IN F L E S SI B I L I
In prima linea Il Procuratore
e i pm di “Ambiente svenduto”
accusati di “talebanismo”
Ma una politica incapace
li ha costretti a essere
supplenti dello Stato Sempre inascoltati
Fin dal 1998, la Procura
chiedeva a Roma
soluzioni ai disastri
causati dal siderurgico
Magistrati
A sinistra
S ebastio.
Da destra:
Todis co,
Gilli, Rosati,
Ale ssandrini.
In basso
C a n n a r i le
A n s a / Fo to to d a ro
FRANCESCO CASULA
Ta ra n to
N
on abbiamo commesso
finora errori
m a cr o s co p i ci ” e
“non c’è nessuna
guerra contro il Governo o
l’azienda”. Il procuratore di
Taranto Franco Sebastio lo
ripete fino alla nausea. Ripudia
la “terminologia bellica”
o i riferimenti “più consoni a
eventi sportivi” quando i
cronisti parlano di vittoria
dei magistrati.
Il suo sorriso sornione,
però, nasconde anche le difficoltà
di chi ogni giorno è
costretto a fare i conti con i
diversi decreti del Governo
che hanno consentito alla
fabbrica di continuare a inquinare,
prima, e di utilizzare
gli impianti anche insicuri
per gli operai, poi. Ben otto
provvedimenti d’urgenza
per neutralizzare l’azi one
penale e tentare di salvare
un’azienda che continua,
nonostante gli affanni e i
proclami romani, a mostrare
i suoi limiti dovuti al tempo
e soprattutto a quella gestione
Riva basata su minimo
sforzo e massimo profitto.
MA SEBASTIOè solo il più anziano
dei magistrati ionici
impegnati nella vicenda Ilva:
le donne e gli uomini dello
Stato fermati dallo stesso
Stato sono diversi. Come il
gip Martino Rosati che nel
2007 condannò Emilio Riva
I N F L E S SI B I L I
In prima linea Il Procuratore
e i pm di “Ambiente svenduto”
accusati di “talebanismo”
Ma una politica incapace
li ha costretti a essere
supplenti dello Stato
per l’inquinamento prodotto
dalle cokerie dell’Ilva e
nella sua sentenza specificò
che “il giudice penale non ha
il compito, né i mezzi e le capacità,
di disciplinare situazioni
di conflitto sociale o di
preoccuparsi di assetti economici”e“la
diffusa tendenza
ad affidare esclusivamente
al giudice penale la risposta
statuale ai fenomeni di illegalità,
e quindi a gravare la
sentenza penale di contenuti,
funzioni e di aspettative
che non le sono propri, non
può e non deve essere condivisa”.
Parole rimaste inascoltate.
Come quelle scritte nella
sentenza che già nel 1982
condannò i vertici dell’Ital -
sider di Stato. O quelle contenute
nelle lettere inviate
da Sebastio alla Regione Puglia
e al Ministero dell’am -
biente per chiedere, al di là
delle eventuali responsabilità
penali, quali misure intendessero
intraprendere per
risolvere l’allarmante situazione
ambientale che emergeva
dalle indagini: missive
che risalgono anche al 1998.
O come le parole del gip Pa -
trizia Todisco che, dopo gli
esiti delle maxiperizie, decise
coraggiosamente di fermare
l’area a caldo “affinchè
non un altro bambino, non
un altro abitante di questa
sfortunata città, non un altro
lavoratore dell’Ilva, abbia
ancora ad ammalarsi o a morire
o ad essere comunque esposto
a tali pericoli, a causa
delle emissioni tossiche del
s id er u rg ic o ”. Contro di lei
scagliarono in tanti, ma soprattutto
contro i suoi provvedimenti.
E contro il lavoro
dell’intero pool che ha lavorato
all’inchiesta “ambiente
sv end uto ”: Mariano Bucc
o li e r o , Remo Epifani,
Giovanna Cannarile e Raf -
faele Graziano che è riuscito
a dimostrare in primo grado
la responsabilità dei vertici
aziendali per la morte di
28 operai ammalati di mesotelioma
contratto per l’espo -
sizione all’amianto presente
nell’Ilva. L’ultima, in ordine
di tempo, finita al centro delle
accuse è la giovanissima
pm Antonella De Luca che
di fronte alla relazione del
custode Giudiziario Barba -
ra Valenzano sulle cause
della morte dell’o p e ra i o
35enne Alessandro Morricella
ucciso da una fuoriuscita
di ghisa incandescente e
delle condizioni nelle quali
erano costretti a lavorare gli
altri operai nell’Altoforno 2,
non ha potuto fare altro che
sequestrarlo.
LA RISPOSTA a chi ha compiuto
il proprio dovere, però,
è stata in passato l’accusa di
“talebanismo giudiziario”,
poi di protagonismo (anche se, a eccezione del procuratore
Sebastio, nessuno di loro
ha mai rilasciato una dichiarazione
alla stampa e lo
stesso Sebastio ha rinunciato
a una candidatura al senato
proposta dal democratico
Alberto Maritati) o addirittura
di pregiudizio nei confronti
dei Riva (dimenticando
che proprio a Taranto alcuni
processi ai Riva, come
quello sul monopolio illegale
del porto ionico, si sono
conclusi con la piena assoluzione
degli imputati).
Pochi giorni fa il gup Vil -
ma Gilli ha rinviato a giudizio
44 imputati di “ambiente
svenduto”, ma ha anche assolto
con formula piena tre
imputati che avevano scelto
il rito abbreviato. Perché il
codice prevede che il magistrato
inquirente raccolga le
prove e il magistrato giudicante
le valuti oltre ogni ragionevole
dubbio. La fabbrica
commette reati, la procura
li persegue e il tribunale
decide. “Il giudice – per tornare
alla sentenza di Rosati
del 2007 –è chiamato soltanto
(e, se si vuole, più modestamente)
a verificare se un
dato comportamento” co nfigura
un reato oppure no.
Ma a Taranto, una classe politica
incapace ha costretto la
magistratura a fare altro: la
supplenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 25 luglio 2015
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