martedì 4 giugno 2013

il cancro dello sviluppo senza limite o (in)sostenibile

Il confine invisibile che ci rende più g randi di Gianfranco Bologna* Credo che oggi dobbiamo dare una grande importanza alla parola limite ed avere anche una sorta di riverenza nei suoi confronti. Dobbiamo farlo soprattutto nell’economia che, culturalmente, persegue da secoli una visione del mondo basata sulla continua crescita dei consumi. Immagino che chiunque di voi abbia visto su un giornale, una rivista, o su internet, una delle splendide fotografie di parti del nostro meraviglioso pianeta, che i satelliti riprendono quotidianamente. Anche se l’uso di Google Maps ha reso ormai familiari anche i dettagli delle nostre strade attraverso i suoi straordinari zoom, provate a fare un esercizio: cercate le foto scattate agli inizi degli anni Settanta e confrontatele con quelle odierne (oppure sfogliate le bellissime pubblicazioni del Programma Ambiente delle Nazioni Unite - UNEP che ci raccontano lo stato di salute della bellissima “crosta” della nostra Terra, questa sfera dove è possibile la presenza e il miracolo della vita, dove tutti noi esistiamo e dove si è evoluta la civiltà umana, così come oggi la conosciamo). Se fate questo paragone tra le foto del prima e dopo, resterete basiti perché ci mostrano ambienti completamente modificati e stravolti dall’intervento umano, città e infrastrutture in abnorme crescita, foreste e laghi che si riducono, si assottigliano e quasi spariscono… la distruzione in atto. La Terra – unico pianeta dell’universo, per quanto sino ad oggi sappiamo, che custodisce la meraviglia del fenomeno “vita” – ha una superficie di 510 milioni di chilometri quadrati ed esiste da circa 4.6 miliardi di anni. La superficie è la stessa di quando i nostri primissimi progenitori sono apparsi circa 6 milioni di anni fa. Ma la specie umana ha cercato di crescere in tutto, superando ogni limite naturale. È cresciuta nei numeri (oggi siamo 7.1 miliardi e dovremo raggiungere, secondo le Nazioni Unite, i 9 miliardi prima del 2050, mentre eravamo soltanto un miliardo nei primi dell’Ottocento del secolo scorso), è cresciuta negli impatti, nelle capacità tecniche di pressione sugli ambienti terrestri e marini. Ha saccheggiato, distrutto e depredato. Ha portato all’estinzione intere specie animali e vegetali. Ha creato sostanze chimiche che i sistemi naturali non sono capaci di metabolizzare e che creano danni ingenti anche alla nostra salute e alla nostra vita. In parole povere, ha perso la cognizione del limite, di quei limiti biofisici che la stessa natura, dalla quale proveniamo e dipendiamo e senza la quale non possiamo vivere, ha sempre avuto. Nessuna specie vivente può superare questi limiti. La crescita di qualsiasi cosa ha in sé un limite, tranne le crescite “cancerose” che, paradossalmente, distruggono la vita. La specie umana non può essere, con la sua intelligenza, il “cancro” della crosta terrestre. Per fermare il disastro, la specie che si è autodichiarata sapiens deve fare una cosa tanto semplice quanto complessa, fondamentale e insieme vitale… deve tornare finalmente a dare il giusto valore alla parola limite. Il fatto quotidiano *Gianfranco Bologna è un naturalista e ambientalista. È direttore scientifico e Senior Advisor del WWF Italia, associazione per la quale ha svolto anche il ruolo di segretario generale dal 1994 al 2000. È segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei che costituisce la sezione italiana del Club di Roma. È autore di diversi libri, gli ultimi dei quali sono: Manuale della sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro (Edizioni Ambiente 2008), Sostenibilità in pillole. Per vivere in un solo pianeta (Edizioni Ambiente 2013) e Natura Spa. La Terra al posto del PIL (Bruno Mondadori 2013).

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