lunedì 23 gennaio 2023

Il Fatto di domani. Giustizia, Berlusconi blinda Nordio. La nostra petizione verso le 140 mila firme. Al Fatto parla Nicola Gratteri. Gas, il piano Mattei di Meloni è inattuabile e pericoloso

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Leggi le anticipazioni del Fatto di domani

GIUSTIZIA, BERLUSCONI BLINDA NORDIO. INTERVISTA AL PM NICOLA GRATTERI. 137 MILA FIRME PER LE DIMISSIONI DEL GUARDASIGILLI. L’uomo di Arcore difende a spada tratta Carlo Nordio. In un video su Facebook, Silvio si schiera al fianco del ministro “liberale e garantista, con una cultura profondamente affine alla nostra”. Del resto, è circa 20 anni che si batte contro le intercettazioni. Il Guardasigilli nei giorni seguenti l’arresto di Messina Denaro ha attaccato duramente i pm antimafia, rei di “vedere i clan dappertutto”. Oggi Silvio ha rispolverato il tormentone delle toghe rosse additando come magistrati politicizzati gli ex pm antimafia eletti nelle file dei 5 Stelle, Roberto Scarpinato e Federico Cafiero De Raho. Poi B. ha chiamato in causa l’opposizione: la linea garantista troverebbe “consenso oltre il perimetro della maggioranza”. A chi allude? Calenda smorza ogni mistero: le idee del Guardasigilli “coincidono con le nostre”. Sul Fatto di domani vi racconteremo il ritorno sugli scudi di Berlusconi e la sua battaglia sulla Giustizia. Mentre Salvini prende le distanze dal ministro, Meloni lo tiene a freno ribadendo “ottimi rapporti”. In settimana è previsto un incontro tra la premier e il Guardasigilli per definire il calendario delle iniziative della riforma dell’ordinamento, che il centrodestra rivendica come parte del programma. Nemmeno Fdi usa i guanti di velluto con toghe e stampa: il sottosegretario Andrea Delmastro ha auspicato la separazione delle carriere e un giro di vite sui giornali per difendere la privacy. A salire sulle barricate è il M5s. Giuseppe Conte non ha escluso una mozione di sfiducia per Nordio. Sul Fatto di domani ospiteremo un’intervista al procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, sullo stato della Giustizia e vi racconteremo la giornata tra i mercati romani del leader Cinque stelle – con la candidata nel Lazio Donatella Bianchi – con le prossime tappe del Movimento. Intanto, la campagna del Fatto per le dimissioni del Guardasigilli ha raccolto quasi 140 mila firme.


GAS, MELONI CHIEDE IL PIENO ALL’ALGERIA (E SOGNA MATTEI): TUTTI I RISCHI DEL PIANO. BENZINAI, SCIOPERO AL VIA DOMANI. Per fare il pieno di gas Giorgia Meloni è volata in Algeria, in visita al presidente Abdelmadjid Tebboune con l’ad di Eni Claudio De Scalzi. L’inverno mite e il calo della domanda hanno contribuito al ribasso del prezzo sul mercato Ttf di Amsterdam, ma sostituire il metano di Mosca richiede anni. Oggi il prezzo è intorno ai 60 euro per megawattora: molto meno dei 180 euro previsti per l’innesco del tetto Ue; ma quasi il triplo dei valori fino al 2020. Lo scopo della premier e del colosso energetico italiano è sostituire i 30 miliardi di metri cubi di gas importati da Mosca ogni anno. Secondo De Scalzi, l’obiettivo potrebbe essere raggiunto nell’inverno 2025. L’anno passato dall’Algeria sono arrivati 25 miliardi di metri cubi, ma la capienza del gasdotto Transmed consentirebbe di ampliare il flusso di una decina di miliardi. Secondo Meloni l’Algeria è un partner “affidabile”: di sicuro per l’Italia è il primo fornitore di gas. La premier, col cosiddetto Piano Mattei, punta a stringere accordi energetici con i paesi del Nord Africa come Egitto, Nigeria, Angola, Congo, Mozambico e parla di hub energetico del Mediterraneo, dopo lo stop alle forniture Russe. Sul Fatto di domani – numeri alla mano – vi racconteremo perché i progetti di Meloni e De Scalzi rischiano di rivelarsi un fallimento. Oppure, di sostituire la dipendenza da Putin con un guinzaglio dal Nord Africa. Intanto, domani alle 19 (alle 22 sulle autostrade) parte lo sciopero dei benzinai: a nulla sono serviti gli incontri dei giorni scorsi a Palazzo Chigi per scongiurare la chiusura. I distributori riapriranno il 26, ma Assoutenti richiama all’ordine gli addetti al carburante per via del maltempo: “I prefetti di tutta Italia devono intervenire per precettare i benzinai e costringere i distributori a rimanere aperti”.


