giovedì 31 dicembre 2015

Biomasse = strage di stato Anche con l'emergenza aria avvelenata la politica sostiene gli interessi speculativi contro la salute

(31.12.15) Il protocollo di intesa di Galletti con Regioni e ANCI sull'inquinamento atmosferico e le misure di emergenza conferma che le istituzioni espressione delle lobby (rifiuti, bioenergy, industria trasporti, imballaggi) non hanno alcuna intenzione di agire in modo efficace spostando risorse significative a favore dell'obiettivo prioritario del miglioramento della qualità dell'aria. 
http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2015/12/biomasse-strage-di-stato.html
Le istituzioni/comitati di affari non hanno alcuna intenzione di modificare un modello di produzione/consumo energetico e  di gestione dei rifiuti che premia le combustioni.  Continuano ad approfittare dell'emergenza sanitaria legata a livelli elevatissimi di inquinanti nell'aria (da due mesi) per mescolare politiche di qualità dell'aria (Direttiva 2008/50/CE) che impongono il risanamento dell'aria dagli inquinanti con riferimenti al Protocollo di Kyoto e la produzione di energie rinnovabili.

L'unanimità con la quale le istituzioni continuano a propalare l'equivalenza delle politiche per risanare l'aria avvelenata con quelle a favore delle energie rinnovabili (spesso pseudorinnovabili) si spiega solo con gli interessi dei gruppi politico-imprenditorial-finanziari nel business della "green energy".

E' però palese che mentre le misure per l'efficienza energetica degli edifici e per la mobilità sostenibile vedono coincidenza di obiettivi: meno gas serra e meno inquinanti, altrettanto non si può dire quando si sostituisce la produzione di energia elettrica e di energia termica per il riscaldamento ottenuta mediante la combustione di gas naturale fossile (il combustibile meno inquinante che c'è allo stato dell'arte) con le biomasse.

Il paradosso consiste nel fatto che gli assurdi incentivi alla produzione di energia elettrica da biomasse hanno disseminato la pianura padano-veneta, che nella sua interezza è area dove la qualità dell'aria è pessima o comunque insoddisfacente e da migliorare, di centrali a biomasse di ogni tipo. Il governo italiano solo il 30 novembre scorso - dopo la messa in mora da parte della Ue - ha consegnato i dati sulla qualità dell'aria del 2014 ed è saltato fuori che non aveva trasmesso neppure quelli del 2013. Le procedure di sanzione (si parla di miliardi di €) non sono scattate perché il governo faceva il furbo e non trasmetteva i dati (e perché alla Ue hanno aspettato anni a chiedere i dati).



La realtà è quella di una pianura padano-veneta e di area di Roma e Napoli con aria fuorilegge mentre in città come Milano, Brescia, Bergamo, Cremona, Torino la situazione è ancora peggiore.  Per anni ignorando la situazione delle concentrazioni di inquinanti (o dando per buone le balle dei proponenti le centrali che garantivano allacciamenti, utilizzo dell'energia termica, "spegnimento di camini inquinantissimi") regioni, provincie, comuni hanno autorizzato centrali inquinanti fin dentro i centri abitati, anche in aree con qualità dell'aria sopra i limiti di legge.

Negli ultimi mesi sia l'ENEA che il Ministero della salute hanno puntato il dito contro le biomasse civili. Il capro espiatorio diventano i caminetti e le vecchie stufe per depistare da fatti ben più rilevanti. Se è vero che le concentrazioni di inquinanti nei fumi dei caminetti e delle vecchie stufe sono elevatissimi, che la loro resa energetica è bassa è anche vero che:


  • la Regione Lombardia ha da anni vietato l'uso dei caminetti aperti in pianura (e dall'anno scorso anche in collina;
  • l'incentivo sciagurato alle biomasse - sempre e comunque indipendentemente dalla qualità dell'aria ha reso assurdamente   conveniente l'uso del pellet anche per grandi caldaie automatiche estendendo il   riscaldamento a legna dove già arrivava la metanizzazione e promuovendo la     sostituzione delle vecchie caldaie a gasolio con caldaie a pellet invece che a metano, quest'ultimo estremamente meno inquinante;
  • il diverso trattamento fiscale di metano e pellet ha riportato l'uso della       biomassa per usi civili di riscaldamento anche nelle grandi città strainquinate.



