lunedì 23 febbraio 2015

MUORE IL PENTITO DEI CASALESI Addio Schiavone: verità e veleni sulla munnezza

NEL 2013 DISSE DI SAPERE DOVE I CLAN AVEVANO S E P P E L L I TO I RIFIUTI TOSSICI NELLA TERRA DEI FUOCHI
 di Vincenzo Iurillo A l netto dei verbali da collaboratore di giustizia, e delle rutilanti interviste rilasciate a partire dall’estate del 2013, appena è tornato ad essere un uomo libero e senza programma di protezione, il contributo di Carmine Schiavone alla scoperta dei veleni seppelliti dalla camorra nella Terra dei Fuochi, è stato sopravvalutato. Il primo grande pentito del clan dei Casalesi è morto ieri a 72 anni a Viterbo per un infarto pochi giorni dopo essere stato operato a una vertebra lesionata per una caduta casalinga. Sosteneva di sapere dove erano stati nascosti i rifiuti tossici più pericolosi e nel 1997 in commissione antimafia aveva pronosticato una strage di tumori (“fra vent’anni moriranno tutti di cancro”) nei territori inquinati del ‘t r i a ngolo della morte’, Casapesenna, Casal di Principe, Castelvolturno, i regni dei boss più potenti, Michele Zagaria e Antonio Iovine. Carmine Schiavone, cugino del superboss S a n d o ka n Francesco Schiavone, ha indicato luoghi e circostanze, tra cui i terreni in prossimità dello stadio di Casal di Principe. Gli scavi effettuati più sull’onda della pressione mediatica che delle esigenze investigative hanno dato riscontri parziali e contraddittori. Questo però non significa che la Campania non sia stata devastata da decenni di sversamenti abusivi, tutt’altro. Ma Carmine Schiavone sui rifiuti forse non ha riferito tutto quello che sapeva. E quel che ha detto lo ha detto urlando, mischiando mezze verità e mezze bugie, accennando a scorie radioattive mai ritrovate, e formando negli ultimi anni una bolla mediatica che ha indotto equivoci e confusione anche in chi, tra magistrati, giornalisti, inquirenti e comitati di cittadini, era animato dalle migliori intenzioni. UNA TRAPPOLA nella quale è caduto anche Antonio Di Pietro nell’inedita veste di videoreporter per una tv molisana. L’ex leader di Idv ha intervistato Schiavone nel gennaio 2014, sperando di ottenere notizie sull’inquina - mento del Molise. Fornendo così a Schiavone l’occasione di asserire: “Cantone non ha fatto un cavolo per sette anni”. Di Pietro ovviamente si è dissociato dalle parole del pentito che si era tolto un sassolino dalla scarpa: pochi mesi prima il pm anticamorra aveva definito “stupidaggini” le sue ultime dichiarazioni. Cantone, attualmente presidente dell’Autorithy anticorruzione, aveva querelato Schiavone per diffamazione. Il verbale dell’audizione di Schiavone in commissione antimafia nel 1997, desecretato solo nel 2013, ha rappresentato comunque una traccia investigativa importantissima per ricostruire gli intrecci degli affari dell’interra - mento illecito dei rifiuti e dei fusti tossici. Carmine Schiavone ha indicato nei boss Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti e nell’im - prenditore Gaetano Cerci, coinvolto negli anni ’90 in un’indagine sulla P2, i principali gestori di un traffico che fruttava centinaia di milioni di lire al mese per le casse della camorra. Un racconto terrificante. Scavi abusivi fino a 20 metri di profondità e oltre, riempiti di scorie industriali provenienti dal nord, i padroni dei fondi ricompensati con pochi milioni di lire, i detriti utilizzati per il ripianamento della Nola-Villa Literno, cave e allevamenti ittici del domiziano utilizzati per gli interramenti. “Sono al corrente che dalla Germania arrivavano camion di fanghi nucleari, che sono stati scaricati nelle discariche” affer - ma Schiavone, assieme a fusti di tuolene, provenienti da fabbriche chimiche di Arezzo, ma anche da Massa Carrara, La Spezia e Milano. “Quelli della Di.fra.bi, l'avvocato Chianese, quelli di Parete e di Aversa (…) mandavano a scaricare nelle nostre discariche (illegali, ndr), dando un tot al chilo ed una percentuale al mese”. Carmine Schiavone iniziò a collaborare nel 1993. Era il ragioniere del clan dei Casalesi. Le sue rivelazioni consentirono di istruire il processo Spar tacus, concluso il 15 gennaio 2010 con le condanne in Cassazione dei boss. Il 10 febbraio 2010 Schiavone rilasciò una rumorosa intervista a Il Tempo, preconizzando reazioni e scenari da 1992 palermitano: “Dovranno eliminare me, le vittime ci vogliono, altrimenti i vecchi scompaiono ed emergono i nuovi. Ma rischiano anche il pm di Napoli Federico Cafiero de Raho, e purtroppo anche Roberto Saviano”. In quei giorni furono rafforzate le misure di sicurezza al giudice Lello Magi, l’estensore delle motivazioni di Spar tacus. Schiavone era stato denunciato per truffa dal servizio centrale di protezione, con l’accusa di essersi fatto rimborsare l’affitto pur vivendo in una casa di proprietà. A una domanda del cronista se si sentisse un “su - perpentito”, Schiavone rispose: “No, mi sento un povero stronzo che ha creduto troppo nella giustizia”. Pentito di essersi pentito. il fatto quotidiano 23 febbraio 2015

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