venerdì 27 settembre 2013

Eternit, Siracusa vuole giustizia

di Giovanni Tizian http://espresso.repubblica.it/dettaglio/eternit-siracusa-vuole-giustizia/2215154/
La fabbrica siciliana è l'unica rimasta fuori dal processo di Torino. Eppure decine di lavoratori sono stati uccisi dall'amianto e altri stanno lottando contro la morte. Ora la nuova inchiesta potrebbe fare luce su questa mattanza
(17 settembre 2013)
Foto di Tommaso Ausili per l EspressoFoto di Tommaso Ausili per l'EspressoDell'Eternit siciliana di Siracusa è rimasta l'ombra cinerea della struttura e le piaghe, invisibili agli occhi, che lacerano i corpi degli operai. Quei capannoni sventrati dalla bonifica spiccano a pochi metri dalla costa meridionale della Sicilia, occupata e infettata dai fumi e dai liquidi del polo petrolchimico di Priolo. Il risanamento ambientale, affidato nel 2006 a Sviluppo Italia, è costato più di 19 milioni di euro. Ma il luogo è ancora off limits. I cancelli chiusi e protetti da un ammasso di rifiuti di ogni tipo, dai materassi a plastica e carta. Ci sono ancora gli alberi, là fuori da anni, che hanno accumulato la polvere assassina. E a poche centinaia di metri, dall'altra parte delle ferrovia, un capannone fatiscente con una copertura in Eternit ancora ben salda.

Nei 35 chilometri di costa che vanno da Augusta alle porte di Siracusa, l'ambiente ha perso la partita. A ucciderlo ci hanno pensato prima le raffinerie, poi, a qualche anno di distanza, l'Eternit, venduto al territorio come possibilità di riscatto, di occupazione e di ricchezza. La fabbrica è l'unica rimasta fuori dal processo di Torino, in cui il magnate svizzero dell'amianto Thomas Schmidheiny è stato condannato in appello a 18 anni per disastro doloso e omissione di misure antinfortunistiche. E ora il pm Raffaele Guariniello ha deciso di aprire altri tre filoni d'inchiesta.

SI RIAPRE IL CASO
L'Eternit Bis indagherà sul reato di omicidio degli operai nei quattro stabilimenti di Casal Monferrato, Cavagnolo, Bagnoli, Rubiera. Per le morti avvenute fino al 2012. Il terzo filone scaverà invece sulle morti successive, includerà il quinto impianto, quello siciliano, e cercherà di far luce sui danni patiti dagli operai italiani che hanno lavorato nelle sedi estere (Svizzera, Francia, Brasile). La procura torinese ha, poi, da poco concluso lo studio sulla mortalità degli ex lavoratori nella cava di amianto di Balangero, piccolo borgo in provincia di Torino. Su 1.600 dipendenti, 220 sono morti per cause collegate all'amianto. 

Su Siracusa "l'Espresso" è in grado di anticipare alcuni dati dello studio epidemiologico ordinato dai magistrati: su 990 lavoratori, 400 sono scomparsi per varie cause, 90 sono stati uccisi dal mesotelioma e dall'asbestosi, le patologie più diffuse tra le migliaia di persone che di Eternit hanno vissuto, e altre 90 stanno lottando contro le stesse malattie. Con un dato drammatico: le morti di chi ha lavorato all'Eternit sforano tutte le statistiche. Si muore prima. Si muore in troppi.

VITE SPEZZATE
Pietro ha lavorato come capo squadra all'Eternit. Gli occhi umidi, le mani segnate dal male che divora lento ogni sua energia. Accanto a lui la moglie. Tutti i giorni gli ha lavato la tuta blu impolverata d'amianto e ora è accanto a lui nella malattia. Lo aiuta, con la dedizione di sempre, a trasportare la bombola d'ossigeno che si porta dietro da quando l'asbestosi gli blocca il respiro. Assunto ed esposto alla fibra mortale dal lontano 1960. In questi vent'anni quel lavoro è diventato la condanna di morte per i padri e una mannaia sul futuro dei figli. «Nel 1959 lo stabilimento contava 350 dipendenti», dice Pietro con la voce roca: «Ma poi c'è stato un forte ricambio, sono transitati più di mille lavoratori». Racconta di quando era capoturno e aveva ricevuto l'ordine di consegnare ai suoi colleghi una mascherina al giorno per otto ore. «Ma una sola non era sufficiente, dopo mezza giornata erano già colme del polverino d'amianto che non permetteva agli operai di respirare, così venivano da me a pregarmi di dargliene una seconda e io la consegnavo senza titubanze, un gesto normale, spontaneo, che però mi è costato una sanzione».

A VENT'ANNI DENTRO L'ETERNIT
«Ho iniziato a lavorare nel '59 nella fabbrica». Gaetanina è una delle donne in tuta blu dello stabilimento siracusano. «Dopo sei mesi avevo una tosse terribile, mi lasciava senza respiro». Con gli occhi umidi di lacrime ripercorre quel periodo e ammette di essere tra le fortunate: «Il medico disse a mia madre di trovare il modo di licenziarmi da lì». Così lascia i capannoni malsani e il polverino. Trova un posto come infermiera all'ospedale. «Pensavo di essermi lasciata alle spalle quell'esperienza, ma il dramma è stato rivedere i miei vecchi colleghi sfilare nelle corsie, ai tempi ancora nessuno parlava dell'amianto come un killer». Lei soffre di un deficit respiratorio del 40 per cento: «Mi hanno detto che ho lavorato troppo poco tempo per chiedere i danni», spiega l'ex operaia. Che non ha intenzione di mollare: «Da poco ho chiesto di rivedere la mia pratica, ora aspettiamo...». E' fiduciosa, mostra la foto della figlia, l'attrice Carmelinda Gentile (Beba nel "Commissario Montalbano). Che dai racconti della madre è partita per portare in scena uno spettacolo teatrale sulla vita degli operai dell'Eternit.

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