Il grido d'allarme dell'Enea e del Ministero della salute è chiaro: il ricorso alle biomasse motivato dalla crisi che spinge al risparmio ha annullato i vantaggi sul fronte dei trasporti dove la graduale sostituzione del parco veicolare ha drasticamente ridotto l'apporto del sistema trasporti alle emissioni inquinanti. Tutto vero solo che ci si dimentica:
  1. che i cittadini passano alla biomassa perché il metano è gravato da una pesante fiscalità;
  2. che in un piccolo comune una centrale termoelettrica a legna da parecchi MW di potenza al focolare equivale a migliaia di stufe e quindi rappresenta una sostanziale fonte di emissione.
Il ricorso all'energia da biomasse non provoca solo aumento di macroinquinanti e di polveri sottile ma di pericolosi microinquinanti. Sono migliaia le molecole originate dalla combustione del legno, tra queste gli IPA idrocarburi policiclici aromatici. Non esclusivi della combustione del legno ne sono, però, un marcatore: dove si brucia legno il benzopirene aumenta in modo caratteristico. Parliamo di una molecola da tempo classificata come cancerogena. Eppure anche nelle aree critiche (dove la soglia massima di benzopirene di 1ng - nanogrammo = milionesimo di grammo - fissata dalla Ue è superata) si autorizzano centrali a cippato e altri scarti legnosi da diversi MW termici se non decine e decine (sotto la mappa dell'Agenzia europea per l'ambiente, anno 2014 con le aree rosse per il benzopirene)

Aree di sforamento del valore massimo di benzopirene (1ng/m3 di aria)


Enea, Ministero della salute e ora Galletti con il Protocollo d'Intesa tacciono sulle biomasse industriali. In caso di emergenza inquinamento il decalogo prevede lo spegnimento del riscaldamento a biomasse "qualora vi siano sistemi di riscaldamento alternativi". Il che vuol dire spegnere solo i caminetti e le stufe "da mezza stagione" utilizzate quando si spengono le caldaie domestiche per dare una "scaldatina". Così anche se vivete in una località dove si sforano per più di una settimana i limiti di legge di inquinamento non illudetevi che la centrale a biomasse che avete a 100 m sia spenta. Quella deve restare accesa anche se vi avvelena... per ridurre i gas serra e pulire (sic) l'aria.



Istituzioni ed esperti si preoccupano sempre di confrontare nuove centrali con vecchie stufe e caldaie. La cosa avrebbe senso se si sostituissero realmente vecchi caminetti e vecchie stufe con il teleriscaldamento. Ma abbiamo detto che non avviene. Il teleriscaldamento si è rivelato l'ennesima scusa per autorizzare centrali che producono energia elettrica superincentivata e ormai da decenni viene considerato una soluzione obsoleta che fa sprecare e non risparmiare energia. Di fatto dove il teleriscaldamento c'è le utenze allacciate sono poche perché ha un costo elevato (parliamo delle centrali a biomassa non dell'inceneritore di Brescia che fa saldi perché deve smaltire enormi quantità di calore)

Oggi non si punta sul teleriscaldamento (costoso e vincolante) ma su edifici energeticamente efficienti che autonomamente ricorrono a una pluralità di fonti energetiche integrate sfruttando il solare termico, il fotovoltaico innovativo (non più pannelli), le pompe di calore. Una soluzione che non piace alle multiutility, alle lobby. La casa clima avvantaggia il cittadino e ditte artigiane dell'edilizia o dell'impiantistica. Ma è l'insieme di soluzioni localmente più idonee che fa la soluzione. Far arrivare più sole alle facciate in inverno e ombreggiarle in estate oltre alla coibentazione può consentire enormi risparmi di energia, di emissioni di inquinanti tossici e di gas serra. Milano naviga su una falda che la deindustrializzazione ha fatto risalire. Una vera "miniera di energia" sfruttando con le pompe di calore  il differenziale tra la temperatura dell'acqua di pozzo e quella atmosferica. Ma si torna alla legna che avvelena l'aria! 

Con questo va precisato che anche la biomassa a km0 può essere sostenibile. Ma se serve solo per il riscaldamento che garantisce alta efficienza energetica e solo dove la popolazione è poco densa e l'aria pulita (quindi in montagna o nelle aree interne dove non ci siano però condizioni di inversione termia invernale come bei fondovalle con scarsa circolazione d'aria). Questo uso civile è molto più sostenibile dell'uso industriale (speculativo) per la produzione di energia elettrica. Da questo punto di vista va detto chiaramente che le "nuove" centrali sono destinate a mangiare soldi e a sputare inquinanti per 20 anni. Nel frattempo le tecnologie per le piccole utenze termiche a biomasse civili (che già oggi consentono emissioni poco superiori a quelle delle centrali dotate di multicicloni e altri sistemi di filtraggio) saranno meno inquinanti (concentrazione di polveri e altri inquinanti nei fumi) delle centrali. Sempre tenendo conto che le centrali lavorano 8500 ore all'anno per immettere corrente elettrica nella rete e incassare dal GSE e che buttano in aria la maggior parte dell'energia della combustione. 



