IL
GOVERNO È DIVISO,
SI
PREPARA LO SCONTRO
SUL
TAV TORINO-LIONE
GLI
ESPERTI ECONOMICI DI PALAZZO CHIGI VOGLIONO
IMPORRE
L’ANALISI COSTI-BENEFICI MAI FATTA. DIMOSTREREBBE
CHE
SONO SOLDI BUTTATI. LOBBISTI DEL CEMENTO IN ALLARME
IL
GIUDIZIO
Yoram
Gutgeld
e
Roberto Perotti
hanno
da sempre
posizioni
critiche
sulla
costosa
ferrovia
Italia-Francia
LA
MEDIAZIONE
La
legge di Stabilità
passerà
senza
aggiunte,
ma a gennaio
il
premier dovrà
mettere
una toppa
con
il ministro Lupi
di
Giorgio
Meletti
Un
tecnicismo è il detonatore
e
la bomba
sta
per esplodere
sulla
scrivania di
Matteo
Renzi. Ancora una volta
-
come ai tempi di Prodi - un
governo
guidato dal centro-sinistra
sta
per spaccarsi sulle
grandi
infrastrutture, rilanciate
con
entusiasmo dal decreto
Sblocca
Italia. Il tecnicismo è
una
strana mossa di Rfi, la società
Fs
che gestisce la rete ferroviaria.
Nel
nuovo contratto di
programma
con il ministero
delle
Infrastrutture ha corretto
da
8,4 a 12 miliardi di euro il costo
previsto
del Tav Torino-
Lione,
con un’impennata
del
40 per cento. In realtà è stata
solo
applicata al preventivo originario,
stilato
a prezzi 2012,
l’inflazione
degli anni occorrenti
alla
realizzazione, calcolata
al
tasso pessimista del 3,5 per
cento
annuo. Tanto che Mario
Virano,
commissario governativo
della
Torino-Lione, ha subito
minimizzato:
il costo previsto
per
il governo italiano (2,9
miliardi
se arriva un cospicuo
finanziamento
europeo) non
aumenterà
di un euro.
MA
TANT'È, quel
numerino
scritto
da Rfi ha toccato nervi
scopertissimi.
Stefano Esposito,
sostenitore
acceso della Torino-
Lione
– tanto da essere nel
mirino
di frange violente dei No
Tav
– considera la correzione
verso
l’alto un siluro all’opera,
tanto
da aver ottenuto per l’11
novembre
prossimo la convocazione
dei
vertici di Rfi alla
commissione
Trasporti del Senato.
Il
parlamentare piemontese
punta
a stroncare subito ogni
resistenza
facendo uscire allo
scoperto
i frenatori delle grandi
opere.
Solo che stavolta la lobby
del
cemento non se la dovrà vedere
con
localismi e ambientalismi,
bensì
con un’agguerrita
pattuglia
di economisti piazzati
proprio
a palazzo Chigi.
Il
Tav Torino-Lione è solo la
prima
stazione di una via
crucis
destinata
a toccarne numerose,
soprattutto
ferroviarie, come il
terzo
valico Genova-Tortona, il
nuovo
tunnel del Brennero e
l’alta
velocità Napoli-Bari, investimenti
più
celebrati che finanziati
nel
decreto Sblocca Italia,
approvato
alla Camera e in attesa
del
voto del Senato.
Il
fatto è che la tesi principale degli
oppositori
della Torino-Lione
–sono
soldi buttati –ha sempre
convinto
anche Renzi. Ancora
un
anno e mezzo fa diceva:
“Prima
lo Stato uscirà dalla logica
ciclopica
delle grandi infrastrutture
e
si concentrerà sulla
manutenzione
delle scuole e
delle
strade, più facile sarà per
noi
riavvicinare i cittadini alle
istituzioni.
E anche, en
passant,
creare
posti di lavoro più stabili”.
Sulla
Torino-Lione la bocciatura
era
quasi sprezzante:
“Non
credo a quei movimenti di
protesta
che considerano dannose
iniziative
come la Torino-
Lione.
Per me è quasi peggio:
non
sono dannose, sono
inutili.
Sono soldi impiegati male”.
