tratto da Doc. XXIII N. 32 COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
- La questione degli illeciti ambientali nel Basso Lazio
- 7.1 La discarica di Borgo Montello
La discarica di Borgo Montello è
considerata la quarta in Italia per estensione e per volume di
rifiuti abbancati. La data d’inizio delle attività di smaltimento
è il 1971 (o poco dopo, secondo altre fonti). Oggi occupa un’area
di circa 50 ettari, divisi tra due società, la Ind.Eco S.r.l.,
riconducibile al gruppo Green Holding di Milano e la Ecoambiente
S.r.l., con quote divise tra Latina Ambiente (gestore del servizio di
raccolta del comune di Latina, partecipata al 51 per cento dall’ente
locale e al 49 per cento da società riconducibile alla famiglia
Colucci) e società della holding Cerroni.
La storia della discarica è
complessa e, per molti aspetti, ancora nebulosa. Nelle passate
legislature la Commissione si è occupata di diversi aspetti relativi
alla gestione degli invasi, senza, peraltro, mai svolgere inchieste
dirette.
Sulla discarica di Borgo Montello
aleggia da anni il sospetto di un utilizzo illecito per lo
sversamento di rifiuti industriali pericolosi, sotto forma di fusti o
di fanghi. Tantissime le testimonianze apparse negli anni scorsi
sulla stampa, locale e nazionale. Lo stesso collaboratore di
giustizia Carmine Schiavone ha parlato di collegamenti tra il clan
dei Casalesi e la discarica di Latina, indicando – nel 1996 a
sommarie informazioni e poi, poco prima della sua morte, in
interviste a diverse testate giornalistiche – nomi e circostanze
riconducibili a sversamenti illeciti di rifiuti nell’area della
discarica.
Oggi la discarica è ferma, per
l’esaurimento delle volumetrie (fino ad oggi sono stati sversati
negli anni più di 6 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani,
secondo stime conservative). In un caso, l’area gestita dalla
Ind.Eco, il sito è stato sottoposto a sequestro preventivo da parte
dell’autorità giudiziaria; l’altro gestore, Ecoambiente, ha
operato ed opera su terreni confiscati dalla sezione misure di
prevenzione del tribunale di Roma, nell’ambito di un procedimento
penale nei confronti dell’imprenditore De Pierro, accusato di
riciclaggio. Una situazione complessa, che si è sviluppata su
un’area compromessa dal punto di vista ambientale, come documentato
dagli studi ARPA e ISPRA.
La questione dello sversamento di
rifiuti pericolosi nel passato ha creato e continua a creare un forte
allarme sociale. E’ evidente che la presenza nel sottosuolo di
rifiuti pericolosi allo stato sconosciuti, oltre ad essere un
indicatore importante di criticità gestionali nel passato (anni ‘80
e ‘90), è un elemento molto importante per la ricostruzione
puntuale della criminalità ambientale nella regione Lazio. Accanto a
questo elemento non può essere trascurata la ormai consolidata
conoscenza delle infiltrazioni della criminalità organizzata nella
zona di Latina, che si intreccia inevitabilmente con il business
ambientale.
La Commissione ha, dunque, deciso di
concentrare l’approfondimento su questo versante, puntando a
fornire al Parlamento elementi oggettivi rispetto al traffico
illecito di rifiuti pericolosi nell’area di Borgo Montello, anche
in connessione con organizzazioni criminali.
- Anticipando quanto si dirà oltre in dettaglio, il primo elemento di rilievo riguarda la presenza di rifiuti industriali – anche pericolosi – nell'area di Borgo Montello. Questo elemento ha una importanza chiave anche, e soprattutto, nella fase di bonifica del sito. Dalla documentazione ufficiale raccolta nel corso dell'inchiesta parlamentare non sono emersi approfondimenti istituzionali in questo senso. La regione Lazio, interpellata sul punto, non ha fornito elementi conoscitivi, evidenziando una lacuna istruttoria.
Dalle
indagini e acquisizioni della Commissione risulta che nell'area di
Borgo Montello sono stati stoccati – extra
ordinem
e, in alcuni casi, illegalmente – rifiuti speciali pericolosi, tra
la fine degli anni '80 e i primi anni '90. Questo elemento
conoscitivo, che ha visto un importante sforzo investigativo da parte
della commissione, conferma quanto da sempre sostenuto dalla
popolazione locale, allarmata da voci, confidenze e notizie
giornalistiche.
Vi
è stato un conferimento di rifiuti pericolosi di origine industriale
nell'area denominata 2B, come accertato nel corso del processo di
primo grado nei confronti di Adriano Musso, amministratore della
società Ecotecna, gestore dell'epoca dell'invaso. In questo caso è
possibile anche individuare almeno una parte della tipologia di
rifiuti sversati, grazie alla consulenza tecnica svolta nel corso di
quelle indagini. Si tratta di un caso particolarmente significativo e
grave, anche dal punto di vista ambientale. La zona dello
sversamento, infatti, era già stata definita all'epoca come non
idonea dal punto di vista geologico per la realizzazione di una
discarica per rifiuti pericolosi (secondo la normativa dell'epoca, il
decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982). La regione
Lazio, attraverso una semplice ordinanza, permise lo stoccaggio dei
rifiuti industriali, indicando il sito come “temporaneo”. Non vi
è agli atti nessun elemento che possa indicare il successivo
trasporto di quei rifiuti in altro luogo. Anzi, le motivazioni della
citata sentenza indicano il contrario. La successiva sentenza di
appello ha poi revocato l'ordine di bonifica e ripristino dei luoghi
che i giudici di primo grado avevano imposto seguendo il dettato
della legge. Nessun elemento che possa far immaginare un successivo
intervento di bonifica è stato presentato alla commissione o
ritrovato nella copiosa documentazione acquisita. Si deve, dunque,
dedurre che quei rifiuti pericolosi di origine industriale siano
ancora interrati nel primo strato dell'invaso “2B” (area gestita
attualmente dalla società Indeco), poi ricoperta negli anni da altre
discariche per rifiuti solidi urbani. Questo elemento dovrebbe essere accuratamente
analizzato per capire quale impatto sulle matrici ambientali vi possa
essere, considerando anche il tempo trascorso e la già grave
situazione della sottostante falda acquifera.
