“Ma questi i consiglieri comunali devono sta ai nostri ordini …. faccio come … ma perché io devo sta agli ordini tuoi …. te pago … ma va a fanculo”. Salvatore Buzzi, l’uomo delle coop che diceva: “Pago tutti”, spiega in una intercettazione l’asservimento totale dei politici agli ordini di Mafia Capitale. Il secondo atto dell’inchiesta è arrivato questa mattina: 44 arresti, 21 perquisizioni A tre giorni dal giudizio immediato per il “Mondo di mezzo” arriva una nuova tempesta giudiziaria sulla politica. Ci sono, tra gli altri: l’ex consigliere regionale di Forza Italia (Luca Gramazio), l’ex presidente Pd del Consiglio comunale in Campidoglio (Mirko Coratti) e l’ex assessore alla Casa del Pd (Daniele Ozzimo). E poi i consiglieri comunali di Fi (Giordano Tredicine) e “Centro democratico con Tabacci” (Massimo Caprari). Ma anche l’ex presidente Pd del X Municipio di Ostia (Andrea Tassone) e l’ex assessore Pd alle Politiche sociali (Angelo Scozzava).
Come nella prima tranche nel mirino degli inquirenti sono finiti democratici e forzisti, alcuni dei quali risultavano già indagati. Cuore di questa seconda parte di inchiesta il business degli immigrati di cui parlava in una famosa intercettazione Buzzi: “Con gli immigrati si fanno più soldi che con la droga”. In manette anche i manager di una cooperativa di area Comunione e Liberazione.
Tra gli arrestati uomini di Forza Italia e del Pd
Tra i 44 arresti del Ros c’è Luca Gramazio, consigliere di Forza Italia in Regione Lazio che si era dimesso dal capogruppo subito dopo la prima tranche dell’inchiesta, ma non aveva lasciato la poltrona di consigliere alla Pisana. Per lui l’accusa è di partecipazione all’associazione mafiosa capeggiata da Massimo Carminati per aver favorito sfruttando la sua carica politica: prima come capogruppo Pdl al Consiglio di Roma Capitale e in seguito come capogruppo Pdl (poi FI) appunto in Consiglio Regionale. Per gli inquirenti era stato a cena nel 2013 insieme al padre con Carminati: “Nulla da rimproverarmi – aveva detto rispondendo alla domanda sulla nomina alla commissione Trasparenza – Non faccio parte di un sistema”. In una intercettazione, il 23 luglio del 2013, però Carminati gli diceva: “Mo te sto a guarda’ ‘sta cosa per la … commissione trasparenza”.
Tra i 44 arresti del Ros c’è Luca Gramazio, consigliere di Forza Italia in Regione Lazio che si era dimesso dal capogruppo subito dopo la prima tranche dell’inchiesta, ma non aveva lasciato la poltrona di consigliere alla Pisana. Per lui l’accusa è di partecipazione all’associazione mafiosa capeggiata da Massimo Carminati per aver favorito sfruttando la sua carica politica: prima come capogruppo Pdl al Consiglio di Roma Capitale e in seguito come capogruppo Pdl (poi FI) appunto in Consiglio Regionale. Per gli inquirenti era stato a cena nel 2013 insieme al padre con Carminati: “Nulla da rimproverarmi – aveva detto rispondendo alla domanda sulla nomina alla commissione Trasparenza – Non faccio parte di un sistema”. In una intercettazione, il 23 luglio del 2013, però Carminati gli diceva: “Mo te sto a guarda’ ‘sta cosa per la … commissione trasparenza”.