Alla base della distinzione tra biomasse "cattive" (quelle per il riscaldamento civile) e quelle "buone" (quelle industriali = speculative) ci sono tanti trucchi. Uno consiste nel confrontare centrali di oggi con stufe di ieri senza considerare che (specie se il governo desse incentivi ai privati) le stufe e caldaie di domani saranno molto meno inquinanti. Ma oltre a questo trucco (e quello già ricordato del "teleriscaldamento") ve n'è uno ancora più sporco, quello della "pubblica utilità" di questi impianti industriali che servono solo a macinare incentivi e che sarebbero subito spenti se gli incentivi venissero meno (dal momento che a prezzi di mercato della biomassa e dell'energia elettrica vanno in perdita). La triste realtà è che il cittadino paga con i canoni accessori esosi della bolletta energetica per ingrassare gruppi finanziari, fondi pensione, banche, ecomafie, politici e burocrati che si celano dietro le scatole cinesi delle srl che gestiscono le centrali.



L'aver acceso centrali a biomassa in pianura padana e nelle aree metropolitane è di per sé un crimine contro la salute che non si giustifica in alcun modo con politiche energetiche "sostenibili" (posto che la salute è un valore che viene prima della "rinnovabilità" o così si spera anche se si sa che Costituzione, Direttive e diritti fondamentali sono spesso carta straccia, abilmente aggirati ) 

In ogni caso è bene ricordare che una centrale termoelettrica con caldaia e turbina alimentata a cippato ha una efficienza elettrica del 15% e che nella stragrande maggioranza dei casi (specie in estate) la preponderante componente di energia termica viene bellamente dissipata... in atmosfera. 
Inutile ricordare che una centrale termoelettrica moderna a gas naturale ("turbogas") ha efficienze elettriche del 60%. Unita alla grande differenza nelle emissioni. Una centrale a biomasse legnose deve rispettare limiti di 20-30 mg /Nmc  ( metro cubo normalizzato ovvero alla pressione atmosferica e alla temperatura di 0°C.di polveri totali (che comprendono anche particelle superiori a 10 micron bloccate dal naso). Una centrale a gas naturale a ciclo continuo emette polveri totali in misura inferiore a 1 mg/Nmc (l'ultima generazione anche molto meno ovvero 0,01 mg/Nmc),
Sottoutilizzare come ha fatto l'Enel con il calo del consumo elettrico centrali turbogas per obbedire al diktat dell'immissione prioritaria in rete di energia elettrica da biomasse nell'ambito della pianura padana è semplicemente un attentato alla salute, la scelta consapevole di far morire delle persone in più per favorire una pura speculazione finanziaria. A noi dicono che le biomasse spengono le centrali a carbone ma l'Enel (Edison) spengono o fanno marciare a ritmo ridotto (con aumento del costo dell'energia) in base all'esubero di offerta. E se prima servivano due centrali a pieno ritmo e adesso ne basta una la si spegne (o si fa marciare al minimo)  anche se è nuova e poco inquinante.



Molto ci sarebbe da dire anche sulla decantata "sostenibilità" delle biomasse agroforestali. Ricordiamo solo che, direttamente o indirettamente, la corsa mondiale alla produzione di energia da biomasse sta distruggendo quelle foreste che dovrebbero garantire il clima e svolgere un ruolo di sequestro della CO2. Ma qualcuno ancora pensa che le biomasse siano state concepite per nobili fini ambientali? Gli "scarti" legnosi sono ormai tutti diretti alle centrali con grave pregiudizio dell'industria del mobile che di questi scarti faceva pannelli multistrato. Quindi è l'import che sostiene la speculazione (alla balla dell' "usiamo la pulizia dei boschi" ormai non crede più nessuno). Pellet dalla Germania che utilizza legname bielorusso e per la (molta) energia necessaria per la pellettizzazione usa energia elettrica da nucleare. Pellet che viaggia centinaia di km. O cippato e ramaglie dall'Austria, dalla Croazia. Ma ci sono anche interi "bastimenti" che portano in Europa materiale legnoso da Estremo oriente e Americhe dove si tagliano foreste naturali e le piantagioni a rapida crescita (con uso di ogm e pesticidi) sostituiscono la foresta. Tutto molto ecologico.

