Ilva, fine della narrazione:
Vendola (e altri 43) a giudizio
I numeri
14
Mila i
dipendenti
diretti dell’I l va
(-99 dal
2014). Le altre
società del
Gruppo ne
contano 924
579 all’e s te ro
-3 1 0
Milioni il
margine
o p e ra t i vo
lordo 2015.
Sarà di 40-60
nel 2016, 90-
110 nel 2017 e
290-310 nel
2 01 9
Influenze
L’ex governatore fece
pressioni per
ammorbidire il capo
dell’Agenzia ambiente
Lite in famiglia
Nichi attacca: “Non
sono mai stato a libro
paga dei Riva. Altri sì”.
Come Bersani
FRANCESCO CASULA
Ta ra n to
S
arà una Corte d’Assise
a giudicare gli imputati
del processo “ambiente
svenduto” sul
disastro ambientale e sanitario
causato dall’Ilva agli operai
e ai cittadini di Taranto.
Proprietari della fabbrica,
vertici aziendali, politici e
funzionari del ministero,
tutti rinviati a giudizio dal
gup Vilma Gilli. Sono in totale
47: 44 persone fisiche e 3
società (Ilva spa, Riva Forni
Elettrici e Riva Fire). Tra i 44
ci sono Fabio e Nicola Riva,
rispettivamente ex vice presidente
del Gruppo Riva ed
ex presidente del cda Ilva,
accusati insieme all’ex direttore
dello stabilimento, Lui -
gi Capogrosso, all’ex responsabile
delle relazioni istituzionali
Girolamo Arc
hi n à , all’avvocato del
Gruppo Riva Franco Perli e
ai fiduciari del cosiddetto
“governo ombra” di associazione
a delinquere finalizzata
al disastro ambientale, avvelenamento
di sostanze alimentari
e omissione di cautele
sui luoghi di lavoro.
Alla sbarra è finito anche
l’ex presidente della Puglia
Nichi Vendola, accusato di
concussione aggravata per le
presunte pressioni sul direttore
generale di Arpa Puglia,
Giorgio Assennato, affinché
il nemico giurato dell’Ilva
adottasse un atteggiamento
più “m or bi do ” n ei
confronti dello stabilimento
siderurgico. “Sarei insincero
se dicessi, come si usa fare
in queste circostanze, che
sono sereno –ha commentato
con una nota l’ex governatore
– Sento come insopportabile
la ferita che mi viene
inferta da un’accusa che cancella
la verità storica dei fatti:
quella verità è scritta in migliaia
di atti, di documenti, di
fatti”. Per Vendola è “non è
una condanna”, ma “soltanto
la porta di ingresso nel
processo” che tuttavia pesa
“perché ho rappresentato
l’unica classe dirigente che
ha provato a sfidare il gigante
della siderurgia”. Un processo
che Vendola ha affermato
di affrontare “con la coscienza
pulita”. Poi si concede un
attacco: “Rappresento la politica
che non è stata a libro
paga dei Riva. E molti non
possono dire la stessa cosa”.
Per esempio Pier Luigi Bersa
ni che ricevette dall’azienda
98 mila euro. E non è
il solo.
Dalle accuse in dibattimento,
che inizierà così il
prossimo 20 ottobre, dovranno
difendersi anche l’ex
presidente della provincia
Gianni Florido, accusato di
aver fatto pressione sui dirigenti
dell’ente per concedere
un permesso per le discariche
Ilva (poi autorizzate
per decreto dal governo), il
primo cittadino di Taranto,
Ippazio Stefano, che secondo
la procura è colpevole di
omissioni in atti d’ufficio per
non aver intrapreso le dovute
misure a tutela dei cittadini
nella consapevolezza delle
emissioni nocive della fabbrica
e delle sue conseguenze.
Nei guai anche l’ex prefetto
di Milano Bruno Ferrante,
ex presidente Ilva nel
2012. E ancora Luigi Pelaggi,
ex capo della segreteria
tecnica dell’ex ministro
dell’ambiente Stefania Prestigiacomo,
e Dario Ticali,
ex presidente della commissione
ministeriale che rilasciò
l’autorizzazione integrata
ambientale (Aia) alla
fabbrica: entrambi avrebbero
violato il segreto imposto
dai lavori della commissione,
aggiornando i vertici Ilva
fino ad arrivare a consegnare
una bozza dell’Aia agli imputati
per eliminare i punti non
graditi all’azienda. Quell’autorizzazione,
cioè, che alla
fine per ammissione dello
stesso avvocato dell’Ilva
Perli avrebbe scritto la stessa
Ilva. A giudizio sono stati
rinviati anche due ex assessori
regionali della giunta
Vendola: Donato Pentassuglia,
accusato di favoreggiamento
nei confronti di
Archinà, l’uomo che voleva
“distruggere Assennato”, e
Nicola Fratoianni, accusato
di favoreggiamento nei
confronti del leader di Sel.
Fabio Riva, inoltre, dovrà
difendersi anche dall’accusa
di corruzione in atti giudiziari
per aver versato, secondo
i pubblici ministeri, una
tangente di 10mila euro
all’ex consulente della procura,
Lorenzo Liberti, che
avrebbe redatto una perizia
meno severa sulle emissioni
prodotte dallo stabilimento
siderurgico.
Ma la Corte d’Assise dovrà
stabilire anche la responsabilità
della morte di due operai
dell’Ilva: Claudio MarsellaeFrancesco
Zaccaria.
I due ragazzi morti, secondo
l’accusa della procura, per il
mancato ammodernamento
della fabbrica che ha per messo ai Riva di intascare un
vero e proprio tesoro di oltre
8 miliardi.
Nell’udienza di ieri, il gup
Gilli ha definito anche le posizioni
di cinque imputati
che hanno scelto il rito abbreviato.
In tre sono stati assolti:
il maresciallo dei carabinieri
Giovanni Bardaro,
l’avvocato Donato Perrinie
de ll’ex assessore all’A mbiente
Lorenzo Nicastro,
che dopo la lettura del dispositivo
che lo ha scagionato
d a ll ’accusa di favoreggiamento
a Vendola è scoppiato
a piangere: “Questa sentenza
– ha commentato Nicastro
– mi restituisce la serenità
con la quale riprendere
la mia carriere di magistrato
(tornerà in servizio come pm
a Matera, ndr) e sono certo
che questo processo renderà
giustizia a Taranto: serve però
la giustizia con ‘G’ maiuscola
perché questa nobile
città non ha bisogno della
condanna degli innocenti”.
Due invece le condanne emesse
dal giudice: 10 mesi
per il sacerdote don Marco
G er a r do , accusato di favoreggiamento
ad Archinà, e 3
anni e 4 mesi per Ro b e rt o
Prime rano ex consulente
della procura, accusato insieme
di aver ammorbidito
una perizia sulle emissioni
della fabbrica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 24 luglio 2015
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