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lunedì 27 aprile 2015
CHERNOBYL E IL PARADIGMA DELLE MENZOGNE NUCLEARI
Il 28 maggio 1959, all’inizio del programma Atomi per la Pace, l’Assemblea Mondiale per la Sanità adottò un Accordo (legge WHA 12-40) con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).
L’Accordo OMS/AIEA, in pratica, sottomette l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) alle decisioni dell’AIEA, ovvero alle decisioni del promotore del nucleare commerciale, il cui statuto precisa che l’obiettivo principale è “l’accelerazione e la crescita del contributo dell’ energia atomica in favore della pace, la salute e la prosperità in tutto il mondo”. L’AIEA, in virtù dell’accordo stipulato, resta giudice e parte integrante in tutto ciò che concerne i rischi del nucleare per la salute pubblica, giacché il suo ruolo principale resta quello di promuovere la costruzione di centrali nucleari.
A differenza degli accordi di collaborazione stipulati normalmente tra le Agenzie specializzate dell’ONU, l’Accordo OMS-AEIA impedisce all’OMS di agire liberamente nel settore nucleare, se non dietro preventivo assenso dell’AEIA.
L’articolo I, comma 3, dell’accordo prevede, in effetti, che per intraprendere un programma o un’attività in un settore che presenti un interesse rilevante per l’AIEA, l’OMS debba consultare l’AIEA “allo scopo di regolare la questione di comune accordo”. Questo patto, che diventa vincolante in caso si verifichi un conflitto d’interessi, è in contraddizione flagrante con l’articolo 37 della Costituzione dell’OMS che invece prescrive che “nell’ esercizio delle loro funzioni, il Direttore generale ed il personale [dell’OMS] non dovranno richiedere o sollecitare istruzioni ” da parte di alcuna autorità che non sia parte integrante dell’OMS.
Secondo l’Articolo III, inoltre, “l’OMS e l’AIEA riconoscono di potere essere chiamate a prendere alcune misure restrittive al fine di salvaguardare il carattere confidenziale di alcuni documenti, la cui divulgazione potrebbe compromettere in un qualunque modo il buon andamento dei suoi lavori”.
Continua l’Articolo VII “l’AEIA e l’OMS si impegnano ad evitare, nelle loro rispettive attività, i doppi impieghi inutili, nella raccolta, il controllo e la pubblicazione delle statistiche, e a consultarsi sulle modalità di utilizzare il più efficacemente possibile le informazioni, le risorse e il personale tecnico nel settore statistico, come anche tutti i lavori statistici relativi a questioni d’ interesse comune”.
Sulla carta i diritti e i doveri sembrerebbero formulati in maniera reciproca: il testo dell’accordo non sembra stabilire un potere di un’agenzia dell’ONU che prevalga sull’altra. Di fatto, quest’accordo conferisce un diritto di veto asimmetrico e unilaterale all’AIEA: è essa soltanto a esercitare questo diritto, in quanto soltanto essa minaccia la salute pubblica. In caso di incidente lieve o anche grave, l’AIEA ha interesse ad assumere quelle misure restrittive di cui sopra.
Prima di questo Accordo, nel 1956, l’OMS riuniva un gruppo di brillanti esperti nel settore della genetica, compreso il vincitore del Premio Nobel per la genetica, H.J. Muller.
Questo gruppo ha collettivamente messo in guardia la comunità scientifica nei confronti del rapido sviluppo dell’industria nucleare commerciale: “Il patrimonio genetico è il bene più prezioso dell’essere umano. Esso determina la vita dei nostri discendenti, lo sviluppo sano ed armonioso delle generazioni future. In qualità di esperti, noi affermiamo che la salute delle future generazioni è minacciata dallo sviluppo crescente dell’industria nucleare e dalle fonti di irraggiamento nucleari… Stimiamo ugualmente che le nuove mutazioni che si manifestano negli esseri umani avranno un effetto nefasto su di loro e sulla loro discendenza”.
Quest’avvertimento fu vano, in quanto l’OMS non indugiò a firmare l’Accordo del 1959, contravvenendo al suo mandato, (articolo 2, punti “q” e “r” dello Statuto), cioè “fornire tutte le informazioni, dare tutti i consigli necessari e tutta l’ assistenza nel settore della sanità pubblica; aiutare a formare, tra i popoli, un’opinione pubblica che disponga di tutte le informazioni necessarie per quanto riguarda i provvedimenti da adottare in materia di salute pubblica”.
