NEGA. L’ACCUSA: DIPENDENTI AL LAVORO TROPPO PRESTO
“MALORI ED EDEMI”
Avviso di garanzia
per un dirigente dell’Asl
e uno di Adr, gestore
dello scalo. Si indaga
anche sui materiali usati
per i lavori al Terminal 3
di Valeria Pacelli
P
roprio nel giorno
in cui finalmente
il Terminal 3
dell’aeroporto di
Fiumicino viene dichiarato
pienamente operativo, il sollievo
per chi viaggia viene
immediatamente smorzato
da un dato inquietante: dopo
l’incendio, secondo l’Arpa,
nell’area c’è una elevata
quantità di diossina. Non solo:
secondo il sindacato Usb,
“nonostante siano passati 18
giorni dall’incendio, i lavoratori
continuano ad accusare
malori, anche importanti,
e a recarsi al Pronto
soccorso: risulterebbe che la
quota abbia superato i 400
casi solo nella zona di Fiumicino”.È
l’ennesimo capitolo,
anche giudiziario, della
vicenda del rogo all’A e r oporto
Leonardo da Vinci,
che lo scorso 7 maggio ha
raso al suolo cento metri
quadri del Terminal 3.
DOPO L’I N C H I E STA della
Procura di Civitavecchia per
incendio colposo (sono già
indagati quattro operai addetti
alla manutenzione e un
dirigente di Adr, coordinatore
degli impianti tecnici)
adesso i magistrati stanno lavorando
su un nuovo filone
di indagine, partita dai disturbi
alla pelle e alle vie respiratorie
riscontrati dopo
l’incendio da 150 dipendenti
dello scalo.
L’obiettivo, adesso, diventa
capire se alcune parti del
Terminal 3 siano state riaperte
troppo in fretta, dimenticando
i rischi per la salute
di chi ci lavora. Già sono
due gli indagati. Si tratta di
un funzionario dell’Asl Rm
D, nei confronti del quale si
ipotizza l’abuso d’ufficio per
non essere intervenuto a tutela
e nel rispetto dello Statuto
dei lavoratori, e di un
alto funzionario di Adr (violazione
della normativa sulla
sicurezza), sospettato di aver
fatto lavorare il personale nei
giorni successivi al rogo
ignorando le norme di tutela
della salute. Ipotesi queste
tutte da riscontrare.
L’inchiesta oltre i disturbi alla
pelle e alle vie respiratorie
dei 150 dipendenti, si basa
anche su un dato fornito
dall’Agenzia regionale protezione
ambientale (Arpa)
che - dopo aver esaminato la
qualità dell’aria nella zona -
ha evidenziato la presenza di
diossina, di Pcb e di furani in
quantità rilevante.
Un dato che contrasta con
quelli di una società privata
interpellata da Adr che, proprio
recentemente, ha riaperto
il “Molo D” del Terminal,
previo parere favorevole
di un funzionario
dell’Asl Rm D.
LA SOCIETÀ Aeroporti di
Roma – controllata in gran
parte dal gruppo Benetton –
però fa sapere di non aver
ricevuto “nessuna segnalazione
da parte di Arpa o
dell’Asl Roma D o di altro
Ente competente in materia,
che confermi la presenza di
tale elemento chimico”. Stessa
versione fornita da Enac
(l’Ente nazionale per l’avia -
zione civile) che al contrario
starebbe valutando la possibilità
di fare un esposto per
procurato allarme. Soprattutto
perché la notizia della
presenza di diossina arriva
proprio nel giorno in cui lo
stesso Ente, dopo giorni di
disagi, faceva tirare un sospiro
di sollievo ai viaggiatori e
compagnie comunicando
che il Terminal 3 è tornato
pienamente operativo.
INTANTO L’I N C H I E STA del
procuratore capo Gianfranco
Amendola e del sostituto
Valentina Zavatto si allarga.
Nel mirino della procura sono
finiti anche gli appalti e i
materiali utilizzati nei lavori
eseguiti negli ultimi tempi
nel Terminal 3.
Già sono stati acquisiti 18
faldoni di carte presso Adr e
società che hanno effettuato i
lavori, anche per fare chiarezza
sulla tipologia dei materiali
utilizzati.
“L'iscrizione di nuovi indagati
per il rogo al Terminal 3,
insieme alla notizia che sono
ben 150 i dipendenti dell’im -
pianto costretti a cure e trattamenti
sanitari, dimostra
quanto sia urgente da parte
del Parlamento un’iniziativa
come il fascicolo d’inchiesta
che la commissione Infortuni
ha aperto su questo incidente”,
afferma la presidente
della Commissione infortuni
del Senato, Camilla Fabbri
(Pd). il fatto quotidiano 26 maggio 2015
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