Cardinali
contro
Da sinistra
Domenico
Calcagno,
Mariano
Crociata ,
Angelo Scola,
Ta rc i s io
B ertone,
Robert Sarah,
Camillo Ruini
e Carlo
C a f fa r ra
A n s a / La Pre ss e
TRA I CONSERVATORI A M E R IC A N I ,
GLI SPAGNOLI DELL’OPUS DEI
E I NOSTALGICI DI R ATZ I NG E R : L’U LT I MO
“M A R X I STA” BERGOGLIO ASSEDIATO DA
QUELLI CHE NON VOGLIONO CAMBIARE
C’è chi dice no Il pontefice deve
guardarsi da Tarcisio Bertone (quello
de l l’attico, sempre attento alle casse)
e, per altri motivi, da Camillo Ruini,
Gerhard Ludwig Muller e Bagnasco
Mariano Crociata, arcivescovo
di Latina L’ex segretario generale
dei vescovi italiani (Cei) ha
patìto subito il papato di Francesco
e poi anche le raccomandazioni
di Tarcisio Bertone.
Il salesiano, che comandava
in Vaticano con Ratzinger,
ha suggerito a Francesco
di elevare Crociata al rango di
cardinale, pare che l’abb ia
messo per iscritto. Bergoglio ha cestinato le indicazioni di
Bertone e l’ha spedito nella
diocesi di Latina-Terracina-Priverno-Sezze
I
» CARLO TECCE
l papagno contro la gerarchia
vaticana - verbale, ricordate il
siparietto sul pugno? - è il rimedio
che predilige Jorge
Mario Bergoglio. È un rodato
strumento che sfrutta pure
per mazzolare governi e politici.
Al Sinodo di ottobre, assediato
dai conservatori americani,
dagli spagnoli con targa
Opus Dei, dai tedeschi nostalgici
di Ratzinger, Francesco
ha rifilato un inequivocabile
e poco diplomatico qui comando
io: “Il Papa garantisce
l’u ni tà ”. El’opposizione in
porpora –cardinali con la passione
per opere istantanee,
spaventati dal progressismo
sui temi famiglia, coppie gay,
ambiente e capitale – in pubblico
replica con mendaci sorrisi.
Ma incassa papagni s e mpre
più potenti: “Il popolo di
Dio possiede un fiuto infallibile
nel riconoscere i buoni
pastori e distinguerli dai merce
na ri”. Non è soltanto il
drappo col marchio Is dei fanatici
islamici che sterminano
cristiani inermi a turbare
l’argentino e neanche le scorbutiche
reazioni di Israele per
l’eclatante sintonia di Francesco
con i palestinesi. Il pontefice,
definito l’ultimo marxista,
affronta la Curia, la
Chiesa più intransigente e oscurantista.
E gli uomini in abito
talare respingono le sue
riforme per ragioni teologiche,
per congenita riluttanza
o, più spesso, per brama di potere.
Non esiste un elenco
compiuto di cardinali o vescovi
avversari o semplici non
seguaci, ma una lista (non certo
di proscrizione) che va illustrata.
Bergoglio invoca la
“parresìa”. Dire tutto, dire il
vero. Quel che inquieta l’a rgentino
è proprio la capacità
curiale di insinuarsi e di tramare.
In silenzio: non dire
niente, dire il falso.
Tarcisio Bertone, ex segretario
di Stato.
Con Joseph Ratzinger, il
salesiano era davvero il primo
ministro vaticano, attento agli
affari terreni (Ior) più che
spirituali. Forse non coltivava
la vigna del Signore, ma i rapporti
con la politica. Quando
l’ha sostituito con Pietro Parolin,
Bergoglio gli ha suggerito
di ritirarsi in preghiera a
Valdocco, casa madre di Don
Bosco. Bertone ha preferito
un attico in Vaticano.
Camillo Ruini, ex presidente
Cei.
Era il padrone dei vescovi
italiani, per vent’anni ha influenzato
la politica, i palazzi,
e praticato il “patrocinio” t r asversale
per gli esponenti cattolici
sparpagliati al centro, a
destra oppure a sinistra. Ha
ridotto le apparizioni pubbliche.
Quando interviene, però,
marca la distanza da Francesco. Ha bocciato le unioni civili.
Va peggio se non appare.
Al termine del Sinodo di ottobre,
per amplificare il dissenso
sui divorziati risposati
(mai l’Eucarestia), Ruini non
s’è messo in coda per salutare
il Papa.
Gerhard Ludwig Muller,
prefetto della congregazione
della dottrina della fede
Il tedesco di Magonza, in
piazza Sant’Uffizio, presiede
un ministero appartenuto per
decenni a Joseph Ratzinger,
ma è Bergoglio che l’ha ordinato
cardinale. A differenza
di Ruini, che non ha stretto la
mano di Francesco a margine
del Sinodo, Muller ha bisticciato
a lungo con Walter Kasper
e poi ha disertato la messa.
Per i bergogliani, è un reazionario.
Da Kasper, il p a p agno:
“Il pontefice non ha bisogno
di lezioni di teologia”.
Raymond Leo Burke, sovrano
ordine di Malta
Assieme ai cardinali V e l asio
De Paolis, Carlo Caffarra,
il già citato Muller e l’a ustriaco
Walter Brandmulle
r, l’ex arcivescovo metropolita
di Saint Louis ha firmato
il manifesto “Per mane re
nella verità di Cristo” che si
oppone all’ipotesi di ripristino
dei sacramenti per i divorziati.
S’è esposto tanto, Burke.
E così Bergoglio l’ha promosso
e rimosso. Era il prefetto
del supremo tribunale per la
segnatura apostolica, a novembre
gli ha conferito la carica
onorifica di patrono dei
cavalieri di Malta.
