TERRA
DEI FUOCHI, SI AMMALÒ
PER
INDAGARE. MUORE DI CANCRO
IL
VICECOMMISSARIO ROBERTO MANCINI, 54 ANNI, È DECEDUTO IERI. PER ANNI
HA
SCRITTO RELAZIONI E PERIZIE SULLO SMALTIMENTO DI RIFIUTI NEL
NAPOLETANO
LE
ULTIME PAROLE
“Venerdì
stavo male
I
medici hanno avvisato
mia
moglie che forse non
avrei
superato la nottata,
ma
grazie anche a tutti
voi
ce l’ho fatta. Per ora”
L’INCHIESTA
Il
poliziotto ha fornito
ai
pm molte informative,
tenute
nascoste fino
al
2010 quando è stato
convocato
come
testimone
di
Enrico
Fierro
Venerdì
stavo morendo.
I
medici
hanno
avvisato
mia
moglie che
probabilmente
non avrei superato
la
nottata, ma grazie
anche
a tutti voi ce l’ho fatta.
Per
ora”. È l’ultimo messaggio
“postato”
sulla sua pagina
Facebook
da Roberto Mancini
il 14
aprile scorso. Roberto
è il
poliziotto, vicecommissario,
che
per primo ha
indagato
sulla Terra dei Fuochi.
Ieri
ha perso la sua battaglia
più
importante, quella
contro
il tumore che da anni
gli
divorava la vita. Poliziotto
fino
in fondo, Roberto Mancini
fu
chiamato dalla Commissione
di
indagine sul ciclo
dei
rifiuti a metà degli anni
Novanta.
Girò le terre della
Campania
dove il clan dei
“casalesi”
era padrone del
business
monnezza e affondò
mani e
piedi, e non è una
metafora,
in terreni contaminati
dal
morbo. Le discariche
del
broker dei rifiuti Cipriano
Chianese,
quelle dove erano
sepolti
i fanghi della bonifica
dell’Acna
di Cengio, i
fossi
dove erano stati interrati
rifiuti
nucleari. Roberto
era un
vero segugio e produsse
informative
di centinaia
di
pagine che si rivelarono
preziose
per il lavoro
della
Commissione e per l’azione
della
magistratura.
“NEL
1996 portammo il
pentito
Carmine
Schiavone in
volo
sul casertano – ha raccontato
nelle
interviste che
ultimamente
concedeva alle
tv di
mezzo mondo – indi -
viduammo
un allevamento di
bufale
i cui terreni erano contaminati.
Sequestrammo
cinque
siti,
a distanza di due ore
la
camorra ci bloccò la strada
che
portava in quei luoghi
con
cumuli di monnezza. Sapevano
tutto,
erano potentissimi.
Interravano
i rifiuti a 20
metri,
ma i carotaggi sono
stati
fatti a sette metri, dove
c’era
solo terra di riporto”.
Roberto
Mancini ha sempre
detto
che i magistrati che indagavano
sul
business rifiuti
erano
entusiasti delle sue informative,
ma poi
quei dossier
vennero
chiusi in un cassetto.
“Ne
persi le tracce fino
al
2010 quando la Dda di Napoli
mi
convocò come testimone”.
Un
lavoro duro, che a
Roberto
è costato la vita. Un
lavoro
che per lo Stato non
esiste.
“Mi hanno riconosciuto
– diceva
Roberto – un equo
indennizzo
(e rideva quando
pronunciava
l’aggettivo
“equo”,
ndr)
di 5 mila euro”.
Una
miseria, certamente
molto
meno dei soldi che negli
anni
delle eterne emergenze
rifiuti
in Campania hanno
guadagnato
consulenti, prefetti,
viceprefetti,
commissari
che
poco o nulla capivano,
infilati
nei Commissariati
straordinari.
Gente che si è
arricchita,
politici trombati
che
hanno ricostruito la loro
carriera
politica. “Ho passato
la
vita a combattere la criminalità
organizzata”,
disse Roberto
in una
intervista a Servizio
pubblico,
“ora passerò i
giorni
che mi restano a combattere
lo
Stato”. Quello Stato
che
non gli riconosce il lavoro
svolto
per una importante
Commissione
del Parlamento
italiano.
Per questa
ragione
gli amici di Roberto,
poliziotti,
attivisti dei movimenti
ambientalisti,
giornalisti,
gente
comune, si sono
mobilitati
e hanno lanciato
una
petizione su Change.org
che ha
già raccolto cinquantamila
firme.
L’OBIETTIVO
è il giusto
riconoscimento
del
lavoro
svolto
da un funzionario di
polizia
onesto e capace. Roberto
Mancini
lascia una moglie
e una
figlia giovanissima.
Funerali
di Stato, li chiede il
MoVimento
Cinquestelle. “É
un
dovuto atto di omaggio e
saluto
al poliziotto che ha
scoperto
la Terra dei Fuochi
ed è
stato ucciso dallo stesso
male
che ha cercato di combattere.
Un
adeguato risarcimento
per
Mancini non è una
questione
di soldi, ma di dignità
dello
Stato, che stia vicino
ai
suoi servitori e non li
abbandoni
mai”. I funerali
del
vicecommissario si svolgeranno
sabato
3 aprile a Roma
alle
11:30 nella Basilica di
San
Lorenzo.
il fatto quotidiano 1 maggio 2014
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