Inaugurata a Castel dell'Ovo la mostra “One Planet One Future” (fino al 20 settembre) sul rischio estinzione del Pianeta. Intanto, a un anno di distanza dalle fiamme che hanno bruciato 900 ettari di foresta del Vesuvio, c'è ancora un'atmosfera da day after
Amianto, pneumautici e scorie, il Vesuvio è una discarica a cielo aperto. E l’incendio dolosissimo dell’anno scorso, quando per giorni e giorni il Vesuvio fu ammantato da fuoco e fiamme, portò tutto alla luce del sole. Fu una strage anche di flora e fauna, compreso un milione di api. Ci sono ritornata qualche settimana fa, ancora alberi inceneriti che sembrano sculture di Anselm Kiefer, piante di cactus annichilite, crepe lungo le pendici che sono voragini.
Atmosfera da day a...
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Amianto, pneumautici e scorie, il Vesuvio è una discarica a cielo aperto. E l’incendio dolosissimo dell’anno scorso, quando per giorni e giorni il Vesuvio fu ammantato da fuoco e fiamme, portò tutto alla luce del sole. Fu una strage anche di flora e fauna, compreso un milione di api. Ci sono ritornata qualche settimana fa, ancora alberi inceneriti che sembrano sculture di Anselm Kiefer, piante di cactus annichilite, crepe lungo le pendici che sono voragini.
Atmosfera da day after. Sembrava che fosse appena caduta una bomba. Ho accampagnato Anne De Carbuccia, artista franco-americana e antropologa. Ha viaggiato nei luoghi più estremi della terra per documentare animali e culture in via d’estinzione. Anche il nostro bel pianeta è a rischio estinzione. Da qui il nome “One Planet One Future” della mostra inaugurata a Castel dell’Ovo (fino al 20 settembre). Dietro le grate delle vecchie prigioni borbonichela magnificenza dei posti più remoti, dall’Antartide al Himalaya, sembra come imprigionata. E che urli vendetta. “Non poteva scegliere luogo più adatto, la bellezza abbagliante del castello in mezzo al mare e la penombra misteriosa, suggestiva, inquietante dell’antro scavato nella roccia”, ha detto Nino Daniele, illuminato assessore alla Cultura del Comune di Napoli.
Anne e il Vesuvio, un colpo di fulmine, e l’amore appena sbocciato ha prodotto click di denuncia. La prima cosa che colpisce inerpicandoci per il Vesuvio è il silenzio spettrale. Non si sente un solo cinquettare. “ Sono morti centinaia di uccelli, passeri, corvi e upupa”, denuncia Nicola Liguoro che insieme a un gruppo di volontari ha appena creato una “Rete a difesa del Vesuvio”. Sono in stato d’allerta, fanno ronde serali per controllare che non si brucino i rifiuti. E continuano a fare esposti per piazzare telecamere di sorveglianza. Luca Capasso, sindaco di Ottaviano, presidente della Comunità del Parco che riunisce i sindaci della zona, è riuscito a ottenere due presidi di vigili del fuoco 24 ore su 24. Troppo pochi. Si continua a sotterrare rifiuti tossiciprovenienti dalle fabbriche tessili della zona. O a dargli fuoco. E l’amianto, come reperto di archeologia industriale, sta ancora lì. Si chiede Nicola, quando comincerà la bonifica del territorio? E mentre scrivo ricevo su Whatsapp foto dell’amianto gettato in logori sacchetti della spazzatura.
Intanto i dati dell’incendio dell’anno scorso sono agghiaccianti. Un milione di pini inceneriti, 900 ettari annientati. Ci vorranno almeno 30 anni perché il Vesuvio torni ad avere la foresta andata in fumo. Lacrime agli occhi. Lacrime di rabbia. Per Anne non c’è più tempo. E anche le parole di Erri De Luca sono un pugno nello stomaco. Il Vesuvio non è una montagna, è una camera di scoppio. “Chi scherza col suo fuoco bruciandone le rampe, sarà scaraventato nell’inferno. Non possediamo Canadair per spegnere gli incendi. In compenso abbiamo comprato altri caccia F35 per ‘difenderci’, per bombardare dall’alto gli incendi”.
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