Angelo Scola, arcivescovo
di Milano
È stato eclatante, l’e n n e s imo
porporato che entra papa
in Conclave e ne esce cardinale.
Il sistema che riflette Comunione
e Liberazione contava
su Scola per espugnare il
Vaticano e con il Vaticano, l’Italia
intera, la Chiesa mondo.
Era il favorito, il predestinato.
Addirittura nei giornali si
creavano catene di montaggio
di estrazione ciellina. Scola
non ha perso soltanto un’elezione.
Ha sancito l’epilogo
di un sistema-pensiero, che
ancora rappresenta. Angelo Bagnasco, presidente
della Cei
In rapida e spietata sequenza
e con l’onore di un’uscita
a scadenza di mandato
fra meno di un paio di anni, papa
Francesco ha esautorato il
cardinale Bagnasco, il capo
dei vescovi italiani. Bergoglio
ha prima nominato Nunzio
Galantino segretario generale
della Cei, che ha smontato
la struttura di Bagnasco, e poi
ha inaugurato l’ostile assemblea
annuale dei vescovi: “Il
Papa non parla per ultimo”.
Giuseppe Sciacca, vescovo
di Fondi
Al siciliano di Aci Catena
non è bastato farsi ammirare
con una utilitaria di chissà che
stagione, Bergoglio l’ha cacciato
presto, appena insediato.
In epoca Ratzinger, Sciacca
era segretario del governatorato,
successore di Carlo
Maria Viganò, il nunzio mandato
in esilio negli Stati Uniti
per i suoi contrasti col tentacolare
Bertone. A Sciacca è
andata peggio: segretario aggiunto
del Supremo tribunale
della Segnatura apostolica.
Domenico Calcagno, cardinale
diacono
Ha sfruttato la scia di Bertone,
nonostante le controversie:
passione per la caccia
(deteneva pistole, carabine e
un fucile a pompa); le accuse
di scarsa attenzione sugli episodi
di pedofilia nella diocesi
di Savona. Francesco non l’ha
confermato nel Consiglio dello
Ior, presiede ancora l’a mministrazione
del patrimonio vaticano (Apsa), ma in pratica
è commissariato da George
Pell, l’australiano prefetto
della Segreteria Economica.
Mauro Piacenza, penitenziere
maggiore
Quando la Liguria contava
– Bertone fu arcivescovo di
Genova – Piacenza era il nome
giusto per qualsiasi poltrona.
Era candidato per la segretaria
di Stato, ma Bergoglio
l’ha trasferito al tribunale
per la Penitenzieria Apostolica.
Giuseppe Betori, arcivescovo
di Firenze
L’ex segretario Cei ha una
formazione ruiniana, e dunque
è inadatto per il riformista
Bergoglio. Da tempo è in
procinto di lasciare la Toscana
per la Curia: per il momento,
resta dov’è.
Robert Sarah, prefetto della
Congregazione per il culto
Il cardinale è il portavoce
della Chiesa africana e della
destra più retriva che sopravvive
seppur sconfitta in Curia.
È il più accreditato per diventare
il primo papa nero. Ha assunto
una posizione di chiusura
(ermetica) rispetto ai discorsi
di accoglienza per omosessuali
e divorziati di
Francesco: “La Chiesa è confusa
su dottrina e morale”.
Stefan Oster, vescovo
di Passau
In Germania, luogo di raffinati
teologi, sottotraccia s’alimenta
il duello fra il progressista
Kasper, fedele alleato
di Francesco, e il conservatore
Muller. Il giovane vescovo
salesiano è intervenuto più
volte per difendere la dottrina.
Attorno a Oster s’è coalato un gruppo di vescovi tedeschi:
Konrad Zdarsa, R udolf
Voderholzer, F r i edhelm
Hofmann, Wolfgang
Ipolt,Gregor Maria Hanke.
Anche monsignor G eorg
Gan swei n, l’assistente personale
di Benedetto XVI,
guarda con attenzione a questi
movimenti in Germania.
Marc Ouellet, prefetto della
congregazione dei vescovi
Il cardinale canadese, che
sostiene il ritorno all’ad o r azione
eucaristica e ai canti
gregoriani, ha una visione che
incrocia poco lo sguardo di
Bergoglio. Ogni volta che, in
preparazione a un Concistoro,
segnala vescovi da trasformare
in cardinali, l’argentino
lo ignora.
Giuseppe Nosiglia, arcivescovo
di Torino
Neanche il successo mediatico
per l’ostensione della
Sindone è servito all’ex collaboratore
di Ruini per ricevere
l’agognata berretta rossa. La
delusione di Nosiglia è la stessa
di Francesco Moraglia,
l’ennesimo ligure che Bertone
ha collocato a Venezia. È
patriarca, non cardinale. Non
è da considerare un bergoglionano
l’arcivescovo di Ferrara,
Luigi Negri, che proviene
da Cielle.
Antonio Maria Rouco Varela,
ex presidente dei vescovi
spagnoli
Un anno fa, il cardinale ha
rinunciato al governo pastorale
di Madrid, Francesco l’aspettava
da mesi. Così s’è
chiusa l’interminabile stagione
di Rouco Varela, vicino
all’Opus Dei.
Giuseppe Versaldi, prefetto
per l’educazione
Il cardinale ha maneggiato
il potere con la benedizione di
Bertone. Con una telefonata
scoperta con l’inchiesta sul
fallimento della Divina Provvidenza,
s’è saputo che Versaldi
(indagato) ha mentito a
Bergoglio su 30 milioni di euro
statali destinati al Bambin
Gesù e forse dirottati all’Idi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 29 giugno 2015
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