A
BORGOFRANCO VOGLIONO CREARE UN ARCHIVIO
SANITARIO
PRIMA DI ACCENDERE L’INCENERITORE
di
Caterina
Grignani
Pirogassificatore.
La parola non è familiare: si tratta di
rifiuti,
di smaltimento di rifiuti industriali da riconvertire
in
energia. Se serve un esempio: una specie di inceneritore.
La
storia di cui vi parliamo accade a Borgofranco:
nella
cittadina in provincia di Ivrea c’è appunto un pirogassificatore,
solo
che non è mai stato acceso. “Abbiamo
vinto
noi cittadini”, spiega Paola Russatto. Lei è una maestra
e
ogni venerdì riunisce i comitati “anti-piro” in assemblea
perché
“non bisogna mai abbassare la guardia”.
Il
problema, com’è intuibile, è il rischio inquinamento con
relative
malattie. L’idea innovativa della comunità di Borgofranco
è
semplice: raccogliere biomarker per stabilire qual
è
oggi lo stato sanitario degli abitanti. Lo faranno partendo
dalla
scuola elementare del paese, per la precisione raccogliendo
le
unghie degli
studenti
di seconda
e
terza: “Serve ad
avere
un metro di
paragone
in un futuro,
nel
caso in cui
l’impianto
venga acceso
o
trasformato”,
precisa
Walter Campanara,
membro
del
Coordinamento
Ambientalista
Rifiuti
Piemonte,
che si
occupa
di raccogliere
dati
e informazioni
nelle
diverse realtà
della
regione. Non
molto
lontano, infatti,
altri
comitati si battono per altri impianti di smaltimento:
da
quelli contro l’inceneritore di Gerbido, in cui arrivano
anche
i rifiuti liguri, all’altro pirogassificattore di Andorno.
RUSSATTO,
la
maestra di Borgofranco, adesso ha messo nel
mirino
anche il governo Renzi: nello Sblocca Italia, infatti, c’è
una
nuova “strategia rifiuti”. In sostanza viene individuata
una
rete nazionale integrata di impianti di incenerimento dei
rifiuti:
gli inceneritori, insomma, diventano - dopo il cantiere
del
Tav in Val di Susa - un’altra infrastruttura strategica di
interesse
nazionale. Zone inviolabili e presidiabili anche
dall’esercito.
A Borgofranco, intanto, si preparano alle prossime
tappe
della battaglia contro il pirogassificatore: il sindaco
Livio
Tola, d’altronde, è tra gli oppositori. Tempo fa andò
pure
in Toscana per studiare altri impianti simili a quello che,
anche
se spento, sorge nel suo Comune. C’è stato un cambio
di
rotta rispetto a due anni fa, quando l’assessore provinciale
all’Ambiente
Roberto Ronco autorizzò Comimet, l’azienda
responsabile
del sito di smaltimento. “Ora invece possiamo
contare
anche sulla nostra politica locale” dice Russatto. il fatto quotidiano 6 settembre 2014
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