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GLI ELETTI IMPRESENTABILI. Imputati e condannati affolleranno anche in questa legislatura Camera e Senato. Prima del voto avevamo stilato l’elenco dei candidati impresentabili. Sul Fatto di domani faremo i nomi degli eletti malgrado i guai con la giustizia, con la classifica dei partiti con più inquisiti. Primo della lista Silvio Berlusconi, secondo alcuni in lizza per la presidenza del Senato. Del resto, le liste del centrodestra erano colme della vecchia guardia dell’era berlusconiana. Forza Italia annovera anche Claudio Lotito e Michela Brambilla. Ma neppure il partito di Giorgia Meloni è immune dal virus degli impresentabili. Malgrado il taglio dei seggi parlamentari da (945 a 600) la quota di condannati e imputati è addirittura salita.
SALVINI TRATTA LA SUA POLTRONA. PD-5S, TRE SCENARI MANCATI PER BATTERE LA DESTRA. Contrordine, Umberto Bossi è ancora senatore. I dati finali del Viminale (3 giorni dopo il voto) hanno smentito i calcoli circolati ieri. Sempre in tema di ritrattazioni, Giorgia Meloni ha smentito due quotidiani nazionali che le attribuivano l’intenzione di escludere Matteo Salvini dai dicasteri chiave. I due azionisti di centrodestra si sono incontrati per definire i contorni della squadra di governo, ma hanno lasciato Montecitorio senza parlare ai cronisti. Prima del colloquio il segretario della Lega aveva mandato un “pizzino” su Twitter: “Ci vuole qualcuno che torni a difendere e proteggere confini, leggi, forze dell’ordine e sicurezza in Italia. Qualche idea ce l’abbiamo”. Non è un mistero che il Capitano ambisca al ministero degli Interni, dove toccò le vette del consenso ai tempi gialloverdi. Un’altra smentita è arrivata da Mario Draghi, che nega di avere preso l’impegno di “garantire” per Meloni con l’Ue. Intanto oggi il Consiglio dei Ministri del governo uscente ha approvato la Nadef, il primo passo verso la legge di bilancio che dovrà essere ratificata dal nuovo esecutivo. Intanto, oltre al ruolo di Salvini, la Lega preme per portare Giulia Bongiorno al ministero della Giustizia, dove ci sono altri candidati. Si fa, inoltre, il nome di Elisabetta Belloni al ministero degli Esteri. Sul Fatto di domani cercheremo di capire le intenzioni della premier in pectore e quali spostamenti degli assetti di potere comporteranno. Inoltre, torneremo sulla questione delle alleanze elettorali mancate a sinistra. Dopo aver calcolato oggi che Pd e M5S uniti avrebbero strappato almeno 20 collegi in più alla destra, analizzeremo tre scenari di possibili alleanze che avrebbero evitato il trionfo del trio Meloni, B. e Salvini.
“NON TOCCATE IL REDDITO DI CITTADINANZA”, PAROLA DI UE. La prossima manovra di bilancio potrebbe essere il banco di prova per misurare le vere intenzioni di Meloni e del centrodestra rispetto al Reddito di cittadinanza. Solo che, mentre in Italia si pensa a come abolirlo o restringerlo, dall’Europa arriva la spinta opposta. La Commissione Ue, infatti, ha presentato oggi delle raccomandazioni agli Stati membri in cui invita a modernizzare e ampliare i programmi di reddito minimo entro il 2030. I tecnici europei ritengono infatti che queste misure siano fondamentali durante le recessioni economiche, come quella che ci apprestiamo a vivere a causa della crisi energetica. Il commissario per l’Occupazione e i diritti sociali Nicolas Schmit, rispondendo a una domanda sull’Italia, ha ammonito che abolire il reddito “vorrebbe dire lasciare tutti coloro che non hanno accesso al momento al mercato del lavoro in una situazione di povertà e privazione assoluta. Se pensiamo che queste persone si precipitino subito dopo a lavorare, credo che non funzioni così”. Poche ore dopo, Ursula von der Leyen presentava l’ottavo pacchetto di sanzioni alla Russia, stimando che costeranno a Mosca 7,5 miliardi. Il piano prevede un tetto parziale al prezzo del petrolio. Ci sono però 15 Paesi, tra cui l’Italia, che stanno facendo pressione per introdurre anche un tetto generalizzato al prezzo del gas. Se avranno successo si vedrà venerdì, alla riunione straordinaria dei ministri dell’Energia. Contemporaneamente, l’Ungheria di Orbán ha annunciato un referendum nel Paese sulle sanzioni alla Russia. E il prezzo del gas continua a crescere ad Amsterdam: 201 euro il megawattora.
UCRAINA, L’ESCALATION DELLE ARMI. MA MOSCA RITARDA L’ANNESSIONE DEL DONBASS. Mentre la Danimarca avvisa che serviranno un paio di settimane per ispezionare il gasdotto Nord Stream e capire l’origine delle esplosioni di ieri, i servizi segreti tedeschi affermano che il sabotaggio potrebbe aver reso inutilizzabile per sempre la linea. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà venerdì per parlarne. Intanto però Mosca sembra prendere tempo sulla proclamazione dell’indipendenza delle repubbliche del Donbass, dopo il referendum considerato una farsa da tutti i Paesi occidentali (l’annuncio della vittoria del sì è arrivato prima della chiusura dei seggi). Vedremo sul Fatto di domani il perché di questo ritardo e le possibilità che apre per un negoziato. Se i territori ucraini occupati dovessero essere annessi, infatti, per loro scatterebbe la cosiddetta dottrina militare russa che prevede l’uso del nucleare tattico in caso di minaccia grave. Fa discutere la scoperta che il Cremlino negli ultimi anni abbia acquistato con urgenza e con grande dispendio di risorse i componenti chimici per produrre i farmaci anti-radiazioni. Stati Uniti, Bulgaria e Polonia hanno esortato i loro cittadini a lasciare urgentemente il Paese. Vedremo però che anche dal lato occidentale gli Stati Uniti spingono per incrementare l’invio di armi a Kiev in risposta all’annessione del Donbass e altri territori. Washington prepara un nuovo pacchetto da 1,1 miliardi di dollari. Mentre ieri a Bruxelles si è svolta una riunione speciale dei membri della Nato per discutere i modi per rifornire le scorte di armi, scese sotto i livelli di guardia per via delle forniture a Kiev. La risposta sarà comprarne di più.
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