L’accordo AIEA/OMS rappresenta quindi il peccato originale che ha determinato tutto lo sviluppo del nucleare nel mondo e che ha assunto vere e proprie connotazioni di colpevolezza dopo l’incidente di Chernobyl.
Il potere di veto dell’AEIA è venuto particolarmente alla luce durante la Conferenza Internazionale organizzata dal Dott. Hiroshi Nakajima, a Ginevra nel novembre del 1995 e a cui parteciparono settecento esperti e medici, oltre ai ministri della Sanità dei Paesi più colpiti dalle conseguenze della catastrofe nucleare di Chernobyl (Ucraina, Federazione Russa, Bielorussia). L’argomento della conferenza era: "Le conseguenze di Chernobyl e di altri incidenti radiologici sulla salute". Gli atti di questo congresso erano attesi per il marzo 1996. A quell’epoca avrebbero costituito un “best seller”. Il loro fine, formulato per iscritto da Hiroshi Nakajima, sarebbe stato quello di fissare delle basi in vista della conferenza dell’AIEA a Vienna nel 1996. Questi documenti furono censurati. Fino ad oggi non sono ancora stati pubblicati. Hiroshi Nakajima, ex direttore generale dell’OMS, puntualizzò, alla televisione svizzera di lingua italiana a Kiev nel 2001, che la sospensione di questa pubblicazione derivava dai vincoli giuridici che legavano l’OMS all’AIEA (titolo del reportage: Bugie nucleari - Mensonges nucléaires, versione tedesca Atomare Lügen/Nuclear Controversies di Vladimir Tchertkoff).
Dal momento che le relazioni, i dibattiti e i poster presentati a Ginevra non sono stati oggetto di nessuna pubblicazione, è interessante e utile ricordare ciò che hanno espresso certe personalità, come il dottor Martin Griffiths, del Dipartimento degli Affari umanitari dell'ONU a Ginevra. Questo oratore segnalava che la verità non era stata detta alle popolazioni e ricordava che delle persone vivevano ancora in zone contaminate. Egli chiedeva che l'assistenza e gli studi proseguissero, perché senza soldi tutto sarebbe cessato. Indicava, inoltre, che 9 milioni di persone erano state colpite e che le conseguenze sanitarie nefaste non facevano che aumentare.
Il Dr. Y. Korolenko, Ministro della Sanità dell'Ucraina faceva notare che una grande porzione del suo paese era stata inquinata dalle ricadute radioattive. L'acqua potabile di 30 milioni di persone era contaminata. Tutta la popolazione era stata esposta allo Iodio131 e si tentava di stimare la dose di Cesio137 ricevuta da questa popolazione. Il ministro evocava le lesioni ai sistemi endocrini e segnalava un aumento del 25% del diabete (certo non conseguente ad una alimentazione eccessiva). Conoscendo il costo sociale del diabete insulino-dipendente, si capivano i timori del ministro che precisava che l'Ucraina era superata da questi avvenimenti e chiedeva aiuto a tutti i paesi.
Il Prof. E. A. Netchaiev, del Ministero della Sanità e dell'Industria Medica a Mosca, segnalava che 2,5 milioni di persone erano state irradiate nella Federazione della Russia in seguito a Chernobyl, e che 175.000 vivevano ancora nelle regioni contaminate. Egli constatava un aumento di una forma molto aggressiva di cancri della tiroide nei bambini e un aumento delle malformazioni congenite che erano passate da 220 a 400 su 100.000 nascite, nelle zone contaminate, mentre l'incidenza rimaneva intorno a 200 nelle zone pulite.
Il Prof. Okeanov, della Bielorussia, presentava i risultati di inchieste epidemiologiche di un gruppo di ricercatori di Minsk, in particolare dei dati derivati dal registro nazionale dei cancri, riconosciuto dall'OMS stessa e che esisteva dal 1972 in questo paese. A Hiroshima le leucemie sopraggiungevano già dopo pochi anni con un picco tra il quinto e l'ottavo anno, mentre a Celiabinsk il massimo fu raggiunto dopo 15 - 19 anni. Nei liquidatori, Okeanov osservava, invece, un raddoppio dell'incidenza delle leucemie dopo 9 anni, ma questo ben inteso non era ancora il picco. Egli precisava che nei liquidatori che avevano lavorato più di 30 giorni sul sito contaminato, l'incidenza della leucemia era già triplicata. Sicché, la durata dell'esposizione costituiva un fattore importante. I cancri solidi erano ugualmente aumentati: raddoppio dell'incidenza dei cancri della vescica nei liquidatori e aumento dei cancri dei reni, dei polmoni e altri, negli abitanti della regione di Gomel, zona particolarmente contaminata dalle ricadute radioattive.
