IL
MINISTRO: “NE
SERVONO
DI PIÙ”
E
NOMINA CAPO
D
E L L’ENTE TURISMO
UN
MANAGER CHE
HA
UNA SOCIETÀ
CHE
SI OCCUPA
APPUNTO
DI
“GREEN”
AMERICANI
VENITE
“Gli
americani
verrebbero
volentieri
in
Sicilia se ci fossero
strutture
adeguate”
Stefano
Ceci e la sua
Gh
sono pronti
di
Davide
Vecchi
All’Enit
arriva Stefano
Armando
Ceci,
su
indicazione del
ministro
Dario
Franceschini.
La sua nomina
rientra
nel dl spending review
varato
dal Consiglio dei Ministri
tra le
“disposizioni per il
risparmio
della spesa nel settore
turistico
e la trasformazione
di
Enit in ente pubblico
economico”.
Il carrozzone italiano
del
turismo sarà sostanzialmente
commissariato,
per
volere
del Governo di Matteo
Renzi
che agli sprechi di Stato
ha
promesso battaglia. Ceci è
un
“tecnico” già consulente
del
ministero del Turismo negli
anni
in cui era guidato da
Michela
Vittoria Brambilla.
MA
SOPRATTUTTO sembra
essere
l’uomo ideale per sviluppare
il
progetto annunciato
da
Franceschini, ancora rubricato
nel
capitolo annunci: implementare
la
rete di campi da
golf,
in particolare al Sud, partendo
dalla
Sicilia, “magari vicino
alla
valle dei templi” così
da
“attirare gli stranieri”. Parole
sue:
“Penso che in Italia ci
sia un
gran bisogno di campi
da
golf e che ci sono alcune regioni,
in
particolare del Mezzogiorno,
che
ampliando l’of -
ferta
di campi da golf riusciranno
ad
attrarre il turismo
straniero,
che oggi non si riesce
ad
attirare”. Ancora: “Penso
per
esempio a un turismo statunitense
di un
certo livello che
verrebbe
volentieri in Sicilia
ma non
lo fa perché non trova
una
rete di grandi alberghi né
campi
da golf”. Il già consulente
Ceci
non ha fatto in tempo a
informare
il titolare dei beni
culturali
e turismo che in realtà
in
Sicilia c’è già una struttura
“di
un certo livello”: il Picciolo,
un 18
buche con resort esclusivo
in
provincia di Catania.
Club-house,
bar, ristorante,
foresteria
con 17 camere. Una
struttura
di proprietà del gruppo
Js
hotel spa che gestisce anche
il
circolo Ayala golf e country
vicino
Lecce e altre strutture
di
prestigio ovunque nel
Mezzogiorno.
E proprio con il
Jsh ha
un contratto la società
Gh di
cui Ceci è proprietario
nonché
presidente del consiglio
di
amministrazione. Una
società
con sede a Novellara, in
provincia
di Reggio Emilia,
che ha
119 mila euro di capitale
sociale
versato e appena un dipendente,
impegnata
come
“tour
operator e agenzia di
viaggi
(…) consulenza e marketing
turistico
e territoriale”
nonché
la “progettazione, sviluppo
e
realizzazione di tecnologie
funzionali
alla promozione
turistica”.
Più varie altre attività.
Con il
Picciolo Golf
Club
di Catania, in particolare,
la
società di Ceci ha un contratto
di
gestione in esclusiva
per
alcuni specifici servizi legati
ai
dati della privacy, alle
prenotazioni
e alla gestione
della
struttura attraverso il sito
internet
ilpicciologolf.com. Il
portale
è “ospitato su server
sotto
la supervisione di Gh che
opera
come fornitore di servizi
del
gestore”, si legge tra l’altro
sulla
home page del club siciliano
alla
voce privacy.
CECI,
VA DETTO, è un
esperto
del
turismo. Ha 44 anni ma un
curriculum
lungo tre pagine,
con
esperienze sempre a cavallo
tra
privato (le sue società) e
pubblico.