Misura cautelare anche per l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti, che si era autosospeso dal Partito democratico a dicembre. Lo scorso gennaio contro il suo ufficio politico c’era stato un attentato incendiario. In manette anche l’ex assessore alla Casa del Campidoglio, Daniele Ozzimo (Pd): quest’ultimo era alla cena risalente al 2010 che per qualche giorno ha rappresentato con una fotografia della capacità di infiltrazione di Mafia capitale nelle istituzioni. I Ros hanno eseguito gli arresti anche dei consiglieri comunali Giordano Tredicine (vicepresidente del consiglio comunale e vicecoordinatore di Forza Italia per il Lazio), Massimo Caprari (capogruppo Centro democratico in Comune), l’ex presidente del X Municipio (Ostia), Andrea Tassone (Pd), Fabrizio Franco Testa, Angelo Scozzava, ex assessore alle Politiche sociale e già alla guida del dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della salute del Comune. Nuova ordinanza di custodia cautelare anche per Carminati e Buzzi.
Il gip Flavia Costantini ha firmato l’ordine di cattura anche per Stefano Bravo (già protagonista delle polemiche politiche legate alla prima ondata di arresti, perché tra i creatori della fondazione Human di Giovanna Melandri) e Pierpaolo Pedetti (Pd), presidente della commissione comunale Patrimoni. Domiciliari per Stefano Venditti, ex presidente della Lega Coop Lazio, il dirigente della Regione LazioGuido Magrini nella veste di responsabile del dipartimento politiche Sociali, Mario Cola, dipendente del dipartimento Patrimonio del Campidoglio, Franco Figurelli (misura carcere) che lavorava presso la segreteria di Coratti. Domiciliari per il costruttore Daniele Pulcini.
I carabinieri del Ros hanno eseguito misure cautelari per 44 persone con accuse di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori e altri reati. E la procura di Roma allarga al resto d’Italia l’inchiesta sulle relazioni pericolose tra colletti bianchi e criminali ormai organizzati: gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Roma, Rieti, Frosinone, L’Aquila, Catania ed Enna. Perquisite 21 persone c’è anche l’ex capo di gabinetto di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, Maurizio Venafro. L’ex braccio destro del presidente della Regione è indagato dai pm romani per il reato di tentativo di turbativa d’asta. La vicenda, per la quale Venafro si è dimesso nel marzo scorso, è relativa ad una gara d’appalto per l’acquisto del servizio Cup (il Centro Unico Prenotazione) che venne indetta e poi revocata nel dicembre scorso dallo stesso Zingaretti dopo che il bando era finito nelle carte dell’inchiesta.
I carabinieri, questa mattina all’alba, sono arrivati nella sede della cooperativa La Cascina a Tor Vergata (Roma) per acquisire documenti. Cuore di questa seconda tranche di il business degli immigrati di cui parlava in una famosa intercettazione l’ex uomo delle coop, Salvatore Buzzi: “Con gli immigrati si fanno più soldi che con la droga”. La rete di cooperative sociali, grazie a Mafia Capitale, si “sono assicurate numerosi appalti e finanziamenti della Regione Lazio, del Comune di Roma e delle aziende municipalizzate”.
Arrestati i manager della cooperativa La Cascina
I manager della cooperativa La Cascina,. vicina a Cl, erano “partecipi degli accordi corruttivi con Luca Odevaine” e hanno commesso “plurimi episodi di corruzione e turbativa d’asta” dal 2011 al 2014, mostrando così una “spiccata attitudine a delinquere” per ottenere vantaggi economici. Per questo il gip ha emesso una misura nei confronti anche di Domenico Cammissa, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita e Francesco Ferrara, tutti manager della cooperativa. Per Ferrara è stato disposto il carcere, mentre nei confronti degli altri tre sono scattati i domiciliari.
I manager della cooperativa La Cascina,. vicina a Cl, erano “partecipi degli accordi corruttivi con Luca Odevaine” e hanno commesso “plurimi episodi di corruzione e turbativa d’asta” dal 2011 al 2014, mostrando così una “spiccata attitudine a delinquere” per ottenere vantaggi economici. Per questo il gip ha emesso una misura nei confronti anche di Domenico Cammissa, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita e Francesco Ferrara, tutti manager della cooperativa. Per Ferrara è stato disposto il carcere, mentre nei confronti degli altri tre sono scattati i domiciliari.
