adottate per la colorazione
dei tessuti e per lo
smaltimento dei rifiuti speciali.
Stando alla ricostruzione
della Procura, infatti, un centinaio
di operai sarebbero
morti per i tumori provocati
dall'inalazione dei vapori
emessi nella lavorazione dei
tessuti.
IL TRIBUNALE DI PAOLA ha
assolto tutti nonostante una
pesante perizia disposta dalla
Procura che avrebbe dimostrato
il legame tra i fumi respirati
all'interno dell'azienda e i decessi.
Con la delusione del comitato
contro la Marlane e delle
parti civili, si chiude così un
processo arrivato in aula dopo
un decennio di indagini e dopo
innumerevoli rinvii delle
udienze.
Una vicenda iniziata nel 1999
quando il primo filone dell’in -
chiesta aperto dalla Procura
della Repubblica di Paola cercò
di comprendere il perché, in
una delle principali aree industriali
calabresi, ci fosse un così
alto tasso di tumori. Alcuni dipendenti
della Marlane avevano
denunciato una situazione
allarmante e addebitavano le
morti dei colleghi alle pessime
condizioni di lavoro in cui erano
costretti ad operare all'interno
dello stabilimento tessile.
L’INCHIESTA SI STAVA are -
nando nell'archivio del palazzo
di giustizia quando, nel 2006, i
vertici della Procura ripresero
in mano il fascicolo che ha portato
al processo concluso ieri
con l'assoluzione degli imputati
accusati a vario titolo di omicidio
colposo plurimo, lesioni
gravissime e disastro ambientale.
Oltre a Marzotto, per il
quale erano stati chiesti 6 anni
di carcere, è stato assolto l'ex
sindaco di Praia Carlo Lomonaco,
un tempo responsabile
del reparto tintoria della Marlane.
Nei suoi confronti i pm
avevano chiesto 10 anni reclusione.
È finito un incubo. In questo
momento non ho altre parole”.
È l'unico commento di Lomonaco
che ha partecipato a tutte
le udienze del processo così come
i componenti del comitato
contro la “fabbrica dei veleni”.
Fuori dal tribunale, tutto il
giorno, è stato affisso uno striscione
che chiedeva “verità per
le morti della Marlane. Processo
e bonifica. Fate presto”. Uno
striscione staccato in silenzio
dopo la lettura della sentenza.
Così come i tanti manifesti funebri
con i nomi degli operai
che si sono ammalati.
Per le loro morti sono stati assolti
anche Silvano Storer, ex
amministratore delegato del
gruppo, e Jean De Jaegher, consigliere
dell’associazione europea
delle industrie tessili e presidente
della Marzotto Usa dal
1995 al 1998.
Non ci aspettavamo questa
sentenza. – dice Francesco Cirillo,
componente del comitato
Questo non era un processo
indiziario. C'erano prove evidenti
con operai che si sono autoaccusati
di aver sotterrato i
veleni di quella fabbrica. Noi
continueremo perché quello
che è successo alla Marlane è
palese”. Lo racconta Luigi Pacchiano,
uno di quegli operai
che oggi lotta con un tumore:
Ho lavorato alla Marlane dal
1969 al 1995 e sono un sopravvissuto.
In fabbrica si lavorava
senza nessuna norma di sicurezza
o misura di protezione. In
tanti anni non ho mai visto un
ispettore o un sopralluogo. Mi
sono ammalato per colpa dell'azienda
e l'Inail mi ha riconosciuto
la malattia professionale”.
E se per l'avvocato Giancarlo
Pittelli, difensore di uno degli
imputati, “la sentenza rende
giustizia rispetto a un caso che è
stato oggetto di strumentalizzazione”,
Fulvio Aurora, di
Medicina democratica, ricorda
il processo Eternit: “Il mese
scorso abbiamo gridato vergogna.
Oggi davanti ad altri 100
morti credo che non ci sia altro
da dire se non il fatto che non
c'è giustizia. Ricorreremo in
appello”.
PRENDIAMO ATTO della decisione
dei giudici e della circostanza
che gran parte delle
parti civili sono state risarcite”
ha commento il procuratore
Bruno Giordano che non si sbilancia
sul ricorso in appello:
Leggeremo con molta attenzione
le motivazioni della sentenza.
Solo dopo decideremo il
da farsi”.
È strano – ha dichiarato Rodolfo
Ambrosio, l’avvocato di
Legambiente, parte civile nel
processo –perché le vittime sono
state anticipatamente pagate
con un indennizzo. Come si
fa a pagare un risarcimento e
poi assolvere qualcuno che è
causa di quel risarcimento danni?”.

il fatto quotidiano 20 dicembre 2014

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