NEL 2013 DISSE
DI SAPERE DOVE
I CLAN AVEVANO
S E P P E L L I TO
I RIFIUTI TOSSICI
NELLA TERRA
DEI FUOCHI
di Vincenzo Iurillo
A
l netto dei verbali
da collaboratore di
giustizia, e delle rutilanti
interviste rilasciate
a partire dall’estate
del 2013, appena è tornato ad
essere un uomo libero e senza
programma di protezione, il
contributo di Carmine Schiavone
alla scoperta dei veleni
seppelliti dalla camorra nella
Terra dei Fuochi, è stato sopravvalutato.
Il primo grande
pentito del clan dei Casalesi è
morto ieri a 72 anni a Viterbo
per un infarto pochi giorni
dopo essere stato operato a
una vertebra lesionata per
una caduta casalinga. Sosteneva
di sapere dove erano
stati nascosti i rifiuti tossici
più pericolosi e nel 1997 in
commissione antimafia aveva
pronosticato una strage di
tumori (“fra vent’anni moriranno
tutti di cancro”) nei
territori inquinati del ‘t r i a ngolo
della morte’, Casapesenna,
Casal di Principe, Castelvolturno,
i regni dei boss più
potenti, Michele Zagaria e Antonio Iovine. Carmine
Schiavone, cugino del superboss
S a n d o ka n Francesco
Schiavone, ha indicato luoghi
e circostanze, tra cui i terreni
in prossimità dello stadio di
Casal di Principe. Gli scavi effettuati
più sull’onda della
pressione mediatica che delle
esigenze investigative hanno
dato riscontri parziali e contraddittori.
Questo però non
significa che la Campania
non sia stata devastata da decenni
di sversamenti abusivi,
tutt’altro. Ma Carmine Schiavone
sui rifiuti forse non ha
riferito tutto quello che sapeva.
E quel che ha detto lo ha
detto urlando, mischiando
mezze verità e mezze bugie,
accennando a scorie radioattive
mai ritrovate, e formando
negli ultimi anni una bolla
mediatica che ha indotto
equivoci e confusione anche
in chi, tra magistrati, giornalisti,
inquirenti e comitati di
cittadini, era animato dalle
migliori intenzioni.
UNA TRAPPOLA nella quale
è caduto anche Antonio Di
Pietro nell’inedita veste di videoreporter
per una tv molisana.
L’ex leader di Idv ha
intervistato Schiavone nel
gennaio 2014, sperando di ottenere
notizie sull’inquina -
mento del Molise. Fornendo
così a Schiavone l’occasione
di asserire: “Cantone non ha
fatto un cavolo per sette anni”.
Di Pietro ovviamente si è
dissociato dalle parole del
pentito che si era tolto un sassolino
dalla scarpa: pochi mesi
prima il pm anticamorra
aveva definito “stupidaggini”
le sue ultime dichiarazioni. Cantone, attualmente presidente
dell’Autorithy anticorruzione,
aveva querelato
Schiavone per diffamazione.
Il verbale dell’audizione di
Schiavone in commissione
antimafia nel 1997, desecretato
solo nel 2013, ha rappresentato
comunque una traccia
investigativa importantissima
per ricostruire gli intrecci
degli affari dell’interra -
mento illecito dei rifiuti e dei
fusti tossici. Carmine Schiavone
ha indicato nei boss
Francesco Schiavone, Francesco
Bidognetti e nell’im -
prenditore Gaetano Cerci,
coinvolto negli anni ’90 in
un’indagine sulla P2, i principali
gestori di un traffico
che fruttava centinaia di milioni
di lire al mese per le casse
della camorra. Un racconto
terrificante. Scavi abusivi fino
a 20 metri di profondità e oltre,
riempiti di scorie industriali
provenienti dal nord, i
padroni dei fondi ricompensati
con pochi milioni di lire, i
detriti utilizzati per il ripianamento
della Nola-Villa Literno,
cave e allevamenti ittici
del domiziano utilizzati per
gli interramenti. “Sono al corrente
che dalla Germania arrivavano
camion di fanghi
nucleari, che sono stati scaricati
nelle discariche” affer -
ma Schiavone, assieme a fusti
di tuolene, provenienti da
fabbriche chimiche di Arezzo,
ma anche da Massa Carrara,
La Spezia e Milano.
“Quelli della Di.fra.bi, l'avvocato
Chianese, quelli di Parete
e di Aversa (…) mandavano
a scaricare nelle nostre
discariche (illegali, ndr), dando
un tot al chilo ed una percentuale
al mese”. Carmine
Schiavone iniziò a collaborare
nel 1993. Era il ragioniere
del clan dei Casalesi. Le sue
rivelazioni consentirono di
istruire il processo Spar tacus,
concluso il 15 gennaio 2010
con le condanne in Cassazione
dei boss. Il 10 febbraio
2010 Schiavone rilasciò una
rumorosa intervista a Il Tempo,
preconizzando reazioni e
scenari da 1992 palermitano:
“Dovranno eliminare me, le
vittime ci vogliono, altrimenti
i vecchi scompaiono ed
emergono i nuovi. Ma rischiano
anche il pm di Napoli
Federico Cafiero de Raho, e
purtroppo anche Roberto Saviano”.
In quei giorni furono
rafforzate le misure di sicurezza
al giudice Lello Magi,
l’estensore delle motivazioni
di Spar tacus. Schiavone era stato denunciato per truffa
dal servizio centrale di protezione,
con l’accusa di essersi
fatto rimborsare l’affitto pur
vivendo in una casa di proprietà.
A una domanda del
cronista se si sentisse un “su -
perpentito”, Schiavone rispose:
“No, mi sento un povero
stronzo che ha creduto troppo
nella giustizia”. Pentito di
essersi pentito. il fatto quotidiano 23 febbraio 2015
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