venerdì 3 ottobre 2014

Un anno di Arctic30: la loro libertà è la nostra libertà di Greenpeace

Il diritto a manifestare pacificamente il dissenso è un principio fondamentale di una società sana - il diritto umano di esprimersi, di resistere, di sfidare leggi ingiuste, e qualche volta, quando il sistema non nè è capace, di opporsi alla distruzione e dare voce a chi non ce l’ha.

E 'passato un anno da quando la nostra azione pacifica nell’Artico è stata bloccata dagli agenti armati russi; quasi un anno da quando ci hanno illegittimamente accusati di pirateria e mandato in prigione per più di due mesi. Per noi non passa giorno senza pensare al tempo che abbiamo trascorso in carcere a Murmansk e a San Pietroburgo, o al fatto che non abbiamo “visto” la giustizia - siamo liberi, sì, ma ci è stata concessa un’amnistia per un reato che non abbiamo commesso. Ma almeno siamo a casa con le nostre famiglie, che è certo molto di più di quanto avviene alle migliaia di altri attivisti di tutto il mondo che continuano ad essere perseguitati o imprigionati perché lottano per ciò in cui credono.  I nostri compagni attivisti in India, Spagna, Stati Uniti e in Russia, sono ancora al centro di un fuoco incrociato di governi e di industrie che si sentono minacciati dalla società civile e decisi a mettere a tacere l'opposizione in ogni modo.

Questo sta avvenendo con la criminalizzazione della protesta pacifica e il restringimento dello spazio democratico in tutto il mondo.
In Russia, l’attivista Yevgeny Vitishko, 40 anni,  - un membro della ONG di Vigilanza Ambientale per il Caucaso del Nord - protestava contro l'impatto ambientale delle Olimpiadi invernali di Sochi quando è stato arrestato. Il suo "crimine"? Dipingere su un recinto le parole "La foresta è di tutti". Inizialmente gli è stata concessa la sospensione della pena, ma un giudice l’ha annullata, e nel febbraio di quest'anno è stato condannato a tre anni in una colonia penale.
In Spagna, il governo è in procinto di approvare una legge che penalizza arbitrariamente laprotesta pacifica con multe estreme. Una risposta diretta alle numerose manifestazioni di malcontento - pacifiche - dei cittadini verso le riforme dell’esecutivo, come gli enormi tagli di spesa nella sanità e nell'istruzione.
In India, gli abitanti di Mahan si trovano ad affrontare pressioni estreme e gli attivisti ambientali sono perseguitati, a causa dei loro sforzi per impedire che una nuova miniera di carbone sia costruita da Essar e Hindalco, due compagnie minerarie alla ricerca delle riserve di carbone che si nascondono sotto le foreste. Dalle foreste di Mahan dipende il sostentamento di circa 55.000 persone. La loro cultura e la vita della comunità si intrecciano con i territori che le aziende stanno minacciando di distruggere.
Se le aziende vinceranno, queste comunità locali saranno costrette ad andarsene.
Eppure gli abitanti di Mahan non si sono fermati: si sono riuniti per raccogliere sostegno, hanno organizzato manifestazioni e incontri pubblici per aumentare la consapevolezza dei propri diritti nella regione. Ma le autorità vogliono “schiacciare” i manifestanti su tutti i fronti. Il 29 luglio, la polizia ha sequestrato un ripetitore di telefonia mobile e i pannelli solari che Greenpeace India aveva istituito nel villaggio di Amelia. Lo stesso giorno, nel bel mezzo della notte, due attivisti di Greenpeace India sono stati arrestati senza un mandato.
Negli Stati Uniti, i diritti fondamentali stanno andando a rotoli più velocemente di quanto possiamo pensare. Oltre alle violazioni terribili dei diritti umani di Ferguson, alcuni attivisti ambientali si trovano ad affrontare il carcere. Otto persone, che hanno semplicemente appeso uno striscione contro la deforestazione diretto a Procter & Gamble, sono sotto processo, accusati di furto con scasso e atti vandalicireati che comportano una pena massima totale di nove anni e mezzo di carcere e 20.000 dollari in multe per ogni attivista. Conseguenze terrificanti e irragionevoli per un'azione del tutto pacifica che non ha fatto male a una mosca. Se fossero condannati con capi d’accusa tanto gravi, si tratterebbe della prima volta nella lunga storia di azione non violenta di Greenpeace USA.
E 'impossibile guardare a questi esempi - e ce  ne sono molti, molti di più - e non considerarli nell’insieme del più ampio dibattito sulle libertà fondamentali-  libertà di espressione, il diritto di manifestare il proprio dissenso, la libertà di riunione, e in alcuni casi come in Russia o a Ferguson, anche sulla libertà di stampa. A livello globale i poteri forti, corporazioni e governi cominciano a ostacolare sempre più i diritti degli individui. E’ un crescendo allarmante e pericoloso che, se lasciato incontrollato, potrebbe portare al disfacimento completo dei dirittiper cui abbiamo combattuto tanto duramente.
Cosa direbbe Martin Luther King se potesse vedere Ferguson adesso? Come si sentirebbeGandhi nel vedere l'opera della sua vita “disfatto” al giorno d’oggi? Che cosa accadrebbe aRosa Parks se respingesse oggi le leggi ingiuste in America?
Non dobbiamo riposare sugli allori o pensare - neanche per un momento - che quelle battaglieappartengono a qualcun altro, in qualche altro posto. Di fronte a questo tipo di repressione, l'unica soluzione possibile è quella di combattere e lottare di più, con la gente, conargomentazioni pacifiche, e, soprattutto, non perdere mai la speranza che vinceremo.
Unisciti a noi in solidarietà con coloro che vengono perseguitati e imprigionati in tutto il mondo. Trova i modi per aiutare gli attivisti a tornare liberiVitishko No somos Delito eJunglistan.
Grazie!
Gli Arctic 30
Peter, Miguel, Camila, Colin, Ana Paula, Phil, Kieron, Alexandra, Frank, Anthony, Iain, Alexandre, Paul, Faiza, Mannes, Anne Mie, Sini, Francesco, Cristian, Jonathan, David J, Tomasz, Roman, Denis, Dima, Marco, Gizem, Ruslan, Andrey and Ekaterina. http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/blog/un-anno-di-arctic30-la-loro-libert-la-nostra-/blog/50773/

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