di
Alessio
Schiesari
Ma
il governo ragiona?
Si
rende
conto
di cosa significhi
inviare
armi
ai curdi?”. Padre Zanotelli,
missionario
e pacifista
‘senza
se e senza ma’ non ha
dubbi:
questo è lo stesso Occidente
che
ha demolito Afghanistan
e
Iraq sotto Bush.
Con
una sola differenza: questa
volta
le piazze sono vuote,
a
protestare contro la guerra
sono
in pochi.
Il
Parlamento ha votato: per
fermare
i terroristi dell’Isis è
necessario
mandare armi al
governo
iracheno, che le distribuirà
ai
Peshmerga. È questa
la
strategia giusta?
La
mia è un’opinione categorica:
è
tutto profondamente
sbagliato.
È la solita vecchia
storia
che serve ad alimentare
l’industria
bellica delle armi
ed
è il solito Occidente che
piange
gli stessi cadaveri che
causa.
Quei morti escono dalle
nostre
fabbriche.
Questa
volta però la situazione
irachena
sembra veramente
drammatica.
Ma
il governo ragiona? Lo sa
cosa
significa dare armi ai
curdi?
Vuol dire spaccare il
Paese
in tre. Ma in fondo è
questo
che vogliamo: spaccare
tutto.
Come abbiamo fatto
nel
2003, per una guerra che
oggi
gli stessi americani reputano
folle.
Ma oggi è tardi.
Abbiamo
sconfitto Saddam
Hussein.
“Missione compiuta”,
disse
Bush.
Oggi
i nemici sono i fondamentalisti
islamici,
ma ci
scordiamo
che sotto Saddam
Hussein
quella roba non c’era.
E
nemmeno sotto Gheddafi.
Ci
scordiamo tutto, invece
dovremmo
ricordare. Ad
esempio
il bombardamento
di
Fallujah col fosforo bianco.
Quindi
inanelliamo un errore
dopo
l’altro?
No,
non sono errori. Questa è
la
strategia dell’Occidente:
aprire
nuovi fronti bellici per
vendere
più armi. E allora sa
cosa
le dico? In malora l’Occidente.
Ma
per bloccare i fondamentalisti
qualcosa
bisognerà pur
fare,
no?
L’Isis
fa paura, come pure il
milioni
di morti tra i civile
della
guerra del 2003. In questi
casi
però è l’Onu che dovrebbe
intervenire:
diventare
una
forza di interposizione,
creare
cordoni umanitari. Lo
so,
è facile criticare il suo operato,
ma
la comunità internazionale
ha
bisogno di una forza
morale
che faccia da guida.
Altrimenti
andiamo avanti in
ordine
sparso: gli Usa bombardano,
l’Italia
manda le armi.
Perché
abbiamo scelto l’embargo
per
l’Iran e non prendiamo
contromisure
contro i Paesi
che
hanno contribuito ad armare
i
terroristi, sauditi e qatarioti
in
testa?
Perché
c’è un’enorme disparità
di
trattamento a tutti i livelli.
Lo
stesso ragionamento
si
può fare per Israele, che opprime
sistematicamente
Gaza.
Quali
sono state le reazioni
occidentali?
Nulla, zero assoluto.
I
nostri boicottaggi non
sono
mai motivati da scelte
etiche,
quanto invece da strategie
geopolitiche
e commerciali.
C’erano
una volta i pacifisti: le
grandi
marce, le piazze piene.
Oggi
invece tutto tace. Perché?
Gli
ultimi vent’anni c’hanno
atomizzati,
la cittadinanza attiva
quasi
non esiste più. E i
movimenti
per la pace non
hanno
aiutato: siamo sempre
divisi
su tutto. Dovremmo
vergognarci.
Però qualcosa
stiamo
provando a fare: con
Cgil
stiamo organizzando una
marcia
a Firenze. Non è facile,
ma
una piccola giustificazione
ce
l’abbiamo.
Qual
è?
Dieci
anni fa c’erano più forze
politiche
che portavano queha
ste
istanze dentro il Parlamento.
Oggi
molti sembrano
essersi
scordati di cosa dice la
nostra
Costituzione: “L’Italia
ripudia
la guerra come strumento
di
offesa alla libertà degli
altri
popoli e come mezzo
di
risoluzione delle controversie
internazionali”.
Qualcuno
suggerisce di dialogare
con
l’Isis. È una via percorribile?
L’assunto
di partenza è giusto:
no
alla guerra. Però è chiaro
che
stiamo parlando di qualcosa
di
quasi utopico. Potremmo
iniziare
a smettere di
creare
nemici a ripetizione e a
guardare
alle nostre responsabilità.
L’ha
detto pure il Papa:
rischiamo
la terza guerra
mondiale.
Se continuiamo così,
esplode
tutto. il fatto quotidiano 24 agosto 2014
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