Vi
sono poi tanti elementi – concordanti tra di loro – che portano a
ritenere altamente probabile – se non sicura – la presenza di
rifiuti industriali anche nella zona della discarica a cavallo tra
gli invasi S3-S1 (area attualmente gestita, in post mortem, dalla
società Ecoambiente). In questo caso le testimonianze raccolte dalla
commissione nel corso delle indagini forniscono elementi concordanti
con quanto ricostruito dalla pregevole inchiesta della squadra mobile
di Latina nel 2013. Uno dei testimoni ascoltati a sommarie
informazioni dalla Commissione ha lavorato per lungo periodo
all'interno della discarica (tra la fine degli anni '80 e l'inizio
degli anni '90) e, dunque, è stato protagonista diretto dei fatti
narrati. Questo stesso testimone lavora ancora oggi nel settore dei
rifiuti speciali ed è in possesso delle certificazioni necessarie
per operare nel campo. Ha, dunque, il necessario know-how
per poter fornire informazioni precise. Secondo la sua testimonianza
durante il periodo di gestione della discarica da parte della società
Pro.Chi arrivavano in media 300-400 fusti al mese. Si può, dunque,
facilmente stimare in diverse migliaia i fusti di rifiuti industriali
probabilmente interrati in quell'area.
Anche
in questo caso l'impatto ambientale potrebbe essere di rilievo.
L'area indicata dai testimoni si trova all'interno della zona
utilizzata fin dal 2000 dalla societa Ecoambiente per lo smaltimento
di rifiuti solidi urbani. Nel 1998 la società aveva presentato un
progetto di messa in sicurezza che escludeva la presenza di rifiuti
pericolosi, realizzando un sistema di barramento idraulico con un
polder.
Tale soluzione, però, è stata ritenuta non idonea da due perizie
disposte dalla procura e dal Gup del tribunale di Latina, che hanno
deciso di rinviare a giudizio gli amministratori della società, oggi
imputati per avvelenamento delle acque. La presenza di rifiuti
industriali in quantità significativa – come indicato dai
testimoni – potrebbe rappresentare un ulteriore aggravamento della
situazione, giù grave, della sottostante falda acquifera. In ogni
caso questo elemento deve essere preso in considerazione nell'ambito
della bonifica dell'area.
Per
quanto riguarda la presenza criminale nell'area, di particolare
rilievo è la figura di Michele Coppola, soggetto già indicato nel
1996 dal collaboratore di giustizia del clan dei casalesi Carmine
Schiavone come contiguo al gruppo criminale di Casal di Principe.
Coppola fin dal 1988-1989 ha vissuto a ridosso della discarica di
Borgo Montello. Parte delle proprietà a lui affidate dal clan –
secondo quanto ricostruito dallo Schiavone – sono poi state vendute
ad uno dei gestori della discarica, la società Indeco. Coppola
poteva disporre di diverse armi, come verificato dalla Commissione.
Nel dicembre del 1995 venne arrestato nell'ambito del procedimento
penale contro il clan Schiavone (processo “Spartacus”); sentenze
successive, relative ad altri procedimenti, passate in giudicato,
hanno dimostrato la sua appartenenza al clan.
Nel
corso dell'inchiesta condotta da questa Commissione sul sito di Borgo
Montello sono emersi dettagli significativi rispetto ai contatti
stretti tra Coppola e lavoratori della discarica (uno dei testimoni
ha raccontato di essere andato a Casal diPrincipe,
dove avrebbe incontrato anche Carmine Schiavone, prima dell'inizio
della sua collaborazione, quando, dunque, era pienamente operativo
all'interno del clan, in posizione apicale), alcune testimonianze de
relato hanno poi indicato punti di contatto tra Coppola ed esponenti
politici e delle forze di polizia locali, che destano preoccupazione.
La Commissione ha proceduto a
diverse audizioni, i cui contenuti hanno orientato le successive
attività. Il 16 marzo 2016 è stato audito Giorgio Libralato,
consulente tecnico delle famiglie di Borgo Montello, accompagnato dai
rappresentanti dei Comitati riuniti dei borghi Montello e Bainsizza1.
L’audizione è successiva alla visita della Commissione nella
discarica di Borgo Montello, avvenuta subito dopo la discovery
processuale (con ordinanza di custodia cautelare) della prima
indagine giudiziaria del tribunale di Latina, in epoca recente, sulla
società Indeco, gestore di parte della discarica.
E' stato chiesto all’audito di
presentare le problematiche della discarica, evidenziando il punto di
vista dei cittadini che abitano in prossimità del sito. Giorgio
Libralato, a nome dei cittadini di Borgo Montello, ha ricordato la
presentazione di una petizione al Parlamento europeo, presso il quale
alcuni abitanti dalla zona sono stati auditi nel novembre 2013. La
petizione è tuttora aperta. I rappresentanti dei cittadini sono
stati altresì ascoltati il 26 maggio 2015 dalla Commissione rifiuti
regione Lazio. Era la prima volta che venivano auditi dalla
Commissione parlamentare d’inchiesta.