MESSINA DENARO, UNA DONNA FISSA NELLA VITA DEL BOSS? ARRESTATO IL “VERO” BONAFEDE. C’è anche una donna nel reticolo dell’indagine sull’ultimo periodo di latitanza di Matteo Messina Denaro. Nel primo appartamento di Vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, sono stati trovati diversi abiti femminili: segno, secondo gli inquirenti, che il boss aveva una relazione stabile. Adesso si cerca di risalire alla sua identità. Mentre il paese in provincia di Trapani continua a essere setacciato da carabinieri e polizia: secondo le indagini Messina Denaro vivrebbe lì da almeno 3 anni, si cercano altri possibili bunker e si indaga anche sull’automobile, l’Alfa giulietta ritrovata in un parcheggio di proprietà del figlio di Giovanni Luppino, l’autista arrestato lunedì scorso a Palermo insieme al boss. Il venditore ha confermato che la macchina, intestata al prestanome Andrea Bonafede, è stata comprata direttamente da Messina Denaro con un metodo di pagamento definito “tracciato”. Anche il figlio di Luppino è stato interrogato e potrebbe finire nel registro degli indagati. Mentre è stato arrestato il prestanome Andrea Bonafede. Sono emersi nuovi particolari sui rapporti tra il medico di base Alfonso Tumbarello e Messina Denaro. Nell’inchiesta di Report in onda questa sera, che abbiamo anticipato sul Fatto di oggi, viene ricostruito il ruolo del medico massone come mediatore di un contatto tra il boss e l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino (deceduto), reclutato dal Sisde diretto allora da Mario Mori con l’obiettivo di stanare il grande latitante. I due si scambiarono varie lettere e note confidenziali sotto mentite spoglie: Messina Denaro si presentava come Alessio e a Vaccarino come Svetonio. Sul Fatto di domani i nostri aggiornamenti sulle indagini.


I CARRI ARMATI, MEZZA APERTURA TEDESCA, MA KIEV VUOLE DI PIÙ: “CE NE SERVONO 100 , NON 20”. Varsavia chiederà a Berlino l’autorizzazione a inviare i suoi Leopard all’Ucraina. Potrebbe finire così la partita politico-militare che va avanti da settimane. L’annuncio fa seguito alle dichiarazioni della ministra degli Esteri tedesca, la verde Annalena Baerbock, che scavalcando il cancelliere Scholz ha garantito che Berlino non si sarebbe opposto nel caso altri Paesi avessero deciso di spedire i loro Leopard a Kiev (per gli accordi di fornitura, l’ultima parola sull’impiego spetta al Paese produttore). La Germania ha all’attivo circa 350 tank, e altri 2000 sono negli arsenali di altri 13 Paesi europei (molti non operativi), ma il numero di pezzi per Kiev non supererebbe la trentina. Anche per questo il capo dell’ufficio di presidenza ucraino Andriy Yermak ha alzato la posta, oggi: “Kiev ha bisogno di diverse centinaia di carri armati per vincere, non di 10-20”. Nell’Ue gli orientamenti sono disparati. Oggi però l’Ungheria ha ritirato il veto sulla nuova tranche di aiuti militari a Kiev, da 500 milioni. L’Estonia ha promesso di cedere all’Ucraina tutti gli obici da 155 mm di cui dispone: ne è scaturita una rottura diplomatica con Mosca (che è tornata a minacciare l’Occidente sull’estensione del conflitto a ovest). Sul Fatto di domani approfondiremo la questione con un’intervista al generale Bertolini, che illustrerà l’impatto reale dei carri tedeschi sugli equilibri della guerra. Per Bertolini, l’invio di carri armati rischia di essere un ulteriore passo verso il coinvolgimento occidentale nel conflitto: “Credo che se tra qualche mese ci chiederanno di mandare anche unità di terra cominceremmo ad affrontare il problema”. La Camera dei deputati ha iniziato la discussione del sesto pacchetto militare per l’Ucraina, già approvato al Senato. Il via libera è previsto giovedì.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Priore indagato per aver sottratto 4 milioni alla Chiesa. Negli anni 70 una nobildonna aveva lasciato alla parrocchia di San Pietro a Modena un’eredità destinata alla Chiesa e alla beneficenza per i poveri. Oggi questi beni sono al centro di un’inchiesta che vede indagati il priore benedettino e 4 professionisti per appropriazione indebita, riciclaggio ed autoriciclaggio.

Reggio Emilia, vincono i lavoratori. L’intesa, dopo 6 giorni di sciopero prevede la stabilizzazione a tempo indeterminato di tutti e 15 i lavoratori precari del magazzino Coop Alleanza 3.0.

Biden cambia il capo staff. Secondo il New York Times le dimissioni dell’attuale capo dello staff del presidente americano, Ron Klain, arriveranno il prossimo 7 febbraio. Al suo posto è atteso Jeff Zients, ex funzionario che ha coordinato il piano Usa contro la pandemia di Covid. La notizia arriva a pochi giorni di distanza dal ritrovamento di ulteriori carte, di cui 6 classificate, all’interno della casa di Biden in Delaware. Sul Fatto di domani un ritratto del figlio del presidente americano, Hunter Biden, anch’egli indagato e accusato di aver avuto accesso ai documenti.

60 opere d’arte trafugate tornano in Italia. I reperti archeologici, dal valore stimato di 20 milioni, sono stati rimpatriati dagli Usa dove erano stati commercializzati da trafficanti di opere d’arte internazionali. Tra gli oggetti recuperati c’è un affresco pompeiano proveniente da scavi clandestini in area vesuviana: l’Ercole fanciullo con serpente, risalente al I secolo d.C.

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