Poi
la politica ha imposto i suoi
prezzi
e Renzi, conquistando
palazzo
Chigi, ha confermato
Maurizio
Lupi al ministero delle
Infrastrutture
per non perdere
l’appoggio
parlamentare del
Ncd
e quello lobbistico del potente
e
trasversale partito del cemento.
Il
decreto Sblocca Italia è
stato
il trionfo di Lupi e dei suoi
sostenitori,
con grandi opere a
strafare
e ampi varchi per cementificazioni
di
ogni tipo.
Adesso
però sono proprio i lobbisti
del
cemento e delle imprese
di
costruzione a notare con
preoccupazione
che tra gli
esperti
economici che Renzi ha
portato
a palazzo Chigi ci sono
autorevoli
avversari dello spreco
di
miliardi in nome delle imprescindibili
infrastrutture.
Il
più
insidioso è il bocconiano
Roberto
Perotti, uno che già sei
anni
fa pubblicò sul Il
Sole 24 Ore
rasoiate
del seguente tenore:
“Che
cosa sarebbe più utile per
l’immagine
del Paese: ripulire i
treni
utilizzati da milioni di turisti
stranieri
o fare una galleria
di
dubbia utilità a costi esorbitanti?
(...)
Nonostante i loro eccessi,
gli
ambientalisti hanno ragione:
deturpare
una vallata per
ridurre
le emissioni dell’1% al
costo
di 16 miliardi è un buon
investimento
per le imprese appaltatrici,
ma
non per il Paese”.
SOLDI
BUTTATI, dunque,
come
diceva
Renzi finché ha potuto. E
come
pensa un altro esperto di
palazzo
Chigi, il deputato Pd ex
McKinsey
Yoram Gutgeld, che
già
in tempi non sospetti definiva
le
nuove linee ad alta velocità
“opere
faraoniche, miliardarie
e
inutili”. Per adesso la legge
di
Stabilità andrà liscia, e vedrà
la
conferma di tutti i finanziamenti
previsti
per la Torino-
Lione
e le altre grandi opere.
Ma
lo scontro è solo rinviato.
Gutgeld
e Perotti pensano
all’arma
totale, a uno scherzetto
che
per il partito del cemento è
come
l’aglio per i vampiri: imporre
al
Cipe - l’opaco comitato
interministeriale
dove si fanno i
giochi
per i grandi investimenti,
una
cosa che in Italia nessuno ha
mai
fatto, la cosiddetta analisi
costi-benefici.
Un esercizio che
serve
agli economisti per sapere
se
si sta spendendo bene o male.
Domande
come: serve davvero
questa
nuova ferrovia? Quanti
posti
di lavoro crea? È possibile
spendere
gli stessi soldi in qualcosa
che
dia risultati più interessanti?
Siccome
in Italia l’analisi
costi-benefici
non è mai stata
adottata,
a domande del genere
si
è risposto finora con slogan
come
“è per la competitività” o
“ce
lo chiede l’Europa”. Ma oggi
l’unico
argomento politicamente
solido
per andare avanti
con
la Torino-Lione è anche il
più
antipatico: non darla vinta ai
No
Tav.
IL
NODO ADESSO sta
per arrivare
al
pettine. Già la Corte dei
Conti
francese ha fatto notare
che
i miliardi di euro per la nuova
ferrovia
Torino-Lione sono
sostanzialmente
soldi buttati.
Gli
esperti di palazzo Chigi
adesso
si preparano a dare una
spallata
nella stessa direzione,
scommettendo
che nella difficile
situazione
dei conti pubblici si
potrebbero
risparmiare o spendere
meglio
decine di miliardi.
Per
adesso l’operazione è tenuta
sotto
traccia. Il momento propizio,
superato
lo scoglio della
Legge
di stabilità, potrebbe essere
l’inizio
del 2015, per evitare
un
duello con la lobby del cemento
in
un momento politicamente
complicato.
Nello scontro
frontale
tra il partito anti-
spreco
e quello del cemento
guidato
da Lupi è proprio Renzi
che
rischia di trovarsi schiacciato,
se
non si inventa una delle
sue
mosse.
Twitter
@giorgiomeletti
il fatto quotidiano 2 novembre 2014
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