Giorgio Libralato ha richiamato
alcuni eventi giudiziari poi oggetto di specifico approfondimento da
parte della Commissione:
“Una cosa fondamentale avviene il
29 gennaio 2014: con la solita inchiesta - anche in quel caso, gruppo
De Pierro, Capitolina, Giulia e altre società - viene sequestrata
dal GICO della Guardia di finanza una parte attiva della discarica di
Borgo Montello, ovviamente con atti giudiziari e atti di
conservatoria, ma non succede assolutamente nulla”. Rispetto a
questa azione giudiziaria (sulla quale si ritornerà in seguito) ha
aggiunto: “La proprietà della discarica è della Ecomont e non
della Ecoambiente come falsamente dichiarato dalla regione Lazio
nell'AIA del 2009. Allo stesso modo, è falso uno dei verbali di
rinnovo dell'AIA, che appunto scadeva l'8 aprile 2012, dove si
dichiara che quest'invaso non è stato sequestrato, ma invece, è
stato sequestrato. Sono state fatte tutte le segnalazioni ma non sono
state sufficienti”.
Su un altro delicato punto, ovvero
la ricerca di “fusti tossici” o, più in generale, di tracce di
sversamenti di rifiuti pericolosi in epoca passata, Libralato ha
dichiarato:
“Nell'agosto 2012, iniziano anche
i famosi scavi nell'invaso S0, che non è di nessuno, e quindi spetta
alla comunità. La regione Lazio eroga un finanziamento di circa
700.000 euro per fare questi scavi, viene affidato un appalto di
circa 400.000
1Giorgio
Libralato al termine dell’audizione ha depositato in Commissione
un voluminoso dossier, con diversi allegati, acquisito agli atti
come Doc. n. 1095/1-6euro, ma gli scavi vengono
effettuati solo parzialmente [...] La ragione di questi scavi ha
origine dalla dichiarazione di Carmine Schiavone che nella discarica
di Borgo Montello erano stati conferiti dei fusti tossici. Uno studio
dell'ENEA del 1995 certificava che nella S0, in una delle tante
vasche, la prima, la più antica, c'erano queste masse metalliche che
potevano far pensare alla presenza di fusti metallici. Questa massa
metallica è stata poi confermata dalle ricerche dell'INGV, e quindi
sono stati fatti gli scavi. Durante
una conferenza pubblica, il 20 settembre 2012, uno dei direttori dei
lavori, il direttore dell'Istituto nazionale di geofisica e
vulcanologia, ha dichiarato che si sarebbero fatti tutti gli scavi
perché per loro quello che avevano trovato era sufficiente per dire
che quella massa metallica era o del ferro che si trovava nei
copertoni o armature metalliche delle recinzioni dell'epoca”.
Il consulente degli abitanti di
Borgo Montello fa riferimento alla campagna di scavi nel sito più
antico della discarica del 2012: secondo la documentazione acquisita
dalla Commissione, l'esito di quella ricerca fu negativo.
Rispetto a questo punto l’audito
ha aggiunto:
“Il problema è sorto perché
durante gli scavi l'assessore provinciale all'ambiente dell'epoca,
Gerardo Stefanelli, ha dichiarato che non andavano cercati lì i
fusti perché probabilmente erano in altri invasi. Lo stesso ha
dichiarato Carmine Schiavone in diverse interviste, dicendo di aver
visto dove avevano scavato e che non era lì che dovevano cercare i
fusti. Questo è solo uno dei problemi, considerato che è dalle
prime analisi del 2005 che si evidenzia l’inquinamento delle falde
acquifere. L’ARPA ha verificato queste analisi così come i periti
del tribunale di Latina, a cui è seguito a un processo tuttora in
corso con il rinvio a giudizio di tre esponenti dell'epoca di
Ecoambiente, sempre Bruno Landi, Rondoni e Nicola Colucci, che a
vario titolo avevano partecipato alla gestione della discarica. In
particolare, l'ultimo dei periti, il professor Tomaso Munari di
Genova, vicepresidente dell'ordine nazionale dei chimici, ha
certificato quest'inquinamento, ovviamente con analisi di laboratorio
eseguite sul posto, e ha indicato un livello di inquinamento più
alto rispetto a quello certificato per esempio da ARPA Lazio o ISPRA.
In particolare, il professor Munari ha indicato anche che il famoso
progetto che doveva essere fatto di protezione delle falde da parte
di Ecoambiente in realtà non è stato fatto come doveva”.
Dunque, secondo Giorgio Libralato,
le ricerche andrebbero ampliate anche ad altre zone della discarica
(gli invasi sono circa una decina); lo stesso consulente delle
famiglie di Borgo Montello ha poi richiamato la campagna di
monitoraggio della falda acquifera effettuata da ARPA Lazio e la
perizia svolta da Tomaso Munari, nominato dal GUP del tribunale di
Latina. Questi due punti verranno ulteriormente approfonditi in
seguito.
Libralato ha poi fatto notare che
l'ultima analisi dell'ARPA Lazio, risalente al marzo 2013, è stata
resa nota con molta difficoltà solo a novembre 2014. Ha poi aggiunto
che le stesse emissioni odorigene sono state più volte segnalate da
lui stesso, e dai cittadini, con telefonate, lettere, mail
certificate e in tanti altri modi. L'ARPA Lazio ha realizzato un monitoraggio ad hoc sulla discarica
– ha sostenuto Libralato – nell'agosto del 2015, “quando
dall'estate 2015 non avviene praticamente nessun conferimento, tranne
qualche camion che sporadicamente continua ad arrivare in discarica”.
