domenica 21 ottobre 2012

truffa estorsione associazione a delinquere Cerroni e Malagrotta

Roma, monnezza criminaledi Emiliano Fittipaldi Truffa, estorsione, associazione a delinquere: ecco le carte segrete su Manlio Cerroni, il re della spazzatura laziale(18 ottobre 2012)Associazione a delinquere, estorsione, truffa, traffico illecito di rifiuti: sono queste le ipotesi di reato di un'inchiesta segreta che sta facendo tremare mezza Roma e che potrebbe distruggere l'impero di Manlio Cerroni, l'anziano avvocato che controlla la discarica di Malagrotta e che gestisce, di fatto, la fetta più grande del business della monnezza della Capitale. L'indagine sull'"ottavo re di Roma" (che risulta indagato) sembra ormai alla fase conclusiva, e rischia di far saltare il sistema di monopolio assoluto che la politica locale ha subito e foraggiato per oltre un trentennio, affidando di fatto a un privato la gestione di un'attività - va ricordato - che è per legge di pubblico interesse. A "l'Espresso" risulta che i filoni d'indagine sono tre. Riguardano la gestione di Malagrotta, gli impianti per la produzione di combustibile da rifiuti (cdr) che l'imprenditore ha costruito ad Albano Laziale e la cava di Monti dell'Ortaccio, che nei progetti di Cerroni - e del commissario per l'emergenza rifiuti Goffredo Sottile - dovrebbe presto diventare la nuova mega discarica della capitale. Il fascicolo è così delicato che oltre ai due pm titolari Maria Cristina Palaia e Alberto Galante è sceso in campo anche il procuratore capo Giuseppe Pignatone, che ha deciso di coordinare in prima persona la fase finale dell'inchiesta. «Il ministro Corrado Clini ha detto che a Roma i rifiuti sono in mano alla malavita? E' una bestialità», commentò Cerroni qualche tempo fa, mentre spiegava che il suo sito a Monti dell'Ortaccio era già attrezzato per ingoiare le oltre 4 mila tonnellate di spazzatura prodotte ogni giorno dalla città eterna e dal Vaticano. Sfrontato, spregiudicato, ricchissimo (qualcuno calcola che abbia accumulato un patrimonio di oltre due miliardi di euro, le sue due società più grandi come la Colari e la E.Giovi fatturano - come si legge negli ultimi bilanci - circa 150 milioni l'anno), l'avvocato Cerroni, nato nel 1926 nel minuscolo paesino di Pisoniano in provincia di Roma, ha quasi novant'anni ma è ancora in gran forma e sicuro di sé, consapevole dell'enorme potere negoziale che ha con i politici: senza Malagrotta (che sarà probabilmente prorogata per l'ennesima volta) in pochi giorni le strade di Roma sarebbero invase dalla monnezza, con effetti più devastanti dello tsunami napoletano che fece scandalo in tutto il mondo. «Sa come lo chiama in un'intercettazione un ex dirigente del commissariato per i rifiuti nel Lazio?», chiosa un magistrato vicino al dossier, «lo chiama " il Supremo". Un nomignolo che già dice tutto. E' lui il protagonista assoluto di questa vicenda». Coprotagonisti di rilievo sembrano anche alcuni dirigenti regionali e alcuni uomini di Cerroni. Su tutti spicca Bruno Landi, presidente della Regione Lazio agli inizi degli anni Ottanta, che è considerato dagli inquirenti l'anello di congiunzione tra il gruppo Cerroni e la politica, una «testa d'ariete in grado di scardinare e penetrare i meandri dei salotti regionali». Manlio Cerroni DA ALBANO A POMEZIA. Andiamo con ordine, partendo da Albano Laziale. Qui i guai per Cerroni e il suo entourage cominciano nel settembre del 2009, quando il pm Giuseppe Travaglini in forza alla procura di Velletri chiede ai carabinieri del Noe di Roma comandati dal colonnello Sergio De Caprio - alias Ultimo - e coordinati dal capitano Pietro Rajola Pescarini di indagare sulla società Pontina Ambiente, un grande impianto di trattamento dei rifiuti che produce cdr per dieci cittadine della provincia di Roma. Il sospetto, infatti, è che l'azienda produca un quantitativo di cdr destinato ai termovalorizzatori assai inferiore a quanto dichiarato ai Comuni "clienti": una truffa (bruciare il cdr era forse troppo costoso: più economico e più comodo per Cerroni smaltire la monnezza nello sversatoio, anche se le volumetrie autorizzate in questo modo si sarebbero esaurite prima) che permetteva al gruppo dell'avvocato di incassare milioni di euro per un servizio mai svolto. L'indagine dura due anni: i nomi di Cerroni e di suoi fedelissimi insieme a quelli di alcuni dirigenti di punta della Regione guidata da Renata Polverini (come Romano Giovannetti, capo della segreteria dell'assessore alle attività produttive Pietro Di Paolantonio, e Luca Fegatelli, fino al 2010 a capo della Direzione regionale Energia e rifiuti, oggi capo del Dipartimento del Territorio) finiscono prima nel registro degli indagati con ipotesi di reato gravissime come associazione a delinquere e concorso in truffa ai danni dello Stato, poi - lo scorso febbraio - nella richiesta d'arresto che il magistrato manda al gip. Il quale ad aprile ha dichiarato la propria incompetenza territoriale sul fascicolo («Il luogo in cui opera la prospettata associazione», scrive nell'ordinanza, «deve vieppiù individuarsi in Roma») che è finito sulle scrivanie dei pm capitolini. http://espresso.repubblica.it/dettaglio/roma-monnezza-criminale/2193274

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