sabato 29 marzo 2008

per favore aiutate i tibetani

Chi vuole aiutare i tibetani può mandare una mail all'ONU con il testo
Free Tibet. Stop to the China Olympic Games

Per farlo si può andare all'indirizzo
http://www2.beppegrillo.it/iniziative/free_tibet.php

Grazie
Giorgio Libralato

www.repubblica.it
Da New Delhi un accorato appello alla comunità internazionale
La guida spirituale parla di nuovo delle sue possibili dimissioni
Appello del Dalai Lama al mondo:
"Per favore, aiutate i tibetani"
di DANIELE MASTROGIACOMO


Il Dalai Lama a New Delhi
NEW DELHI - "Per favore, aiutate il mio popolo a risolvere la crisi del Tibet. Per favore, abbiamo bisogno dell'aiuto di tutto il mondo". In ginocchio, le mani giunte sopra la testa, con la voce spezzata dalla tensione e dal dolore, la guida spirituale del buddismo lancia un nuovo, accorato appello alla comunità internazionale. La scena è drammatica e le parole del Dalai Lama rendono l'atmosfera ancora più densa di emozioni.

Avviene di mattina presto, qui a Delhi, davanti a migliaia di persone, di ogni fede religiosa, radunate per commemorare i 60 anni dall'assassinio del Mahatma Gandhi, l'uomo della non-violenza, il leader politico che ispirò, con la sua pratica, l'attuale capo della chiesa buddista. Circondato da rappresentanti indù, musulmani, sikh e jain e da centinaia di tibetani, il Dalai Lama si dedica prima a una lunga preghiera in ricordo del padre dell'indipendenza indiana, ucciso nel 1948. Poi, dentro il mausoleo che sorge sul luogo dove Gandhi è stato cremato, lancia il suo ultimo, disperato appello: "Non abbiamo altro potere se non la giustizia, la verità, la sincerità. E' per questo che chiedo alla comunità internazionale di aiutarci. Sono qui, impotente, posso solo pregare. Il mondo può intervenire, fare qualcosa, ottenere verità e giustizia".

Parole semplici ma forti che riescono a scuotere la grande folla di religiosi, sostenitori, tibetani in esilio. Moltissimi pregano; altri pronunciano, sottovoce, in un brusio crescente, frasi e nenie che rimbombano tra le mura del masuoleo. La tensione è forte. Come l'emozione. C'è qualcuno che piange, in silenzio.

La mente viaggia verso nord, a Dharamsala, il piccolo villaggio indiano dove dal 1958 viene opsitato il governo tibetano in esilio. E poi ancora più a nord-est, dietro le cime imponenti dell'Himalaya, a Lhasa. Si pensa a quanto è accaduto, alle proteste esplose improvvise due settimane fa, ai morti, agli scomparsi, ai monaci inseguiti e bastonati, a quelli rinchiusi da 15 giorni nei monasteri, isolati dal resto del mondo, circondati dalle squadre speciali antisommossa della polizia della Repubblica popolare cinese.

Il gruppo di 26 giornalisti, selezionati tra i corrispondenti stranieri a Pechino, è già rientrati dalla visita di tre giorni organizzata dal governo cinese. La delegazione di 15 rappresentanti diplomatici di altrettanti paesi, autorizzata a recarsi in Tibet, avrà 48 ore di tempo per cercare di capire gli effetti della sommossa e della repressione, durissima, scattata l'11 marzo scorso. Pechino non sembra disposta a cedere: respinge in blocco gli appelli al dialogo e al confronto più volte lanciati dal Dalai Lama. Lo considera la mente della rivolta e lo bolla come un bandito che punta a boicottare i Giochi olimpici di agosto.

Ma le autorità di Pechino mettono in campo anche gesti distensivi. Il classico pugno di ferro in guanto di velluto. Il vicepresidente cinese delle regione autonoma del Tibet, Baema Chilain, ha assicurato che i 30 monaci che si erano rivolti alla delegezione di giornalisti denunciando i soprusi cui erano stati sottoposti dalla polizia cinese non saranno puniti. Ma pochi credono agli impegni ufficiali e temono che la situazione sia gravissima e che la repressione possa accanirsi con più forza su chiunque sia sospettato di aver partecipato alle proteste. Alla delegazione diplomatica è stato vietato di incontrarli.

Il Dalai Lama parla anche del suo futuro e non esclude di potersi presto ritirare. "Credo che nel giro di breve tempo", annuncia durante una conferenza stampa, "rassegnerò completamemte le dimissioni dalla mia carica. lo farò in modo volontario e sereno. Del resto", aggiunge con la sua consueta ironia, "sono già mezzo pensionato. Vorrà dire che consacrerò più tempo alla preparazione della mia prossima vita".

(29 marzo 2008)

Nessun commento:

Posta un commento