Rispetto alle procedure
autorizzative in corso, l’audito ha sostenuto come per Ecoambiente
vi siano alcune importanti criticità, la prima relativa alla
proprietà e alla disponibilità: “Si sa che se c’è un sequestro
della Guardia di finanza o della magistratura, non si può dichiarare
che è nella disponibilità della società”. Il secondo problema,
ha aggiunto, riguarda la polizza fideiussoria per la società
Ecoambiente. Il terzo problema, infine, “è che – lo prevedeva la
conclusione della procedura AIA del 25 giugno 2014 della regione
Lazio – doveva esserci anche la variante urbanistica del comune di
Latina, essendo stati rilevati problemi urbanistici nel 2012. Si
tratta di un'area con indirizzo rurale, per cui la circostanza era
incompatibile con la normativa urbanistica; è stata fatta una
variante, si è perimetrata l'area, impegnandosi il 28 dicembre 2012
all'unanimità a risarcire i cittadini e a delocalizzarli, e anche a
delimitare, ad esempio ponendo dei vincoli di inedificabilità per
cento metri su confini su cui dovevano essere piantumate delle
essenze, ovviamente per mitigare, l'impatto”.
L’audito si è soffermato sulle
procedure in corso: “Siccome entrambe le società hanno esaurito i
loro volumi, chiedono un sopralzo, quindi l'aumento del conferimento
dei volumi, al di sopra della stessa area sulla quale già avevano
conferito, S8 per Indeco, un nuovo e distinto invaso per Ecoambiente,
quello sequestrato dalla Guardia di finanza. Si sono aperte
nuovamente le procedure AIA e di valutazione d'impatto ambientale”.
Per quanto riguarda l'impatto della
discarica sulle matrici ambientali e, di conseguenza, sulla qualità
della vita degli abitanti della zona, Libralato ha ripercorso lo
stato delle procedure di bonifica: “In seguito a questo
inquinamento, riconosciuto anche da Ecoambiente, hanno fatto un
progetto per quella che loro definiscono bonifica, ma c’è una
differenza tra bonifica e contenimento dell'inquinamento. Questa
cosiddetta bonifica di Ecoambiente, secondo tutti i protocolli,
procedure e accordi di programma, doveva iniziare a marzo 2014, ma
inizierà invece un paio di mesi dopo, perché i cittadini, hanno
iniziato a chiedere conto di quest'avvenuta bonifica, che ovviamente
non era iniziata. Secondo la provincia di Latina e secondo il comune
di Latina, questa bonifica non era in corso”.
Per quanto riguarda più in generale
la gestione dei rifiuti nel comune di Latina, gli incroci societari
tra gestori della raccolta e gestori della discarica e il delicato
tema delle polizze fideiussorie, Libralato ha dichiarato: “Un altro
problema è Latina Ambiente, che è partecipata per il 51 per cento
dal comune di Latina e partecipa per il 51 per cento alla società
Ecoambiente, per la quale, (alla data dell’audizione) è in corso
il fallimento. Latina Ambiente si occupa, per conto del comune di
Latina, del servizio di raccolta dei rifiuti solidi. (Bruno Landi al
momento dell’arresto era contemporaneamente amministratore delegato
di Latina ambiente e di Ecoambiente). Per quanto attiene le
fideiussioni, si sa che girano polizze fideiussorie dalla
Gable false, e la Gable è quella
società che ha fatto la polizza fideiussoria per Ecoambiente, ma
anche per un'altra società che opera più o meno nello stesso
settore nel comune di Latina, la Agri Power, che gestisce una
centrale a biogas. Questa polizza fideiussoria della Gable è stata
rifiutata dal comune di Latina, e quindi l'Agri Power è senza alcuna
polizza fideiussoria perché la precedente era stata emessa da una
società che secondo l’associazione non aveva i titoli, ma che
comunque era fallita subito dopo. Sono quattro anni che non ha
questa polizza fideiussoria. La polizza fideiussoria dalla Gable, per
il comune di Latina non era valida, non aveva una firma autentica,
non vi erano i poteri di chi firma di chiarire che poteva firmare, e
l’allegato è stato mandato due mesi dopo rispetto all'emissione
della polizza. Poi la Gable, ha sede a Vaduz, in Lichtenstein, e per
il comune di Latina non era una garanzia”.
Ci sono pareri dell’ASL secondo
cui i cittadini lì non possono risiedere – hanno poi spiegato i
rappresentati dei comitati e dei cittadini residenti nella zona -
essendo gli insediamenti autorizzati ad una distanza inferiore da
quella prescritta dalla legge regionale del Lazio. Per quanto
riguarda le analisi dell’ARPA, non si è avuta copia perché l'ARPA
Lazio le trasmette all'ISPRA, che poi doveva analizzarle e spiegare
perché c'erano questi inquinanti e qual era il quadro. Sono state
rilevate varie sostanze con valori molto alti, per esempio alcuni
dell'arsenico sono con i valori a circa 300, trenta volte quelli
ammessi per legge. Ci sono ferro, manganese e anche altri inquinanti.
Alla domanda se ci fosse rischio per la popolazione, per le persone
che vivono lì, per l’agricoltura, sulla possibilità di utilizzare
i pozzi, se quest’acqua possa essere usata a scopo igienico ed
alimentare né ISPRA, né ARPA Lazio hanno mai risposto.
