giovedì 24 ottobre 2013

Carmine Schiavone e i veleni mafiosi del basso Lazio rifiuti sversati in provincia di Latina e l'omicidio rimasto senza colpevoli di Don Cesare Boschin

I ritrovamenti di rifiuti tossici in Campania stanno confermando le rivelazioni di Carmine Schiavone sul traffico di scorie dal nord al sud. C’è un luogo, però, dove nessuno ha indagato fino in fondo alla ricerca dei veleni sversati dai Casalesi. È il sud pontino, nella regione Lazio, terra che Carmine Schiavone ha definito «provincia di Casal di Principe». Qui, a pochi chilometri da Latina, c’è la discarica di Borgo Montello, la più grande del Lazio dopo Malagrotta.
Secondo il racconto dell’ex boss dei Casalesi i clan portavano anche qui i fusti tossici, grazie ad una rete di complicità e ad una presenza capillare degli affiliati. Le analisi dell’Arpa Lazio hanno rilevato la presenza di inquinanti di origine industriale nelle falde acquifere, durante un monitoraggio durato quattro anni. Gli abitanti ricordano ancora oggi l’arrivo dei camion, i viaggi dal nord Italia, le porte della discarica che si aprivano di notte e i fusti misteriosi apparsi nel 1992 dopo l’esondazione del fiume Astura.
A Borgo Montello diciotto anni fa venne ucciso il parroco don Cesare Boschin, trovato con le mani e i piedi legati nella sua canonica il 30 marzo del 1995. «Ora ci penso io», aveva detto ai fedeli preoccupati per l’arrivo dei rifiuti tossici tra i filari e i campi di verdure. Le indagini durarono pochi mesi e nell’ottobre del 1995 - raccontano i giornali dell’epoca - il caso fu archiviato. Gli autori e i moventi di quell’omicidio rimangono ancora sconosciuti e nel 2009 don Luigi Ciotti di Libera ha chiesto la riapertura del fascicolo, ma - fino ad oggi - non vi è stata risposta.
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Andrea Palladino info@reportime.it

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