boLIDIA CATALANO, RAPHAËL ZANOTTI
La legge sull’amianto ha appena compiuto 25 anni. Ma per l’Italia è stata una ricorrenza amara: la fibra killer continua a mietere 4000 vittime ogni anno mentre le bonifiche dei siti contaminati procedono a rilento. Un problema di mappatura del territorio, di non omogeneità normativa ma soprattutto di carenza di risorse economiche. E anche quelle che ci sono, a volte, non vengono impiegate. Il Ministero dell’Ambiente ha rivelato che i 5,6 milioni stanziati nel 2016 per la bonifica da parte dei Comuni sono rimasti pressoché inutilizzati. «Abbiamo ricevuto solo 59 domande, per una spesa di 368.000 euro, appena il 6,5% della disponibilità», spiega la dirigente Laura D’Aprile. «Nelle ultime ore sono arrivate nuove richieste e abbiamo deciso di prorogare la scadenza del bando (prevista per fine marzo) al 30 aprile, ma resta un deficit di informazione, oltre alla mancanza di risorse proprie dei Comuni e di strutture per gestire gli interventi».
Operazione a metà
Il fondo - che per il 2017 e 2018 salirà a 6 milioni di euro - è destinato infatti esclusivamente alla progettazione delle bonifiche e non garantisce le coperture per l’esecuzione dei lavori. Un’operazione a metà che per gli enti locali equivale a una beffa. «Questa meritevole iniziativa del ministero mette in luce quanta strada ancora ci sia da fare sul tema dello smantellamento e messa in sicurezza dell’amianto», puntualizza Federico Pizzarotti, sindaco di Parma e presidente della Commissione ambiente dell’Anci. «Si tratta di risorse destinate solo alla progettazione degli interventi, in un quadro di regole incerte e soprattutto di impossibilità di formulare ipotesi di costi da smaltimento, stante l’impossibilità di trattare l’amianto in casa che ci obbliga a trasferirlo all’estero».
Il paradosso
Insomma, da una parte il ministero mette a disposizione soldi per progettare gli smaltimenti ma i Comuni non hanno risorse e personale per eseguirli. Dall’altra, se anche li avessero, non si saprebbe dove mettere l’amianto bonificato dei 46.000 siti mappati in Italia. «È un paradosso», sbotta Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente. «Le poche discariche attrezzate che abbiamo sono sature e i progetti di realizzarne di nuove si scontrano spesso con le resistenze delle comunità locali e il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata, mentre i costi per il trasporto dell’amianto all’estero sono elevatissimi». Sulle discariche è arrivato anche l’allarme dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione ambientale: «Ogni anno esportiamo 156.000 tonnellate di amianto, una procedura costosissima che peraltro è destinata a finire: la Germania ha fatto sapere che a breve non accetterà più i nostri rifiuti e non esistono altre possibilità per creare luoghi di conferimento in Italia».
Un vicolo cieco, come conferma lo stesso ministero. «A volte le Regioni non effettuano i monitoraggi perché poi sanno dove smaltire l’amianto». Con il risultato che oggi, a 25 anni dalla legge per la messa al bando della polvere assassina, non si ha un’idea chiara di quante siano le aree e gli edifici da bonificare in Italia. «I numeri che abbiamo sono ampiamente sottostimati a causa dei ritardi delle Regioni nel fare i rilevamenti», aggiunge Zampetti di Legambiente. Ma negli ultimi mesi, assicura il ministero, la situazione è migliorata. «I dati iniziano ad arrivare, ma va tenuto presente - sottolinea D'Aprile - che la mappatura è un organismo vivo, in costante aggiornamento e risente di una profonda disomogeneità nei sistemi di rilevazione: ci sono Regioni che fanno verifiche sul campo, altre usano il telerilevamento, altre ancora iniziano a dotarsi dei droni».
La giungla normativa
A complicare ulteriormente il quadro è la giungla normativa con cui si trovano a fare i conti gli enti locali: «Abbiamo contato 240 leggi statali e circa 400 atti normativi regionali, che portano a oltre 600 riferimenti in materia, oltre alla norma generale del 1992. Per questo – spiega D’Aprile - è sempre più urgente l’approvazione di un Testo Unico che aiuti a districarsi nell’attuale ginepraio».
L’unica certezza, per ora, sono i 2596 siti bonificati e i 4408 parzialmente bonificati, con priorità a quelli di interesse nazionale, come Casale Monferrato e Broni, il comune lombardo che ha dato i natali al creatore di Dylan Dog e alla Fibronit, lo stabilimento di materiali per l’edilizia in amianto che ha fatto della località pavese il posto con il più alto tasso di incidenza di mesotelioma in Italia (82 casi ogni 100.000 abitanti).
«Priorità alle scuole»
L’Anci richiama però l’attenzione anche su «tutti gli altri siti minori. Servirebbe – dice Pizzarotti - un quadro aggiornato delle risorse impegnate dalle Regioni per le bonifiche, così come un piano urgente per le scuole». Gli ultimi dati dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) parlano di 2400 istituti scolastici ancora contaminati, con 350.000 studenti e 50.000 tra insegnanti e personale amministrativo esposti ogni giorno al rischio. «I luoghi dove i nostri figli trascorrono la giornata devono essere la priorità assoluta», sottolinea il presidente dell’Ona Ezio Bonanni. È degli ultimi giorni la notizia che le pareti di cemento amianto dell’Istituto tecnico Leonardo da Vinci di Firenze saranno demolite a giugno. Nel 2015 aveva fatto scalpore il vademecum del preside affisso in tutte le sedici classi del biennio: «Vietato correre e sbattere le porte», per non risvegliare la «malapolvere».
L'inutile fondo per le nifiche che le città non possono usare http://www.lastampa.it/2017/03/31/italia/cronache/linutile-fondo-per-le-bonifiche-che-le-citt-non-possono-usare-xP4C4p8HcgEuiofekHx9MI/pagina.html
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