Sono stati segnalati casi di decessi
o malattie gravi che sembrano legati all’inquinamento ma non sono
stati eseguiti esami epidemiologici o tossicologici, esame
quest’ultimo che - da quanto afferma Ivan Eotvos rappresentante del
comitato - l’ARPA Lazio non ha fatto nemmeno sulla centrale
nucleare.
Libralato chiarisce su questo punto
dicendo che quest'indagine epidemiologica non è stata chiesta solo
dai cittadini ma anche dall’ASL, ARPA e anche dalla regione Lazio,
al fine di rilasciare qualsiasi autorizzazione, valendo il principio
di precauzione.
Circa le polizze fideiussorie, in
generale, secondo gli auditi ci sono stati una serie di scandali
perché ci sono stati interventi urbanistici, di risanamento che non
potevano essere fatti, proprio perché le polizze non garantivano
nulla, tanto che vi è una fabbrica all'ingresso di Latina che da
dieci anni non può essere bonificata proprio perché la società che
ha emesso la polizza non adempie ai suoi obblighi. Questo è un
problema che si presenta per tutti gli impianti, biogas, biomasse,
turbogas, rifiuti.
Riguardo alle proprietà dei terreni
“intorno agli anni Ottanta, da parte del clan dei Casalesi, tramite
un parente di Carmine Schiavone, Michele Coppola, c’è stato
l'acquisto di questi terreni, inizialmente sembrava per coltivarci,
ma poi CarmineSchiavone spiega l'evoluzione di
come l'organizzazione dei casalesi scoprì che il settore dei rifiuti
era molto più importante e redditizio di quello della droga. Alcune
delle proprietà ex Michele Coppola vengono vendute a qualcuna delle
società, in particolare anche all'Indeco, una delle due società”.
“Sempre per rimanere nell'ambito
della proprietà – prosegue la relazione dei comitati - la società
Capitolina aveva stipulato un contratto d'affitto per il nuovo e
distinto invaso, quello di Ecoambiente, nel 1998, che durava nove
anni rinnovato per altri nove, che quindi con scadenza il 4 agosto
2016”. Secondo il comitato, siccome il ricorso della curatela
fallimentare è del 1994, quindi antecedente al contratto d'affitto,
siccome la curatela fallimentare ha vinto tutti i ricorsi contro
queste società gruppo De Pierro, siccome queste sentenze sono
diventate definitive perché non c’è stato alcun ricorso, siccome
la titolarità della curatela fallimentare Ecomont è antecedente al
contratto d'affitto, quel contratto non vale nulla.
Quanto alle motivazioni per cui il
comitato ha contestato le AIA, i residenti del luogo chiedevano come
facessero a rilasciare l'AIA alla società Ecoambiente: “Intanto,
non aveva la disponibilità dell'area ma in ogni caso, anche ammesso
che ritenessero valido il contratto del 1998, questo scadeva il 4
agosto 2016, per cui qualsiasi AIA poteva essere rilasciata fino a
quando se ne aveva la disponibilità. Anche la società Ecoambiente
ha cercato di costruire un impianto TMB. Siccome entrava nell'area di
vincolo della famosa delibera n. 163
del 28 dicembre 2012, non poteva più essere costruito, e quindi ci
sono stati i pareri contrari del comune di Latina, chiedendo di
spostare il vincolo”.
Per quanto riguarda la provenienza
dei rifiuti, sono stati fotografati i camion: “Provengono da fuori
provincia, anche dalla provincia di Roma”.
“Per quanto per quanto riguarda la
ricerca dei fusti tossici – ha aggiunto Libralato - sono stati
finanziati, come dicevo, per un'analisi condotta dall'ENEA nel 1995,
che aveva verificato solo l'area S0, e c'erano tre masse metalliche
che facevano pensare alla presenza di materiale metallico, e quindi
di fusti tossici. L'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia,
con altre strumentazioni succedutesi poi nel tempo, molto più
precise e sofisticate, ha certificato più o meno nella stessa
conformazione che aveva fatto l'ENEA, quindi con altra
strumentazione, la presenza di queste masse metalliche. Questi scavi,
ad esempio, dovevano essere a profondità di 6-7 metri o con
dimensioni di 30x40 in pianta, ma quando gli scavi sono arrivati a 3
metri e hanno trovato del materiale metallico, hanno sospeso le
ricerche. Come dicevo, il 20 settembre 2012, c’è stata questa
conferenza pubblica con il dottor Marcucci dell'Istituto nazionale di
geofisica e vulcanologia, che spiegava che non avrebbero approfondito
perché erano in attesa della caratterizzazione dei rifiuti, se fosse
stata conforme e se, una volta rinterrate le buche, trattava di
rifiuti tossici, la ricerca si sarebbe sospesa. I 700.000 euro erano
solo per la vasca S0. In quell'occasione ho fatto la domanda al
dottor Marcucci. Nel giugno dello stesso anno c'è stata l'audizione
di Achille Cester, ingegnere ex dirigente della discarica di Borgo
Montello, il quale diceva che prima che arrivasse lui, quindi fino al
1996, lìavveniva di tutto e i rifiuti
venivano tritati, quindi secondo lui non si sarebbe trovato nulla. Il
dottor Marcucci afferma che, se avesse dovuto nasconderli li
avrebbero messi nell'S1 e nell'S2 e ci avrebbe messo altri rifiuti
sopra, come effettivamente è successo. Il costo di questa operazione
per lo Stato italiano sarebbe stato di 10.000 euro per tutta la
discarica, ma questa ricerca non è stata fatta”.
“Per le procedure di richiesta
informazioni – ha aggiunto Libralato - ogni ente ha la propria. Al
comune di Latina si comunica normalmente tramite PEC. Entro i trenta
giorni canonici, rispondono e mettono a disposizione la
documentazione. Così la provincia di Latina, ma tramite modulistica.