I "nostri" politici e gli esperti a libro paga della speculazione sono però pronti a sostenere che "la qualità dell'aria è migliorata". Ma se andiamo a vedere il PM 2.5 (rilevato da poche centraline e da pochi anni, a Milano solo dal 2007) l'affermazione appare come l'ennesima menzogna per ingannare il suddito tartassato e avvelenato. La messe di studi che correla PM 2.5 (il particolato di diametro inferiore a 2,5 μg (micron), un micron è un millesimo di millimetro) è ormai abbondante. Gli studi condotti in Europa e negli Usa indicano che c'è una correlazione lineare tra mortalità prematura (a breve e lungo termine) e concentrazioni anche basse di PM 2.5. Ogni 10 μg (microgrammi) il tasso di mortalità a lungo termine aumenta di valori del 5-10%, quello a breve del 2%. Quanti morti in più rispetto a PM 2.5 zero?  Se la mortalità "base" fosse 10 per mille un PM 2.5 medio di 20 μg  comporterebbe 15% in più di tasso di mortalità ovvero 11,5 per mille. 1,5 per mille in più. Su un milione di persone fa 1.500 morti premature. Ma nelle emissioni non c'è solo PM 2.5!  In ogni caso a Milano siamo oltre 30 μg e il trend non è affatto in diminuzione. Sotto i dati elaborati su quelli ARPA. L'ARPA fornisce il trend del PM 10 che è in diminuzione. Peccato che il PM 2.5 non segua il PM 10. Se dovessimo considerare il PM 1.0 e il PM 0,1 (nanopolveri) probabilmente le cose apparirebbero ancora più drammatiche. 

Che le nanopolveri siano dannose alla salute non lo nega (quasi) nessuno. Particelle costituite da metalli pesanti o composti organici tossicologicamente attivi che entrano nelle cellule e anche negli organi subcellulari non possono fare bene alla salute. Se parlando di polveri totali abbiamo visto come le centrali a biomasse "diano una mano" all'avvelenamento dell'aria molto più delle centrali termoelettriche a gas naturale. Ma è in materia di nanopolveri (quelle che fanno poco peso ma molto numero) che la differenza tra bruciare metano e bruciare pellet (la biomassa meno inquinante) diventa enorme. E questa volta confrontando caldaie civili di potenza confrontabile. Questa realtà è stata messa in luce da uno studio del Politecnico di Milano del 2009. Uno studio molto citato perché voleva dimostrare che gli inceneritori inquinano poco. Confrontando le caldaie, però, emergeva il seguente quadro dal confronto tra gasolio, metano e pellet.

Numero particelle per cm3 di aria
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aria ambiente                                   29.000
emissioni caldaia pellet            38.000.000-52.000.000
caldaia a gasolio                        8.600.000-67.000.000
caldaia a metano                                      0*-4.500
___________________________________________________
* al di sotto del limite di rilevazione



E' bene tenere presente che stiamo parlando di particelle che nessun filtro riesce a trattenere. Già è difficilissimo filtrare particelle di 1 μg . Figuriamoci quelle inferiori a 0,1 μg. 

Dal quadro tracciato emerge che è grave che autority pubbliche e governo individuino nella combustione di biomasse una causa di inquinamento grave e poi continuino ad incentivare attraverso la leva fiscale o, peggio, regalando alla speculazione una fetta della bolletta energetica di cittadini e imprese la generazione di energia elettrica e termica dalle biomasse stesse. La realizzazione di centrali a biomasse nelle aree più inquinate del paese (pianura padana e aree metropolitane) deve essere bloccata.
Le centrali finalizzate alla produzione di energia elettrica realizzate negli abitati devono essere spente.
Gli incentivi pubblici devono essere spostati dalle misure che avvantaggiano la grande industria e la speculazione a quelle a favore di una mobilità realmente sostenibile (non veicoli privati meno inquinanti ma sistemi di trasporto o non inquinanti o ad uso di più utenti) e ad una riqualificazione edilizia e urbanistica finalizzata alla realizzazione di case-clima e a favorire una mobilità sostenibile.

La tutela della qualità dell'aria e della salute deve essere anteposta ad ogni altro obiettivo, specie se pretestuosamente finalizzato a favorire interessi lobbistici speculativi.

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