Secondo il Gip, Odevaine avrebbe ricevuto dai quattro “la promessa di una retribuzione di 10.000 euro mensili, aumentata a euro 20.000 mensili dopo l’aggiudicazione del bando di gara del 7 aprile 2014, per la vendita della sua funzione e per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio in violazione dei doveri d’imparzialità della pubblica amministrazione”. Nello specifico, Odevaine avrebbe tra l’altro orientato le scelte del Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, in modo da creare creare le condizioni per l’assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite dal gruppo La Cascina. Avrebbe inoltre fatto pressioni finalizzate a far aprire i centri per immigrati in luoghi graditi alla cooperativa e concordato con i manager il contenuto degli stessi bandi di gara, che venivano poi predisposti in modo da garantire l’attribuzione di un punteggio elevato alla stessa La Cascina.
Il business degli immigrati e il sistema Odevaine
Al centro dell’indagine che ha portato agli arresti c’è appunto il “ramificato sistema di corruzione” creato per favorire un cartello di imprese interessato alla gestione dei centri di accoglienza, in grado di accedere ai consistenti finanziamenti pubblici stanziati per i flussi migratori. Un business che conosceva bene Luca Odevaine che nel marzo scorso ha ammesso di aver intascato tangenti. Negli atti dell’inchiesta gli inquirenti descrivevano così l’indagato: “Odevaine è un signore che attraversa, in senso verticale e orizzontale, tutte le amministrazioni pubbliche più significative nel settore dell’emergenza immigrati”. Un figura importante perché “la qualità pubblicistica di Odevaine risiede nell’essere appartenente al Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione” e al contempo è “esperto del presidente del C.d.A. per il Consorzio “Calatino Terra d’Accoglienza”, ente che soprintende alla gestione del Cara di Mineo“. E anche oggi il ruolo di Odevaine, nella veste di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per irichiedenti e titolari di protezione internazionale, viene confermato. Era lui che “doveva garantireconsistenti benefici economici ad un ‘cartello d’imprese’ interessate alla gestione dei centri di accoglienza, determinando l’esclusione di imprese concorrenti dall’aggiudicazione dei relativi appalti”. Per Odevaine il gip ha respinto la richiesta d’arresto.
Al centro dell’indagine che ha portato agli arresti c’è appunto il “ramificato sistema di corruzione” creato per favorire un cartello di imprese interessato alla gestione dei centri di accoglienza, in grado di accedere ai consistenti finanziamenti pubblici stanziati per i flussi migratori. Un business che conosceva bene Luca Odevaine che nel marzo scorso ha ammesso di aver intascato tangenti. Negli atti dell’inchiesta gli inquirenti descrivevano così l’indagato: “Odevaine è un signore che attraversa, in senso verticale e orizzontale, tutte le amministrazioni pubbliche più significative nel settore dell’emergenza immigrati”. Un figura importante perché “la qualità pubblicistica di Odevaine risiede nell’essere appartenente al Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione” e al contempo è “esperto del presidente del C.d.A. per il Consorzio “Calatino Terra d’Accoglienza”, ente che soprintende alla gestione del Cara di Mineo“. E anche oggi il ruolo di Odevaine, nella veste di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per irichiedenti e titolari di protezione internazionale, viene confermato. Era lui che “doveva garantireconsistenti benefici economici ad un ‘cartello d’imprese’ interessate alla gestione dei centri di accoglienza, determinando l’esclusione di imprese concorrenti dall’aggiudicazione dei relativi appalti”. Per Odevaine il gip ha respinto la richiesta d’arresto.
Il primo troncone dell’indagine aveva portato all’iscrizione nel registro degli indagati l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e in carcere Massimo Carminati e l’uomo delle coop Salvatore Buzzi. I pm romani Cascini, Ielo e Tescaroli, coordinati dall’aggiunto Michele Prestipino e dal procuratore Giuseppe Pignatone, hanno lavorato a lungo in questi mesi sul nuovo fronte.
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