ARPA Lazio qualche volta mette a disposizione la documentazione,
qualche volta ci mette più tempo. Dalla regione non hanno mai avuto
risposta. La regione ha segretato i documenti relativi alle VIA,
compresi quelli di Indeco e Ecoambiente. Riguardo alla popolazione lì
localizzata, riguardava essenzialmente il podere la famiglia
Piovesan, quindi circa 16 ettari. Per sette famiglie, sono circa
venti persone, abitano proprio dall'altra parte della discarica.
L'impatto si estende anche ai ristoratori, agli agricoltori. Un noto
ristorante «Villa Patrizia», è a 800 metri. E la scuola materna è
a 800 metri. A 810 metri c’è la scuola elementare. Ci sono
migliaia di persone. Borgo Montello è a un chilometro e poco. La
cantina sociale è a qualche centinaio di metri. Le persone che sono
qui [presenti in audizione] sono a dieci metri”.
Nel corso dell’attività
d’inchiesta la Commissione ha svolto un sopralluogo sul sito di
Borgo Montello – area gestita da Ecoambiente – nell’ottobre del
2014. Sono stati poi auditi i due gestori, relativamente a temi
d’interesse per l’inchiesta. Alcune questioni trattate nel corso
dell’audizione attengono strettamente all’approfondimento qui
affrontato, ovvero la presenza della criminalità organizzata
nell’area della discarica e il passato sversamento di rifiuti
industriali, con le relative problematiche ambientali.
Il 9 giugno 2016 sono stati auditi
Luca Giudetti, avvocato difensore di Ind.Eco S.r.l., l'avvocato
Salvatore Pino, difensore della Green Holding S.p.A., e Paolo Titta,
responsabile dell'area legale di Green Holding. L’audizione ha
riguardato soprattutto una recente vicenda giudiziaria, che ha
portato al sequestro della discarica da parte del Gip di Latina per
il superamento delle quote di abbancamento. Oltre a questo tema, ai
rappresentanti della società è stato chiesto di esporre quanto a
loro conoscenza relativamente all’acquisto di terreni appartenenti
– o comunque riconducibili – a soggetti considerati contigui al
clan dei Casalesi. L’avvocato di Green Holding – gruppo che
controlla oggi Ind.eco. Srl – ha dichiarato: “In particolare,
credo che si tratti semplicemente di una circostanza (l’acquisto
dei terreni della famiglia Schiavone per l’ampliamento della
discarica, ndr) che era già oggettivamente esistente. Se c'è una
questione da indagare, è quella di verificare come mai i terreni
limitrofi alla zona destinata a discarica fossero già di proprietà
degli Schiavone, credo del cugino dello Schiavone. La società si è
limitata a dover prendere atto di questa circostanza, che se anche
suona sinistra,non può certo suonare sinistra per
la società: può suonare sinistra per il momento in cui questi
terreni sono stati acquistati da questi signori, ma non per il
momento in cui la società li va ad acquistare. Si tratta dei terreni
limitrofi, quindi gli unici che potessero consentire un ampliamento
dell'area, o comunque un ampliamento della zona di lavorazione”.
Sul punto gli auditi non hanno aggiunto ulteriori elementi.
Il 12 dicembre 2016 sono stati
auditi Stefano Gori, presidente di Ecoambiente, e Pierpaolo Lombardi,
amministratore delegato di Ecoambiente.
Stefano Gori ha inizialmente
illustrato la storia del sito di Borgo Montello:
“La discarica di Borgo Montello
nasce orientativamente – non si ha certezza matematica – nel
1971, quando alcuni privati cominciano a sversare nell'area, quella
che oggi è la discarica di Borgo Montello, dei rifiuti. Da quel
momento nasce il sito, che viene identificato oggi ed è purtroppo
conosciuto da tutti come S0 […] Questo sito a ridosso del fiume
Astura veniva usato bellamente per ricevere rifiuti dall'alto. Era un
dirupo: entravano i camion in retromarcia e sversavano rifiuti verso
il fiume, questo all'inizio degli anni Settanta, senza nessun tipo di
protezione, né superficiale né di altro tipo.
