lunedì 7 aprile 2014

La trasparenza impossibile nelle bollette del Gas, quelle mille sigle che nascondono il salasso

BOLLETTE-1
TRADUZIONE PER TARTASSATI
Dovrebbe essere semplice: c’è un prezzo, una quantità e un costo finale. Chi
più consuma, più spende. E invece non è mai così lineare. Inizia il nostro viaggio
nell’imperscrutabile mistero dei conti bimestrali, dall’energia ai rifiuti
CATTIVE SORPRESE
Grad, Cpr, Ccr, Ug3: capire le voci
che compongono il conto finale è
praticamente impossibile
Strato dopo strato si sono
depositati incentivi alle rinnovabili
Anche gli intenti più nobili,
come superare il meccanismo
dei contratti take or pay o stimolare
il risparmio energetico,
si traducono sempre in un aumento
del prezzo finale per il consumatore
di Alessio Schiesari Nella bolletta del
gas si trova di
tutto, perfino un
contributo per
tagliare il gas agli
utenti morosi.
Poi c’è la polizza contro i rincari del
metano: dovrebbero tutelare gli
utenti finali ma il suo costo continua
a salire, mentre quello del gas
scende. Capire il groviglio di accise,
oneri e balzelli nascosti
nella distinta
costi è più difficile
che studiare la cabala
ebraica. Le aziende
fanno pochissimo
per renderla più
trasparente, nonostante
le lamentele
di Federconsumatori
e dell’Autorità
per l’energia elettrica
e il gas (che ha ottenuto
una riforma
a partire dai prossimi
mesi). Sapere cosa
paghiamo però è
l’unico modo per
capire perché una
famiglia media paghi
1.200 euro l’a nno
quando il costo
della stessa quantità
di gas (1.400 m³) sui
mercati è di appena
420 euro.
Un’assicura zione
al contrario
La prima voce in bolletta
sono i “Servizi
di vendita”, in altre
parole il costo del
gas. Semplice no?
No. In realtà qui
vengono contabilizzati
anche una serie
di acronimi astrusi,
chiamati oneri di
gradualità, ognuno
dei quali corrisponde
a un rincaro. Dietro
le sigle Grad,
Cpr, Ccr si celano i
meccanismi che assicurano il cliente
finale contro i rincari del metano. Da
quando sono stati introdotti il prezzo
del gas è sceso costantemente, ma
negli ultimi sei mesi il costo di queste
voci è triplicato. Il perché va ricercato
in una riforma approvata dal ministero
dello Sviluppo economico
nel 2012. Per molto tempo i giganti
del settore stipulavano con i Paesi
produttori dei contratti Take or pay,
con cui si impegnavano a pagare per
un certo quantitativo di gas ogni anno
anche se questo, com’è spesso accaduto,
non veniva usato. Il peso di
questi contratti veniva scaricato dalle
aziende sulla bolletta. Ora il gas si
compra soprattutto a prezzi di mercato
(spot): ma comunque i fornitori
scaricano in bolletta una parte del
costo sostenuto dalle aziende “per
adeguare il portafoglio di approvvigionamento
alle nuove modalità di
calcolo”. In altre parole, dentro ai
contributi che dovrebbero tutelare
gli utenti finali contro i rincari del
gas, le aziende sono riuscite a caricare
anche parte dei costi sostenuti per
uscire dai vecchi contratti take or
pay.
Un’altra voce da tenere sotto controllo
è la “Quota energia”. Qui troviamo
il prezzo del gas (0,29 centesimi
al metro cubo) che rispecchia il
valore sulle borse internazionali. Gli
unici consumi per cui viene applicata
questa tariffa sono però quelli sotto
i 334 metri cubi: una famiglia media
consuma però quattro volte tanto.
Per la parte eccedente le aziende
applicano un rincaro che nel, caso
della bolletta qui a fianco, è del 45 per
cento.
Tubatura, quanto
mi costi
Ricadono sotto questa voce i costi per la
rete di distribuzione. Per capire come sia
possibile che le tubature pesino per più
del 17 per cento sulla bolletta bisogna districarsi
in un lunghissimo elenco di
oneri di rete, che però in bolletta non appaiono.
Il più assurdo è l’Ug3, il contributo
di morosità: gli utenti in regola con
i pagamenti finanziano un fondo chiamato
Oneri connessi all’intervento di
interruzione”. Gli onesti pagano perché
le società vadano a staccare l’allaccia -
mento a chi la bolletta ha smesso di pagarla.
A fare da contraltare c’è il Gs, un
bonus che finanzia i consumi del gas alle
famiglie con reddito basso. Ma la voce di
gran lunga più pesante (600 milioni di
euro) è quella dei contributi RE e REt.
Entrambi servono a “incentivare la produzione
di energia termica da fonti rinnovabili”,
come i contributi elettrici che
hanno arricchito i produttori di pannelli
fotovoltaici cinesi. Una piccola parte serve
a finanziare l’installazione di apparecchiature
domestiche (pompe di calore,
caldaie a biomasse), ma la fetta più consistente
finisce alle grandi industrie per le
opere di efficientamento termico. Potrebbe
sembrare un obiettivo lodevole:
consumare meno. Peccato che i contratti
stipulati con i proprietari della rete di distribuzione
prevedano che il costo del
trasporto aumenti quando si riduce la
quantità di gas che passa dai tubi.
Addizionali e Iva
Una tassa sulla tassa
Le imposte pesano per il 36 per cento
sulla bolletta del gas, il triplo rispetto
a quella elettrica. Non solo, come si
evince dalla sezione “Imponibile” c’è
una tassa anche sulle tasse: tutte le accise
e le addizionali sono infatti gravate
dall’Iva al 10 e al 22 per cento.
Qualche anno fa la Regione Sicilia,
non soddisfatta della ricca addizionale
regionale, aveva approvato anche
una fantasiosa tassa sulle tubature.
Almeno quella è stata abrogata.
il fatto quotidiano 6 aprile 2014

Nessun commento:

Posta un commento