“Fermiamo i cannibali delle aree verdi, impediamo la cementificazione” c’è scritto sui manifesti ancora attaccati ai muri del cantiere tra via di Acqua Bullicante, via San Vito Romano e via di Villa S. Stefano, a Roma, all’interno del Comprensorio Casilino, ex Sdo. Sono lì dalla metà di giugno, quando un presidio degli abitanti del V Municipio, riuniti nei comitati “No Cemento a Roma est”, si è dato appuntamento davanti all’ingresso dell’area di proprietà privata, per impedire che entrassero gli operai e iniziassero a realizzare una nuova filiale della catena di supermercati Lidl .
Dopo il taglio degli alberi di alcune settimane prima, non rimaneva che dare avvio alle operazioni di scavo. Le licenze? Tutto a posto, assicuravano i responsabili del cantiere. Allora, perché mai protestare? Perché intralciare quel che secondo la Lidl si configura come “lo sviluppo della rete vendita” per “avvicinarsi sempre di più al cliente”?
Le ragioni delle barricate molteplici e tutte fondate. Tutt’altro che il capriccio dell’ennesimo comitato ambientalista con il pallino del verde. Anche se, è inutile negarlo, la scelta di rovesciare su un territorio ampiamente urbanizzato, nuove cubature, appare quantomeno scriteriata. L’idea di riempire uno dei pochi vuoti esistenti con un parallelepipedo di cemento di mille metri quadrati, ai quali aggiungere due parcheggi a raso e uno sopraelevato, in contrasto con qualsiasi standard di vivibilità. In un quartiere nel quale il verde è un’utopia. Tanto più che la funzione stessa, quella commerciale dell’immobile, rischia di ripercuotersi in maniera negativa sulle attività già esistenti in quel quadrante, finendo per tramutarsi piuttosto che in un nuovo servizio per gli abitanti del quartiere, nella causa dell’acuirsi delle sofferenze per una grande quantità di quei piccoli commercianti che ne costituiscono il tessuto connettivo.
Insomma, considerazioni urbanistiche e, per così dire, sociali. Ma c’è di più. L’area in questione si trova compresa all’interno del vincoloAd Duas Lauros. Così si desume chiaramente dalla lettura dell’atto. Ma, purtroppo, non nella cartografia allegata. Circostanza che non dovrebbe costituire un problema. In questi casi a valere, a contare, è l’atto. E infatti è così, sempre. O quasi. A risolvere la questione ci pensa la Soprintendenza archeologica, negando che il vincolo comprenda l’area.
Sostanzialmente, mette in dubbio i limiti. Nonostante ci sia il DM del 21.10.1995 che istituisce il vincolo anche in “via di Villa S. Stefano, via di S. Vito, via Acqua Bullicante”, cioè i limiti dello spazio nel quale procedere alla nuova operazione urbanistica. Ma un’incertezza esiste. “Nel caso specifico l’assenza d’incrocio tra via di San Vito e via di Villa Santo Stefano non consente la chiusura della perimetrazione. E pertanto è evidente che fa fede la planimetria allegata che definisce precisamente l’area … che non rientra quindi nella perimetrazione del vincolo”, scrivono nella nota del 13 luglio 2015 la Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’area archeologica di Roma, il responsabile del procedimento Anna Buccellato, quello dell’ufficio vincoli Angela Colasanti e il SoprintendenteFrancesco Prosperetti.
In questo modo la questione chiusa. Resa vana l’ordinanza di sospensione dei lavori da parte diGianmarco Palmieri, Presidente del V Municipio. Tra la rabbia e l’incredulità di chi aveva visto nella Soprintendenza la garante delle regole, la vicenda sembra giunta alla sua consueta conclusione. Con le crescenti preoccupazioni del gruppo attivo Pigneto-Prenestino, del WWF Lazio, di Italia Nostra Roma e di altre associazioni, non solo locali.
Rimangono le richieste della Soprintendenza, certo: “In ragione della prossimità ad aree con valenze archeologico-paesistiche” ci saranno “indagini archeologiche propedeutiche alla progettazione dell’intervento di edificazione” e “la prescrizione della salvaguardia attraverso copertura conservativa e innalzamento delle quote moderne, nell’area destinata a verde, dei lacerti di percorsi viario di indefinibile origine antica”. Ma la sorte dell’area sembra segnata, a prescindere da eventuali rinvenimenti nelle indagini archeologiche preliminari.
A questo punto è più che probabile che Lidl, come si legge sul suo sito, il cui “operato quotidiano è improntato al senso di responsabilità, dal punto di vista economico, sociale e ambientale”, avrà il suo supermercato. Gli abitanti del quadrante saranno privati di un potenziale spazio a verde pubblico. Ma a perdere più di tutti sarà la Soprintendenza archeologica. Almeno in questa occasione, interprete forse troppo timida di una battaglia per la tutela dei luoghi che non consente indecisioni. A suscitare perplessità non è la necessaria prudenza che la Soprintendenza sceglie di adottare nei confronti di un’area privata sulla quale gravitano interessi economici. Ma piuttosto la sbrigativa risoluzione per una questione che non si configura soltanto di “principio”. In gioco ci sono tutela evalorizzazione. Che a Roma continua ad essere esercitata ad intermittenza. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/31/roma-la-soprintendenza-e-il-vincolo-archeologico-conteso-lidl-avra-il-suo-supermercato/1921751/
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