Questo andò avanti fino a 1986,
anno di chiusura del sito S0. Questa S0 è stata gestita da privati,
ma negli ultimi anni, come vi ha anche detto nell'audizione del 13
ottobre scorso il rappresentante dell'ARPA, direttamente dal comune
di Latina. Nel 1986, questo sito chiude. Perché sottolineo queste
date? Ecoambiente diventa operativa all'interno del sito di Borgo
Montello nel 2000 e viene costituita nel 1998 a seguito di una sorta
di disastro ambientale che si verifica nel 1997, quando il gestore
dell'allora sito di Borgo Montello fallisce (fallimento Ecomont, ben
conosciuto) e di fatto abbandona l'area. Di questo ci si accorge
forse un po’ in ritardo e dopo qualche settimana, anche dopo
qualche mese, si aprono i cancelli con le cesoie, si rompono proprio
le catene – lì era chiuso – e si trova la situazione che vedete
nelle carte che vi abbiamo distribuito, nell'ultimo foglio. L'ultimo
foglio che vedete sono le foto, le immagini del sito di Borgo
Montello in quella data, nel 1997: invasi S1, S2, S3. Le vasche sono
completamente piene di percolato, che non veniva emunto da mesi,
perché tra l'altro l'ENEL aveva staccato la corrente, quindi le
pompe non funzionavano più. Il percolato tracimava sui terreni
circostanti e all'interno del fiume Astura. Nel 1997, trovata questa
situazione, interviene immediatamente la regione Lazio con 1,5
miliardi di vecchie lire per emungere immediatamente il percolato che
stava tracimando. Si fanno altri interventi nel frattempo, ma si
capisce immediatamente che c'è una situazione veramente di disastro
e si calcola che l'intervento supera i 10 miliardi delle vecchie
lire. Non essendoci più riferimenti perché la Ecomont era fallita,
la cosa andava in capo al comune di Latina, l'ente territoriale di
riferimento. In quel momento, il comune era sull'orlo del dissesto
finanziario per altre vicende. Su iniziativa del comune nasce
Ecoambiente. Tramite la propria controllata, che faceva il servizio
di raccolta dei rifiuti, facendo una joint
venture con un privato
che si occupava di gestione di discariche, costituisce la
Ecoambiente. La mission
di Ecoambiente – adesso veniamo a noi – è questa: bonificate
queste S1, S2, S3 […] continuare a gestire l'area; negli spazi che
si trovano a seguito della bonifica, continuare a gestire ulteriori
volumetrie, ma facendosi carico dei 10 miliardi di vecchie lire per
rimettere in sicurezza l'rea. I 10 miliardi sono diventati poi quasi
12 a carico di Ecoambiente. È stato fatto un intervento di messa in
sicurezza particolarmente importante. Questa è la mission di
Ecoambiente, che porta avanti dal 1998 a oggi. Ci tengo a dire che
Ecoambiente oltretutto ha smaltito in quel sito 12.000, forse
qualcosa di più, metri cubi di percolato. C'era, infatti, percolato
da mesi e mesi che si accumulava. Da quel momento, Ecoambiente è
diventata soggetto interessato dell'area, ma non responsabile, perché
tutto quello che era avvenuto prima, cioè lo spargimento di
percolato, la S0 senza impermeabilizzazione, erano tutti accadimenti
avvenuti addirittura prima della nascita di Ecoambiente.
Comunicazioni di vario tipo
individuano Ecoambiente come una delle responsabili dell'inquinamento
di Borgo Montello, ma questo proprio non è possibile nei fatti, le
date non coincidono. Capisco che qualcuno, non conoscendo bene la
situazione, è uno dei motivi per cui siamo qua, non riesce a far
coincidere bene le date”.
Relativamente agli interventi di
bonifica attualmente in corso è intervenuto Pierpaolo Lombardi,
amministratore delegato di Ecoambiente: “L'intervento che è stato
eseguito nel 2000 sui vecchi bacini S1, S2 e S3 deve essere
essenzialmente una messa in sicurezza definitiva, cioè un
confinamento della fonte di contaminazione, allora identificata in
S1, S2 e S3. Su questi sono stati realizzati nuovi bacini di
discarica, impermeabilizzati a norma di legge. Su questo è
continuata l'attività di Ecoambiente di smaltimento dei rifiuti per
circa un milione di metri cubi, dal 2001 fino all'ottobre 2009, su
tutta l'area del lotto che adesso definiamo lotto A per distinguerlo
dall'altro lotto, B”.
Rispetto all’intervento eseguito
nel 2000 va ricordato che è attualmente pendente davanti al
tribunale di Latina un procedimento penale nei confronti dei passati
amministratori di Ecoambiente per avvelenamento delle acque: infatti
il 15 dicembre 2014 il giudice dell’udienza preliminare ha emesso
il decreto che dispone il giudizio1
per il delitto di cui all’articolo 440 del codice penale a carico
di Bruno Landi, Vincenzo Rondoni e Nicola Colucci
(proc. pen. n. 849/2005 r.g.n.r.); il nucleo dell’accusa consiste
nell’”omesso controllo circa la sicurezza degli invasi denominati
S1, S2, S3 e S0”, la “mancata esecuzione di opere di
impermeabilizzazione di detti impianti”, benché le carenze
strutturali fossero note da tempo (in forza di studi ENEA del
1995-96, di ordinanza del sindaco di Latina del 18 agosto 1998, di
plurime comunicazioni dell’ARPA Lazio); con la conseguente
produzione di “reiterati fenomeni di fuoriuscita del percolato dai
siti indicati, percolato contenente tra l’altro sostanze pericolose
quali piombo, rame e zinco”, con la conseguenza di adulterare le
acque di falda poste in prossimità del sito “rendendole pericolose
per la salute pubblica”.
1Il
provvedimento è stato acquisito dalla Commissione come Doc. n.
2437/2L’ipotesi dell’accusa –
supportata da una perizia disposta dal giudice dell’udienza
preliminare che verrà analizzata in seguito – è che, nonostante
gli interventi di messa in sicurezza dell’area S1, S2 e S3, sia
avvenuta una contaminazione della falda, ascrivibile all’area
gestita da Ecoambiente.
Su questo specifico punto prosegue
Pierpaolo Lombardi: “Ci tengo a dire che è una messa in sicurezza
definitiva. In 25 anni, dal 1971 fino al 1997, in pratica di
abbandono, di conferimento incontrollato dei rifiuti, tutto il
percolato e tutto il biogas non idoneamente recuperato e trattato,
hanno contaminato le matrici ambientali, tra cui il terreno, le acque
di falda profonde e le acque superficiali. Lì vicino, infatti, c'è
il fiume Astura.
