Virginia Della Sala
Mentre leggete questo
giornale, in alcune città
d’Italia il traffico è bloccato. A
Perugia, a Terni, a Bussolengo
si cerca di ridurre l’inquinamento
chiudendo le strade
e regalando biglietti per il trasporto
pubblico. Peccato che,
a quanto pare, si tratti di semplici
e rari palliativi perché la
nostra aria è comunque irrespirabile
e a dirlo sono diversi
rapporti. Da quello
dell’Agenzia Europea
dell’ambiente a quello di Legambiente,
passando per l'Ispra
(Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale).
Secondo l’Agenzia
europea dell’ambiente, l’Italia
registra in Europa il più alto
numero di morti premature
per inquinamento da ozono:
3.400 vittime all’anno. Ed è al
secondo posto per le polveri
sottili, con oltre 64 mila morti:
a precederla solo la Germania,
“giustificata” dall’industria
pesante, dalle acciaierie e
le industrie chimiche.
L’ITALIA vive una delle situazioni
più critiche a livello europeo
soprattutto per quanto
riguarda il Pm10, il Pm2,5 e
l’ozono. I filtri antiparticolato
applicati alle automobili, insomma,
non hanno cambiato
la situazione. Nonostante il
miglioramento dei motori e le
direttive europee per ridurre
l’emissione di agenti inquinanti,
non ci sono stati avanzamenti
per quanto riguarda
la qualità dell’aria. Soprattutto
per le emissioni su strada.
L’Italia è il paese con il maggior
numero di veicoli in circolazione
in Europa: 792,5
ogni 1000 abitanti. Partendo
da questo dato, in circolazione
nel nostro Paese ci sarebbero
circa 40 milioni di autovetture.
Fine, ultrafine, nanoparticelle,
polveri sottili: il particolato
secondario prodotto dai motori
penetra nei polmoni, si
installa nei tessuti ed è quasi la
metà di quello presente
nell’aria, soprattutto in alcune
aree del Paese, come la pianura
padana. Il trasporto stradale
è la fonte principale di ossidi
di azoto, con il 48 per cento
del totale emesso: a quanto
pare, non è stato decisamente
abbattuto dall’evoluzione dei
motori Euro. A dirlo è, anche
in questo caso, il documento
dell’Agenzia europea per
l’ambiente. Guardando i dati,
ci si accorge anzi che, dal 2010
al 2012, i valori di polveri sottili
sono aumentati: per il
Pm10 si è passati da 50,5 microgrammi
al metro cubo nel
2010, al 62,5 nel 2011 poi tornati
a 50,7 del 2012. E, come
sottolinea il rapporto di Legambiente
del 2015, i valori di
abbattimento indicati nei motori
Euro “riguardano il funzionamento
del motore a certi
standard di temperatura e di
regime, che difficilmente si
raggiungono muovendosi nel
traffico cittadino e quindi
spesso non rispondono alle
emissioni reali dei veicoli che
possono essere superiori”.
LA SOLUZIONE è un radicale
cambiamento. “Anche perché
l’innovazione tecnologica ha
esaurito il suo potenziale -
spiega Alberto Fiorillo, responsabile
Aree Urbane di
Legambiente - Ormai siamo a
crescita zero. Anche le più
avanzate tecnologie sui carburanti
tradizionali hanno
svolto il massimo che potevano.
Non ci sono più margini
di miglioramento se non la riduzione
del numero di veicoli
in circolazione”. Per farlo si
dovrebbe potenziare il trasporto
pubblico. “E invece –
sostiene Angelo Bonelli, coportavoce
della Federazione
dei Verdi - l’Italia destina il 35
per cento in meno di investimenti
al trasporto pubblico
rispetto al resto d'Europa. Per
non dire che ignora completamente
lo sviluppo di forme
alternative di trasporto e di
motori, dalle auto elettriche a
quelle a idrogeno. Servirebbe
una rivoluzione generale della
mobilità, partendo dall’effi -
cienza del trasporto pubblico”.
Tornando ai numeri, secondo
il rapporto europeo quasi un
terzo della popolazione italiana
che abita in città è stata
esposta, nel 2012, alle polveri
sottili. E dei 75 capoluoghi
monitorati da Legambiente,
almeno undici nel 2013 hanno
registrato una media annuale
superiore al valore limite
di 26 microgrammi al metro
cubo. Brescia, Milano e
Monza sono ai primi posti
con un valore pari a 31. Seguono
Torino, Cremona e
Mantova.
Il numero delle città a rischio,
però, aumenta se si cambia
prospettiva. Il valore previsto
dalla normativa europea, infatti,
è superiore a quello previsto
dalle raccomandazioni
dell’Organizzazione mondiale
della Sanità che considera il
Pm2,5 il particolato atmosferico
più rischioso per la salute
dell’uomo e fissa a 10 microgrammi
al metro cubo la media
annuale da non superare.
Se si tenesse conto di questo
parametro, tra le città analizzate
si salverebbero solo Genova
(9) e Sassari (8). “E i dati
- si legge nel resoconto - confermano
anche i vari rapporti
stilati dalla Comunità Europea
e ripresi da Ispra: tutti concordano nel dire che tra il
2009 e il 2011, fino al 96 per
cento degli abitanti delle città
è stato esposto a concentrazioni
di particolato fine superiori
ai livelli delle linee guida
dell’Oms”. Insomma, tutti
concordano sul fatto che le
città italiane siano malate.
E PER IL 2015? Nessun miglioramento.
L’anno si è aperto
con alti livelli di Pm 10
nell’aria di molte città italiane.
Trentadue capoluoghi hanno
superato la soglia massima
giornaliera consentita una
volta ogni tre giorni. Quattordici,
un giorno ogni due. Tra
questi, i principali centri urbani
dell’area padana e alcune
grandi città del centro sud come
Roma (12 giorni di superamento)
e Napoli (11 giorni).
A guidare la classifica del 2015
ci sono, per il momento, Frosinone
e Parma con 20 giorni
di superamento del limite. Per
rientrare nei ranghi non basteranno
filtri né sporadici
blocchi del traffico.
il fatto quotidiano 29 marzo 2015
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