BOLLETTE-1
TRADUZIONE
PER TARTASSATI
Dovrebbe
essere semplice: c’è un prezzo, una quantità e un costo finale.
Chi
più
consuma, più spende. E invece non è mai così lineare. Inizia il
nostro viaggio
nell’imperscrutabile
mistero dei conti bimestrali, dall’energia ai rifiuti
CATTIVE
SORPRESE
Grad,
Cpr, Ccr, Ug3: capire le voci
che
compongono il conto finale è
praticamente
impossibile
Strato
dopo strato si sono
depositati
incentivi alle rinnovabili
Anche
gli intenti più nobili,
come
superare il meccanismo
dei
contratti take or pay o stimolare
il
risparmio energetico,
si
traducono sempre in un aumento
del
prezzo finale per il consumatore
di
Alessio
Schiesari Nella
bolletta del
gas
si trova di
tutto,
perfino un
contributo
per
tagliare
il gas agli
utenti
morosi.
Poi
c’è la polizza contro i rincari del
metano:
dovrebbero tutelare gli
utenti
finali ma il suo costo continua
a
salire, mentre quello del gas
scende.
Capire il groviglio di accise,
oneri
e balzelli nascosti
nella
distinta
costi
è più difficile
che
studiare la cabala
ebraica.
Le aziende
fanno
pochissimo
per
renderla più
trasparente,
nonostante
le
lamentele
di
Federconsumatori
e
dell’Autorità
per
l’energia elettrica
e
il gas (che ha ottenuto
una
riforma
a
partire dai prossimi
mesi).
Sapere cosa
paghiamo
però è
l’unico
modo per
capire
perché una
famiglia
media paghi
1.200
euro l’a nno
quando
il costo
della
stessa quantità
di
gas (1.400 m³) sui
mercati
è di appena
420
euro.
Un’assicura
zione
al
contrario
La
prima voce in bolletta
sono
i “Servizi
di
vendita”, in altre
parole
il costo del
gas.
Semplice no?
No.
In realtà qui
vengono
contabilizzati
anche
una serie
di
acronimi astrusi,
chiamati
oneri di
gradualità,
ognuno
dei
quali corrisponde
a
un rincaro. Dietro
le
sigle Grad,
Cpr,
Ccr si celano i
meccanismi
che assicurano il cliente
finale
contro i rincari del metano. Da
quando
sono stati introdotti il prezzo
del
gas è sceso costantemente, ma
negli
ultimi sei mesi il costo di queste
voci
è triplicato. Il perché va ricercato
in
una riforma approvata dal ministero
dello
Sviluppo economico
nel
2012. Per molto tempo i giganti
del
settore stipulavano con i Paesi
produttori
dei contratti Take
or pay,
con
cui si impegnavano a pagare per
un
certo quantitativo di gas ogni anno
anche
se questo, com’è spesso accaduto,
non
veniva usato. Il peso di
questi
contratti veniva scaricato dalle
aziende
sulla bolletta. Ora il gas si
compra
soprattutto a prezzi di mercato
(spot):
ma comunque i fornitori
scaricano
in bolletta una parte del
costo
sostenuto dalle aziende “per
adeguare
il portafoglio di approvvigionamento
alle
nuove modalità di
calcolo”.
In altre parole, dentro ai
contributi
che dovrebbero tutelare
gli
utenti finali contro i rincari del
gas,
le aziende sono riuscite a caricare
anche
parte dei costi sostenuti per
uscire
dai vecchi contratti take or
pay.
Un’altra
voce da tenere sotto controllo
è
la “Quota energia”. Qui troviamo
il
prezzo del gas (0,29 centesimi
al
metro cubo) che rispecchia il
valore
sulle borse internazionali. Gli
unici
consumi per cui viene applicata
questa
tariffa sono però quelli sotto
i
334 metri cubi: una famiglia media
consuma
però quattro volte tanto.
Per
la parte eccedente le aziende
applicano
un rincaro che nel, caso
della
bolletta qui a fianco, è del 45 per
cento.
Tubatura,
quanto
mi
costi
Ricadono
sotto questa voce i costi per la
rete
di distribuzione. Per capire come sia
possibile
che le tubature pesino per più
del
17 per cento sulla bolletta bisogna districarsi
in
un lunghissimo elenco di
oneri
di rete, che però in bolletta non appaiono.
Il
più assurdo è l’Ug3, il contributo
di
morosità: gli utenti in regola con
i
pagamenti finanziano un fondo chiamato
“Oneri
connessi all’intervento di
interruzione”.
Gli onesti pagano perché
le
società vadano a staccare l’allaccia -
mento
a chi la bolletta ha smesso di pagarla.
A
fare da contraltare c’è il Gs, un
bonus
che finanzia i consumi del gas alle
famiglie
con reddito basso. Ma la voce di
gran
lunga più pesante (600 milioni di
euro)
è quella dei contributi RE e REt.
Entrambi
servono a “incentivare la produzione
di
energia termica da fonti rinnovabili”,
come
i contributi elettrici che
hanno
arricchito i produttori di pannelli
fotovoltaici
cinesi. Una piccola parte serve
a
finanziare l’installazione di apparecchiature
domestiche
(pompe di calore,
caldaie
a biomasse), ma la fetta più consistente
finisce
alle grandi industrie per le
opere
di efficientamento termico. Potrebbe
sembrare
un obiettivo lodevole:
consumare
meno. Peccato che i contratti
stipulati
con i proprietari della rete di distribuzione
prevedano
che il costo del
trasporto
aumenti quando si riduce la
quantità
di gas che passa dai tubi.
Addizionali
e Iva
Una
tassa sulla tassa
Le
imposte pesano per il 36 per cento
sulla
bolletta del gas, il triplo rispetto
a
quella elettrica. Non solo, come si
evince
dalla sezione “Imponibile” c’è
una
tassa anche sulle tasse: tutte le accise
e
le addizionali sono infatti gravate
dall’Iva
al 10 e al 22 per cento.
Qualche
anno fa la Regione Sicilia,
non
soddisfatta della ricca addizionale
regionale,
aveva approvato anche
una
fantasiosa tassa sulle tubature.
Almeno
quella è stata abrogata.
il fatto quotidiano 6 aprile 2014
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