domenica 24 agosto 2014

Padre Alex Zanotelli Altro che curdi, l’affare sono le armi


di Alessio Schiesari
Ma il governo ragiona?
Si rende
conto di cosa significhi
inviare
armi ai curdi?”. Padre Zanotelli,
missionario e pacifista
senza se e senza ma’ non ha
dubbi: questo è lo stesso Occidente
che ha demolito Afghanistan
e Iraq sotto Bush.
Con una sola differenza: questa
volta le piazze sono vuote,
a protestare contro la guerra
sono in pochi.
Il Parlamento ha votato: per
fermare i terroristi dell’Isis è
necessario mandare armi al
governo iracheno, che le distribuirà
ai Peshmerga. È questa
la strategia giusta?
La mia è un’opinione categorica:
è tutto profondamente
sbagliato. È la solita vecchia
storia che serve ad alimentare
l’industria bellica delle armi
ed è il solito Occidente che
piange gli stessi cadaveri che
causa. Quei morti escono dalle
nostre fabbriche.
Questa volta però la situazione
irachena sembra veramente
drammatica.
Ma il governo ragiona? Lo sa
cosa significa dare armi ai
curdi? Vuol dire spaccare il
Paese in tre. Ma in fondo è
questo che vogliamo: spaccare
tutto. Come abbiamo fatto
nel 2003, per una guerra che
oggi gli stessi americani reputano
folle. Ma oggi è tardi.
Abbiamo sconfitto Saddam
Hussein. “Missione compiuta”,
disse Bush.
Oggi i nemici sono i fondamentalisti
islamici, ma ci
scordiamo che sotto Saddam
Hussein quella roba non c’era.
E nemmeno sotto Gheddafi.
Ci scordiamo tutto, invece
dovremmo ricordare. Ad
esempio il bombardamento
di Fallujah col fosforo bianco.
Quindi inanelliamo un errore
dopo l’altro?
No, non sono errori. Questa è
la strategia dell’Occidente:
aprire nuovi fronti bellici per
vendere più armi. E allora sa
cosa le dico? In malora l’Occidente.
Ma per bloccare i fondamentalisti
qualcosa bisognerà pur
fare, no?
L’Isis fa paura, come pure il
milioni di morti tra i civile
della guerra del 2003. In questi
casi però è l’Onu che dovrebbe
intervenire: diventare
una forza di interposizione,
creare cordoni umanitari. Lo
so, è facile criticare il suo operato,
ma la comunità internazionale
ha bisogno di una forza
morale che faccia da guida.
Altrimenti andiamo avanti in
ordine sparso: gli Usa bombardano,
l’Italia manda le armi.
Perché abbiamo scelto l’embargo
per l’Iran e non prendiamo
contromisure contro i Paesi
che hanno contribuito ad armare
i terroristi, sauditi e qatarioti
in testa?
Perché c’è un’enorme disparità
di trattamento a tutti i livelli.
Lo stesso ragionamento
si può fare per Israele, che opprime
sistematicamente Gaza.
Quali sono state le reazioni
occidentali? Nulla, zero assoluto.
I nostri boicottaggi non
sono mai motivati da scelte
etiche, quanto invece da strategie
geopolitiche e commerciali.
C’erano una volta i pacifisti: le
grandi marce, le piazze piene.
Oggi invece tutto tace. Perché?
Gli ultimi vent’anni c’hanno
atomizzati, la cittadinanza attiva
quasi non esiste più. E i
movimenti per la pace non
hanno aiutato: siamo sempre
divisi su tutto. Dovremmo
vergognarci. Però qualcosa
stiamo provando a fare: con
Cgil stiamo organizzando una
marcia a Firenze. Non è facile,
ma una piccola giustificazione
ce l’abbiamo.
Qual è?
Dieci anni fa c’erano più forze
politiche che portavano queha
ste istanze dentro il Parlamento.
Oggi molti sembrano
essersi scordati di cosa dice la
nostra Costituzione: “L’Italia
ripudia la guerra come strumento
di offesa alla libertà degli
altri popoli e come mezzo
di risoluzione delle controversie
internazionali”.
Qualcuno suggerisce di dialogare
con l’Isis. È una via percorribile?
L’assunto di partenza è giusto:
no alla guerra. Però è chiaro
che stiamo parlando di qualcosa
di quasi utopico. Potremmo
iniziare a smettere di
creare nemici a ripetizione e a
guardare alle nostre responsabilità.
L’ha detto pure il Papa:
rischiamo la terza guerra
mondiale. Se continuiamo così,

esplode tutto. il fatto quotidiano 24 agosto 2014

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