La relazione di questo gruppo di ricercatori bielorussi indicava ancora che nei liquidatori le malattie cardiovascolari erano passate da 1.600 a 4.000 su 100.000 abitanti e a 3.000 nelle popolazioni che vivevano nelle zone fortemente contaminate. Si notavano alterazioni del sistema immunitario, un aumento delle aberrazioni cromosomiche, dei problemi della vista, dovuti in particolare a delle opacizzazioni del cristallino, delle cataratte in soggetti giovani. L'oratore segnalava un raddoppio dell'incidenza del ritardo mentale nei bambini e alterazioni psichiche negli adulti. Insisteva sulla necessità di seguire l'aumento delle malattie digestive constatate.
Questi dati, così come l'insieme delle informazioni presentate a Ginevra nel novembre del 1995, non furono, però, disponibili nel marzo 1996, come era stato previsto. L’AIEA, infatti, aveva già deciso di mettere un punto finale ai dibattiti su Chernobyl in occasione della sua Conferenza dall'8-12 aprile 1996 a Vienna. La pubblicazione del documento, da parte dell'OMS, avrebbe impedito all'AIEA di raggiungere il risultato perseguito: mettere fine alle discussioni concernenti le conseguenze sanitarie di Chernobyl.
E l’AIEA, in effetti, riunì, dall’8 al 12 aprile 1996 a Vienna, degli “esperti” scelti sapientemente. La Conferenza s’intitolava Un decennio dopo Chernobyl e i partecipanti erano stati scelti con cura: occorrevano autorizzazioni del Ministero dell'Industria del Ministero degli Affari Esteri, ma non del Ministero della Sanità. Gli oratori scelti per leggere le relazioni principali, e soprattutto i presidenti delle sedute, erano stati selezionati, al fine di eludere le discussioni sui problemi di salute, in particolare quelli dovuti alla presenza cronica dei radionuclidi di Chernobyl nell'ambiente. Gli oratori raccomandavano anche il silenzio dei media in caso di incidente, perché, a loro parere, i rapporti "allarmisti" sarebbero stati all'origine di quasi tutti i mali osservati in seguito a Chernobyl.
Le relazioni cattedratiche sembravano tendere principalmente verso una limitazione delle affezioni ammissibili causate dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, dopo Chernobyl. Tutte le altre malattie dovevano in seguito essere obbligatoriamente catalogate nel vasto complesso di malattie psicosomatiche, o di tipo rivendicativo, senza alcun rapporto con la radioattività.
L'AIEA battè la grancassa alla sindrome d'irradiazione acuta, accettata dagli esperti come una delle rare "conseguenze dell'incidente". Questa sindrome aveva portato a discussioni penose per sapere se i decessi erano stati 31 o 32. Ma, alla fine l’AIEA riuscì ad annunciare il “bilancio definitivo” della catastrofe di Chernobyl: 32 morti, 200 irradiati, 2.000 malati infantili di cancro della tiroide che si sarebbero potuti evitare. Questi sono stati praticamente i soli morti che l'AIEA abbia voluto prendere in conto, in seguito a Chernobyl. Nulla fu detto sulla sorte dei 600.000 liquidatori mandati a limitare gli effetti della catastrofe.
Comunque, fu dieci giorni dopo la confessione di impotenza del Dr. Nakajima che le autorità bielorusse, il 18 giugno 2001 a Minsk, fecero condannare da un tribunale militare a 8 anni di carcere duro, con un pretesto specioso, il Prof. Y. Bandazhevsky, rettore dell’ Istituto o Facoltà di Medicina di Gomel, le cui ricerche si erano concentrate proprio sulle gravi conseguenze sulla salute dei bambini dovute all’incorporazione cronica del Cesio137 attraverso l’ingestione di deboli dosi di radioattività.....
>>PER RICEVERE "IL NASO LUNGO DI CHERNOBYL"<<
>>PER RICEVERE "BUGIE NUCLEARI"<<
« Ultima modifica: 26 Apr 15, 10:40:59 am da Administrator »
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