Un “pacchetto assistenza”. Tutto compreso, per non avere nessun problema, nessun ritardo, grazie a quella particolare copertura che solo i clan possono garantire. Nessuna estorsione, arma che i clan utilizzano per i piccoli affari, quando non c’è un accordo quadro in grado di accontentare tutti, mantenendo - nel contempo - quel basso profilo necessario per non attirare l’attenzione della magistratura. Soldi, affari, accordi riservati. E voti per i politici garanti dei patti.
La prima discovery dell’inchiesta della Dda di Napoli e le indagini dei Noe sull’appalto della CPL Concordia per la metanizzazione di sette comuni dell’agro aversano la potremmo ricordare come il “manuale Iovine-Zagaria”, dove - secondo i magistrati - la coop emiliana gioco un ruolo da protagonista. Sei gli arresti, quattro in carcere e due ai domiciliari. Quattordici gli indagati, tra i quali l’ex senatore Ds Lorenzo Diana, conosciuto, fino alle prime indiscrezioni sull’inchiesta, come un’icona antimafia.
In carcere sono finiti, con la pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Roberto Casari, presidente della CPL Concordia fino allo scorso febbraio, e Giuseppe Cinquanta, responsabile commerciale della coop emiliana per Campania, Lazio e Sardegna dal 1997 al 2005. Accusa più pesante per altri due imprenditori finiti in manette, Antonio Piccolo e Claudio Schiavone. Per loro la Procura di Napoli ha ipotizzato la partecipazione a pieno titolo al cartello dei casalesi.
Il tavolino degli appalti
Le dichiarazioni di Antonio Iovine e degli ultimi collaboratori di giustizia che stanno disegnando in questi mesi il rapporto tra casalesi, imprese e politica mostrano un tavolino degli appalti sofisticato e funzionale. Un accordo a tre in grado di muovere, senza grandi intoppi, cifre milionarie. Come per la metanizzazione di sette comuni dell’agro aversano, che ha visto protagonista la coop emiliana CPL Concordia.
Già durante l’udienza per il processo contro l'ex sindaco Pd di Villa Literno (Caserta) ed ex consigliere regionale Enrico Fabozzi - poi condannato in primo grado a 10 anni di reclusione - Antonio Iovine aveva citato l’appalto affidato alla CPL Concordia come uno dei grandi lavori controllati dai casalesi. I magistrati napoletani hanno approfondito per mesi quelle dichiarazioni, anche grazie ad altri collaboratori interrogati nei mesi scorsi. Iovine - che insieme a Michele Zagaria rappresenta la parte imprenditoriale del cartello - ha orientato la sua collaborazione sul livello economico fin dai primi interrogatori. La pista dei soldi, in altre parole, la strada che può portare gli investigatori ai piani alti, dove sul tavolino a tre gambe degli appalti si decidono le grandi opere.
“L’imprenditore veniva da me, ovviamente conscio di chi fossi - ha raccontato ai magistrati della Dda di Napoli il collaboratore di giustizia - per avere ogni garanzia che i lavori potessero essere espletati liberamente, senza condizionamenti”. Non una estorsione, spiega, ma un accordo: “L’imprenditore acquistava da me un vero e proprio pacchetto di assistenza. (…) L’imprenditore non solo si garantiva che nessuna famiglia disturbasse i lavori, ma si garantiva, ad esempio, la possibilità di chiedermi di intervenire o di spendere anche solo il mio nome nei confronti di fornitori, dipendenti, funzionari comunali, sindaci che potevano intralciare, magari anche legittimamente, i lavori”. L’olio necessario per far funzionare la macchina degli appalti.
Il gas di CPL Concordia
E’ la fine degli anni ’90 quando la coop emiliana sbarca in terra di Lavoro. Secondo le testimonianze dei collaboratori il tramite è stato Antonio Piccolo, ritenuto imprenditore di riferimento di Michele Zagaria, il boss di Casapesenna. Inizialmente i lavori di metanizzazione erano stati affidati ad un’altra società, la romana Eurogas. Tutto, però, era fermo. I soldi non c’erano, e quella concessione era poco più di un pezzo di carta. L’11 giugno 1997 Eurogas cede - a titolo gratuito - il titolo alla Cpl Concordia. Due mesi dopo - osservano gli investigatori - viene approvata la legge 266/1997 che concede 1000 miliardi di lire alla metanizzazione nel sud. Quell’appalto si trasforma in un bottino da centinaia di milioni di lire. Secondo alcune testimonianze - in buona parte riscontrate - Antonio Piccolo aveva conosciuto i vertici di CPL Concordia a Modena, dove lavorava come imprenditore, anche grazie ai contatti arrivati dal suo referente Zagaria. Il punto chiave dell’accusa - alla base dell’ipotesi del concorso esterno - sta in questo passaggio chiave: con la coop emiliana vi sarebbe stato un vero e proprio accordo imprenditoriale e non una successiva estorsione. Iovine sul punto del rapporto con le imprese - soprattutto per i grandi lavori - ha disegnato un quadro chiaro: “Di fatto io diventavo un socio occulto di questi imprenditori. Io non impiegavo denaro per la mia partecipazione alla società ma ciò che io conferivo era la forza intimidatrice del clan (…). Ne nasceva una società imprenditore-camorra che usava come paravento formale l’impresa dell’imprenditore colluso”.
L’accordo per la spartizione
Erano questi imprenditori organici ai clan a fare da trait-d’union con le i grandi gruppi. Come Antonio Piccolo, referente di Zagaria secondo i magistrati, che dopo aver fatto da tramite con CPL Concordia si sarebbe occupato di avvicinare tutti i sindaci della zona, per avere il loro consenso. Solo in un caso i clan avrebbero lasciato un margine di manovra. A San Cipriano D’Aversa - spiegano i collaboratori di giustizia - l’allora senatore Ds Lorenzo Diana aveva una forte influenza. La scelta dell’impresa a cui affidare in subappalto i lavori venne quindi lasciata al sindaco Angelo Reccia, legato al parlamentare. Il nome scelto - la ditta riconducibile al cugino del primo cittadino Pirozzi - era, secondo le testimonianze raccolte dai magistrati - vicino ai clan.
Lorenzo Diana - che ha recentemente querelato per calunnia Antonio Iovine, subito dopo le prime indiscrezioni sulle sue dichiarazioni - avrebbe avuto un ruolo di facilitatore politico per l’appalto della CPL Concordia. Racconta il collaboratore Giacomo Caterino: “Diana si preoccupò di trovare le adesioni dei diversi sindaci dei comuni interessati alla metanizzazione, di aree politiche di sinistra come ad esempio San Marcellino, San Cipriano e Parete e ci riuscì facilmente anche per la sua posizione che lo vedeva con un incarico nella commissione parlamentare antimafia”.
Secondo la ricostruzione dei magistrati, l’ex senatore dispose a quel punto di stabilire la sede della CPL a San Cipriano e indicò i dipendenti che la società avrebbe dovuto assumere. “Era una tecnica per ottenere voti”, spiegano i collaboratori di giustizia. Di certo i rapporti tra Lorenzo Diana e il presidente della coop emiliana sono stretti: “Si richiama la conversazione tra Diana Lorenzo e Casari Roberto - annota il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare che ha colpito l’ex presidente di CPL Concordia - in cui si profila la linea difensiva dell’estorsione”. http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/07/03/news/appalti-sei-arresti-e-14-indagati-per-gli-affari-tra-camorra-e-la-coop-emiliana-cpl-concordia-1.219767?ref=HEF_RULLO
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