S T RAT E G I E
DEL PM
Sulle lesioni contestate
al manager svizzero
è intervenuta
la prescrizione. Adesso
l’accusa è diversa.
Dobbiamo sapere perché
258 persone sono morte
di Andrea Giambartolomei
O
ra è scritto nero su
bianco. La condanna
al manager svizzero
Stephan
Schmidheiny, a capo degli stabilimenti
dell’Eternit a Casale
Monferrato, Cavagnolo, Rubiera
e Bagnoli, è stata annullata
per due ragioni: perchè la prescrizione
del reato è “intervenu -
ta prima della sentenza di I grado”,
ma anche perché “il Tribunale
ha confuso la permanenza
del reato con la permanenza degli
effetti del reato”. In altri termini:
la formulazione dell’ac -
cusa era sbagliata. È questo
quanto scrivono i giudici della
Corte di Cassazione nelle motivazioni
della loro sentenza del
19 novembre scorso. Con quella
decisione vennero cancellati i
risarcimenti, ma la Procura di
Torino, pm Gianfranco Colace
e Raffaele Guariniello, portano
avanti un nuovo procedimento:
“Non tutto è finito”, dice il secondo.
Dottor Guariniello, cosa pensa
di queste motivazioni?
La sentenza è importante e doverosamente
ci atterremo a
questa impostazione. È molto
meditata. La aspettavo proprio
prima di fare la richiesta di rinvio
a giudizio per gli omicidi volontari.
L’idea che tutto sia prescritto
e tutto finito è sbagliato.
La procura e i giudici torinesi
avevano dato una lettura diversa.
Sul disastro sono state date due
letture completamente diverse
della norma: per la Cassazione il
reato avviene con l’emissione
delle polveri nell’ambiente e si è
concluso con la chiusura degli
stabilimenti; per i giudici di merito
invece gli effetti si realizzavano
in un arco di tempo molto
prolungato e per farlo si erano
appoggiati a una sentenza della
stessa sezione sul disastro di
Porto Marghera.
Cosa dice sulle responsabilità
dell’imputato Stephan Schmid
h e i ny?
Dice una cosa molto importante.
Afferma che non ci sono le
condizioni per applicare l’articolo 129, secondo comma, del
codice di procedura penale per
il quale bisogna assolvere nel
merito se non ci sono responsabilità.
Pare essere un punto fermo alla
fine di questo lungo processo.
Ora cosa farete?
Abbiamo firmato la richiesta di
rinvio a giudizio e aspettiamo
che il tribunale fissi la data
dell’udienza preliminare.
Su cosa verte questo nuovo proce
d i m e n to?
Al momento riguarda la morte
di 258 persone, ma stiamo
aspettando centinaia di perizie.
Si tratta dei lavoratori, dei loro familiari e dei loro concittadini
a Casale Monferrato, Cavagnolo,
Rubiera e Bagnoli. Questa
volta l’accusa verso Schmidheiny
è di omicidio volontario
continuato.
Non c’è il rischio del “ne bis in
idem”, ossia di processare due
volte una persona per lo stesso
fa t to?
No, per nulla. La Cassazione dice
chiaramente che sono due
reati diversi. Distingue le lesioni
e le morti provocate negli abitanti
e nei lavoratori dal reato di
disastro.
Tra pochi giorni comincia il nuovo
appello di ThyssenKrupp.
Anche in questo caso la Suprema
Corte fu critica nei confronti
delle sentenze di merito e decise
rinviare in appello. Per alcuni
critici c’è un problema tra Torino
e Roma. Lei cosa risponde?
Per il rogo alla ThyssenKrupp la
Cassazione confermò la condanna
degli imputati, ma chiese
di ricalcolare la pena. È nella natura
del processo. Sui problemi
tra Torino e Roma ricordo solo
che nel processo per il crollo al
liceo Darwin di Rivoli (in cui
morì un 17enne, ndr) i giudici
hanno accolto la nostra impostazione
confermando le condanne.
Bisogna saper rispettare
le decisioni e sapere cogliere gli
aspetti positivi- . il fatto quotidiano 24 febbraio 2015
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