“Consigliere esperto
in
materia turistica dei Governi
Prodi
e Berlusconi – si legge
-
concorrendo alla stesura delle
norme
a favore del turismo
inserite
nella legge finanziaria
2008,
ai lavori per la definizione
delle
linee guida” del piano
2007/2013,
“alla redazione del
testo
di riforma della classificazione
alberghiera”.
Ceci ha
coordinato
il tavolo Stato-Regioni
per la
riforma del demanio
marittimo.
Ha progettato e
avviato
l’Osservatorio Nazionale
del
Turismo. Fra il 2004 e
il
2011 ha svolto attività di consulenza
per le
regioni Emilia
Romagna,
Puglia, Sardegna e
per la
Provincia Autonoma di
Trento.
Inoltre
è stato Direttore Generale
dell’Apt
della Regione
Emilia-Romagna
dal 1998 al
2002
e, come detto, consulente
del
ministero del turismo guidato
da
Brambilla. Insomma è
un
giovane ed esperto del ramo
che
potrà senz’altro aiutare
Renzi
ad azzerare gli
sprechi
nell’Enit e Franceschini
a
sviluppare
una
rete di golf club
nel
Mezzogiorno. Le
società
da usare, volendo,
già
ci sono.
Privatizzare
che ossessione
La
sindrome
Shar
mel
Sheik
per
il paesaggio
di
Tomaso
Montanari
Nel
sud c’è da fare un unico grande Sharm el Sheik, dove
ci va
tutto il mondo in vacanza”: parola di Oscar Farinetti.
Ecco
risolta – dopo tanto inutile pensare di generazioni
di
professoroni – la questione meridionale. E il
ministro
Dario Franceschini: “In Italia c’è un gran bisogno
di
campi da golf, e ci sono regioni, in particolare del Mezzogiorno
che,
ampliando l’offerta di campi da golf, potrebbero
riuscire
ad attrarre il turismo straniero. Penso a un
turismo
statunitense di un certo livello che verrebbe volentieri
in
Sicilia, ma non lo fa, perché non trova una rete di
campi
da golf”. Che poi è esattamente il motivo per cui la
Repubblica
tutela il paesaggio: per farci campi da golf per
americani
ricchi. Così come è evidente che in un paese in cui
il
divario tra ricchi e poveri aumenta ogni giorno, favorire
l’industria
del lusso è proprio il dovere di un ministro che ha
giurato
sulla Costituzione (quella roba dove un certo articolo
3 dice
che la Repubblica dovrebbe rimuovere gli ostacoli
all’uguaglianza,
non favorirli come una priorità).
A ogni
uscita pubblica il ministro Franceschini parla della
necessità
di aprire il patrimonio ai privati. Qualche giorno
fa ha
detto che bisogna smettere di farne una questione
ideologica.
Bene, lasciamo perdere per un momento i principi
fondamentali.
Facciamone una questione
pragmatica:
in Italia le privatizzazioni
non
sono mai state all’insegna di una
limpida
concorrenza tra progetti imprenditoriali
alternativi,
ma piuttosto
all’insegna
delle più oscure connessioni
tra
politica e impresa. L’unica vera privatizzazione
è
stata quella dell’interesse
pubblico,
tradito in favore di quello
dei
soliti noti.
È
difficile occuparsi di Beni
culturali
in un governo presieduto
da
Matteo Renzi:
un po’
come fare il responsabile
ambiente
in un cementificio.
Ma
Dario
Franceschini
è uno dei
pochi
ministri che potrebbero
avere
la forza
politica
di non piegarsi
alle
parole d’ordine del
liberismo
alla ribollita
del
premierino e di
guardare
fuori dai ristretti
cerchi
concentrici
del
potere e degli affari. E
fuori,
in cima alle urgenze
del
Paese, non c’è il golf. il fatto quotidiano 20 aprile 2014
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