Il dossier Arpat sulle ispezioni effettuate tra il 2012 e il 2013 negli stabilimenti - industrie chimiche e depositi contenenti gpl, prodotti petroliferi, sostanze tossiche, fitofarmaci e esplosivi - rientranti nel campo d'applicazione della direttiva "Seveso" Buona parte di 29 aziende toscane che si occupano di sostanze pericolose devono integrare alcune delle procedure necessarie alla prevenzione dei rischi di “incidenti rilevanti”, ossia emissioni, incendi o esplosioni. E’ quanto emerge dal dossier Arpat, l’agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, sulle ispezioni effettuate tra il 2012 e il 2013 negli stabilimenti (industrie chimiche e depositi contenenti gpl, prodotti petroliferi, sostanze tossiche, fitofarmaci e esplosivi) rientranti nel campo d’applicazione della “Seveso“, direttiva comunitaria introdotta nel 1982 per evitare che si verificassero altri incidenti come quello avvenuto a metà anni Settanta nella bassa Brianza.
A un terzo dei 29 stabilimenti ispezionati (secondo l’inventario del Ministero dell’ambiente sono complessivamente 62 le aziende toscane suscettibili di causare “incidenti rilevanti” ai sensi della direttiva Seveso, ndr) è stato prescritto di intervenire su almeno 4 degli 8 punti strategici presi in esame mentre sono complessivamente 22 quelli a cui è stato chiesto di intervenire su almeno uno dei fattori. Soltanto in 7 casi non si riscontra invece più (o non si è mai riscontrato) alcuna problematica. Secondo l’assessore regionale all’Ambiente Anna Rita Bramerini i risultati non devono però far preoccupare: la “quasi totalità” delle aziende controllate – sostiene Bramerini a ilfattoquotidiano.it – ha infatti correttamente attuato il “Sistema di gestione della sicurezza” e le richieste di integrazione sarebbero soltanto state avanzate nell’ottica di un “miglioramento continuo”.