domenica 2 febbraio 2014

Scandalo rifiuti, la Procura: «Caccia ai soldi con cui Cerroni finanziava la politica»

di Sara Menafra
Al momento, c’è solo una pista. Una traccia da seguire senza sapere con certezza dove porterà. Nelle prossime settimane, le verifiche della procura di Roma sulle discariche si concentreranno anche sui finanziamenti elettorali che il ras Manlio Cerroni potrebbe aver concesso ai partiti o ai candidati che gli hanno dato una mano nei passaggi più complessi. Ovviamente, la ricerca tocca tutte le uscite destinate alla politica. Una qualunque conferma di finanziamenti, anche «legali», potrebbe servire ad avvalorare una nuova ipotesi di abuso d’ufficio.

La primavera 2008 Come ha già fatto nella memoria destinata al tribunale del Riesame e discussa giovedì scorso, il pm Alberto Galanti ha messo sotto la lente soprattutto il periodo della primavera 2008, immediatamente precedente all’approvazione del decreto commissariale regionale del 24 giugno. Per Cerroni e soci era essenziale che in quel testo ci fosse il primo sì al gassificatore di Albano (saltato per una raffica di ricorsi al Tar). Ad aiutarlo nell’impresa sarebbero stati diversi esponenti politici, tutti di centrosinitra.
Il primo fatto strano è che l’assessore verde all’ambiente Filiberto Zaratti (originario della zona di Albano, dove ha ancora un appartamento) dopo un breve incontro a quattrocchi con Cerroni si sarebbe convinto a mantenere il proprio voto contrario ma lasciando che il suo partito si schierasse per il sì. L’11 giugno i due si vedono e subito dopo il ras delle discariche chiama il fidato Luca Fegatelli, funzionario regionale ora ai domiciliari. Cerroni: «Ciao bello.. senti, tutto bene ehè!»; Fegatelli: «Sì, Zaratti era contento?»; Cerroni: «Quando è chiuso poi io l'ho visto a quattro occhi, no? Per parlare anche di Albano...poi ti dirò».

A piè di pagina Il 24 giugno, in dissenso dall’assessore, Verdi e Rifondazione votano il decreto. Non è chiaro, aggiungono i Carabinieri del Noe, quanto sapessero dell’effettiva portata di quella decisione, infilata in una noticina: «Nel documento composto di 24 pagine, la citazione alla realizzazione dell’impianto di Albano Laziale veniva inserita unicamente in una parte di una tabella ed in calce al documento stesso, racchiusa in 5 righe». Tra quelli che hanno capito la portata dell’accordo, scrivono gli investigatori, c’è il deputato Pd Renzo Carella. Che, nei giorni precedenti al voto, chiama Cerroni e annuncia: «Ho detto a Montino che lui deve dire pubblicamente ai capigruppo che l'impianto di Albano è un impianto che serve il bacino dei Castelli Romani.. cioè, poi, quando è fatto è fatto capito». Le nuove verifiche servono a capire, purtroppo con molti anni di distanza, quale fosse la reale portata di quell’intesa.
Domenica 02 Febbraio 2014 - 09:17
Ultimo aggiornamento: 09:22
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