È ovvio che abbiamo bloccato la
fonte di contaminazione, ma tutto quello che nel frattempo si era
allontanato da quell'area era lì. Su questo attualmente stiamo
intervenendo. A valle di questa verifica effettuata dall'ARPA nel
2005, in cui è stata verificata questa residua contaminazione
esterna all'area dei bacini di discarica, è stato avviato un
monitoraggio da parte di ARPA, durato un ulteriore decennio, per
appunto verificare l'evoluzione della contaminazione all'interno
dell'area […]
Abbiamo realizzato la messa in
sicurezza definitiva, dopodiché, nel 2005, è stata rilevata una
contaminazione residua esterna a questi invasi, e pertanto è partito
un secondo procedimento di bonifica, che è stato accolto da
Ecoambiente, come diceva il presidente Gori, come soggetto
interessato. Come soggetto interessato, abbiamo proposto un secondo
intervento di bonifica, successivo alla messa in sicurezza definitiva
iniziale, che prevede l'immissione di reagenti in falda direttamente
all'interno della falda, utilizzando i piezometri esistenti nell'area
di Borgo Montello.
Tra quelli realizzati da ARPA,
direttamente da noi e da Indeco, ci sono 44 piezometri in tutta
l'area di Borgo Montello. Il progetto, presentato nel 2006 – è
stata fatta l'analisi di rischio, le caratterizzazione classiche, le
procedure propedeutiche all'elaborazione di un progetto di bonifica –
è stato elaborato da Ecoambiente ed è stato approvato dal comune,
dalla provincia, dalla regione, dall'ARPA e dall'ASL di Latina, ed è
stato avviato nel 2009, quando si sono avviate essenzialmente le
attività di verifica di laboratorio e di verifica di campo, appunto
per verificare il processo sito-specifico.
Il periodo di tempo della verifica,
di tre anni, ha portato una piccola variazione di questo progetto,
variante non sostanziale, essenzialmente sull'utilizzo di un
determinato reagente […] Dopo quest'approvazione a gennaio 2014, a
maggio 2014, l'Ecoambiente ha avviato queste attività di immissione,
inizialmente su un numero di otto hotspot,
ossia otto punti critici individuati, su cui si è agito
direttamente; successivamente, su qualsiasi piezometro della rete
piezometrica presente all'interno dell'area che risultasse con una
concentrazione delle soglie di contaminazione superiore a quella di
legge.
Di questi iniziali otto hotspot
ne sono rimasti tre, ossia la situazione è migliorata notevolmente,
non solo in quelle aree, ma anche in tutte le altre aree. Non si
evidenziano, infatti, cosiddetti effetti rebounding,
ossia non c'è all'interno di quel piezometro un ritorno della
contaminazione che superi nuovamente la concentrazione di soglia di
contaminazione”.Relativamente al citato procedimento
penale in corso davanti al tribunale di Latina l’amministratore
delegato Pierpaolo Lombardi ha esposto il punto di vista
dell’azienda: “Hanno avuto un'udienza a ottobre di quest'anno, ed
è stato rinviato il tutto al 17 aprile. Stanno andando avanti.
Vedremo. Quanto alla perizia Munari, la conosco bene. Alla perizia
Munari abbiamo risposto con una nostra controperizia. Ve ne faccio
avere copia. Secondo noi, c'è una serie di elementi non considerati
correttamente”.
Infine Lombardi ha citato la
richiesta di autorizzazione per l’ampliamento della discarica
presentata alla regione Lazio: “Siamo in attesa di
un'autorizzazione in fase abbastanza avanzata. È una
sopraelevazione, che vedete sulla cartina, il lotto B, di ulteriori
400.000 metri cubi, tra l'altro previsti e inseriti nella determina
n. 199 della giunta regionale sul fabbisogno della regione Lazio.
Viene inserita tra le possibilità, ma non è ancora autorizzata,
perché ha ancora bisogno di alcuni passaggi dal punto di vista
strutturale”.
Le due società non hanno mai fatto
riferimento, nel corso delle loro audizioni, alle problematiche
relative alla presenza di rifiuti industriali pericolosi negli invasi
da loro gestiti.
La Commissione ha audito, l’11
luglio 2016, la dirigente dell'area ciclo integrato rifiuti della
regione Lazio, Flaminia Tosini, che sulla discarica di Borgo Montello
ha reso le dichiarazioni di seguito sintetizzate:
“Il tema di Borgo Montello, per
quanto concerne il mio ufficio, riguarda fondamentalmente due
impianti di discarica limitrofi l'uno all'altro, ossia la discarica
di Indeco e la discarica di Ecoambiente.
Le due discariche sono al momento
praticamente senza possibilità di ricezione rifiuti per esaurimento
delle volumetrie autorizzate.
La discarica di Indeco è una
discarica addirittura sequestrata dalla magistratura, al momento,
perché nel corso di verifiche è risultato che vi siano stati
conferiti rifiuti per una volumetria superiore a quella consentita,
con un superamento delle quote finali di abbancato dell'ordine di 4-5
metri rispetto alla media. Al momento, quindi, la discarica è
sequestrata e non abbiamo altre notizie in merito. Il conferimento di
rifiuti era già terminato dall'anno scorso rispetto ai volumi che
avevo monitorato, anche personalmente da quando ci sono io, ossia da
un anno e mezzo.
Per quanto riguarda, invece, l'altra
discarica anch'essa ha terminato le volumetrie consentite e al
momento non sta ricevendo rifiuti.
Questa situazione ha messo in
difficoltà l'ATO della provincia di Latina come destinazione finale
degli eventuali scarti che derivano dal trattamento dei rifiuti
urbani.
Le due società avevano presentato,
già dall'anno scorso, una richiesta di valutazione di impatto
ambientale per l'ampliamento delle discariche in sopraelevazione e in
ampliamento. (pag. 479)
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