martedì 18 ottobre 2011

ripartiamo dai beni comuni

Claudia Bettiol
Quando si tratta di scuole pubbliche o assistenza sanitaria non c'è India o Cina che tenga: l'Europa è il modello sociale più desiderabile. Un modello da difendere. Come? Non ci sono solo gli eurobond, parliamo anche di Euroshares e di European common goods

Ora abbiamo capito che cosa ha portato il mondo al punto in cui siamo. Abbiamo capito come alcuni oligopoli abbiano tentato di diventare i signori del pianeta. Abbiamo capito come gli Stati Nazionali hanno iniziato il loro declino. Abbiamo capito la distanza che separa le persone dalla politica. Abbiamo capito la differenza fra capitalismo finanziario ed economia reale. Abbiamo sperimentato la perdita di fiducia. Abbiamo sperimentato la perdita di speranza. Abbiamo sperimentato la fine dei sogni. Abbiamo sperimentato che anche i nostri genitori possono prendere vantaggi su di noi.
Ora iniziamo a ricostruire!

Non possiamo buttare il bambino con l’acqua sporca e proviamo a salvare quello che di buono era stato costruito nel passato. L’Europa si è sempre distinta dal resto del mondo per l’alta qualità di vita. Un luogo in cui si sperimentavano modelli di governo avanzati, quasi al confine con le utopie, ma in cui i governi mantenevano il controllo di alcuni settori strategici. Non strategici perché militari o coperti da segreti inconfessabili. Strategici perché riguardavano il bene della collettività. Strategici perché riguardavano le pari opportunità delle persone all’interno della società. Strategici perché concernevano la qualità di vita delle persone. Dobbiamo recuperare la parte di sogno insita nella costruzione della nostra società e che aveva alimentato la nascita dell’Europa. Dobbiamo mettere le lancette indietro di oltre 20 anni e rileggere le politiche di allora con le esigenze dei giovani di oggi.

La generazione digitale non è quella del dopoguerra, non ha sperimentato la fame o la carestia. Ma è una generazione di persone generalmente colte e educate che amano il pianeta in cui vivono. Manifestano nelle piazze eppoi le puliscono. Fanno la raccolta differenziata e permettono a tutti di parlare.
La questione del rapporto con il pianeta e con le risorse naturali disponibili non è secondaria. L’eccessiva distanza fra ricchi e poveri (fra il 99% e l’1%) è la stessa che caratterizza il modo in cui sono considerate le risorse naturali: infinite per alcuni e inaccessibili per altri. E se vogliamo ridistribuire la ricchezza (finanziaria o economica) dobbiamo ripensare i modelli produttivi.
Allora abbiamo due pilastri su cui erigere un nuovo ordine capace di mettere fine allo strapotere delle oligarchie finanziari. Una generazione colta di persone che si sentono “cittadini globali” e il recupero di una “economia reale locale” basata su un nuovo modo di considerare la distribuzione dell’energia e delle risorse.

Globale e locale: le due cose sono totalmente connesse. Proprio come ogni vita umana è strettamente connessa al pianeta in cui vive, secondo il significato originario della parola “ecologia”. Con queste premesse, proviamo a immaginare un nuovo ruolo alla Bce: non più semplice strumento finanziario fine a se stesso ma strumento finanziario per la rinascita di una economia reale in Europa. Proviamo a “reimpossessarci” dei nostri Beni Comuni: definiamo cosa ci caratterizza come europei e cosa è indispensabile alla nostra qualità di vita. In base a questo elenco, definiamo il modo in cui vogliamo essere giudicati: non il Pil e gli indicatori definiti dalle Agenzie di Rating ma quello su cui abbiamo dimostrato al mondo la nostra superiorità come modello di società.

Se prendiamo come indicatore la qualità delle scuole pubbliche, della sanità, del supporto alle persone in difficoltà, allora il modello europeo è superiore a ogni altro modello. Non esiste Usa o Cina, non esiste India o Brasile. Siamo noi ad aver indicato agli altri come rispettare i cittadini. Non dobbiamo scimmiottare le Agenzie di Rating esistenti: semplicemente facciamo altro. Utilizziamo altri parametri per valutare la convenienza di un investimento o di una scelta politica. Una volta stabilito questo elenco dei Beni Comuni Europei, allora dichiariamo questi beni come “invendibili” e non privatizzabili e troviamo un modo per tornare a gestirli. Oltre alle risorse naturali (acqua, aria, ecc..) dobbiamo includere quelle che potremo definire come “risorse sociali” (scuole, ospedali, trasporti, ecc..). Un meccanismo potrebbe essere quello di costituire una società pubblica europea, che possa avere come azionisti esclusivamente Stati Membri e cittadini europei. A questa società dovrebbe essere demandata la gestione dei Beni Comuni Europei.

In questo modo il cittadino che volesse investire i suoi risparmi o che volesse partecipare alla rinascita dell’Europa, potrebbe investire i propri soldi non solo negli Euro-Bond (che rimarrebbero strumenti esclusivamente finanziari) ma anche sulle Euro-Shares (che sarebbe azioni di una società che opera in prima persona nell’economia reale). Si tratta di un modello evoluto di quello che accade nel mondo delle Concessioni Pubbliche o delle Cooperative. Modelli che entrambi appartengono alla nostra storia e che hanno caratterizzato le fasi di crescita dei nostri paesi. Modelli che sono intrinsecamente basati sul tentativo di massimizzare la redistribuzione dei vantaggi. Iniziamo!
http://www.terranews.it/news/2011/10/ripartiamo-dai-beni-comuni

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