http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/news/Enel-vuole-censurare-la-nostra-protesta-contro-il-carbone/
Enel tenta di ridurci al silenzio ancora una volta. Non risponde alle nostre contestazioni sugli impatti sanitari, ambientali ed economici delle sue centrali a carbone e cerca, invece, la strada delle aule di Tribunale, convinta di poterci zittire a suon di richieste di risarcimento e denuncie. Queste intimidazioni non ci fermeranno.
Ecco i prossimi appuntamenti della contesa tra la grande multinazionale energetica e Greenpeace:
- Venerdì 5 aprile saremo in aula a Milano, accusati da Enel di uso illegittimo del suo marchio;
- il 19 aprile prosegue il processo per le nostre proteste a Porto Tolle del 2006;
- a fine maggio inizierà un processo contro alcuni attivisti per un’azione non violenta tenutasi presso la centrale di Brindisi (l’impianto industriale più inquinante d’Italia, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente) nel 2009, in concomitanza del G8;
- per fatti analoghi, avvenuti però presso la centrale di Civitavecchia, saremo nuovamente in aula il 21 giugno.
Nel frattempo sono in corso due procedimenti penali per una denuncia sporta da Enel (al momento “contro ignoti”) in relazione al nostro cortometraggio “Uno al giorno”, realizzato con la regia di Mimmo Calopresti, la partecipazione di Alessandro Haber, Pino Quartullo, Sandra Ceccarelli, Paolo Briguglia, le musiche dei Subsonica. Nel corto si denunciano gli effetti dell’inquinamento che viene dalle centrali a carbone dell’azienda, causa in Italia di una morte prematura al giorno e di danni per 1,8 miliardi di euro l’anno.
- Venerdì 5 aprile saremo in aula a Milano, accusati da Enel di uso illegittimo del suo marchio;
- il 19 aprile prosegue il processo per le nostre proteste a Porto Tolle del 2006;
- a fine maggio inizierà un processo contro alcuni attivisti per un’azione non violenta tenutasi presso la centrale di Brindisi (l’impianto industriale più inquinante d’Italia, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente) nel 2009, in concomitanza del G8;
- per fatti analoghi, avvenuti però presso la centrale di Civitavecchia, saremo nuovamente in aula il 21 giugno.
Nel frattempo sono in corso due procedimenti penali per una denuncia sporta da Enel (al momento “contro ignoti”) in relazione al nostro cortometraggio “Uno al giorno”, realizzato con la regia di Mimmo Calopresti, la partecipazione di Alessandro Haber, Pino Quartullo, Sandra Ceccarelli, Paolo Briguglia, le musiche dei Subsonica. Nel corto si denunciano gli effetti dell’inquinamento che viene dalle centrali a carbone dell’azienda, causa in Italia di una morte prematura al giorno e di danni per 1,8 miliardi di euro l’anno.
I dati sugli impatti della produzione a carbone dell’Enel erano già stati oggetto, la scorsa estate, di un ricorso dell’azienda contro Greenpeace: ma il Tribunale Civile di Roma ha respinto le ingenti richieste economiche di risarcimento di Enel (per diffamazione e danno d’immagine), nonché il ricorso in toto, giudicando fondate e coerenti con la ricerca scientifica internazionale le accuse di Greenpeace.
Sulla nostra associazione pende da tempo una richiesta di risarcimento danni inoltrata da Enel (per le dimostrazioni pacifiche tenutesi negli anni presso i suoi impianti di produzione), che ammonta a 1,6 milioni di euro.
È chiaro. Enel sta tentando tutte le strade per zittirci. “Venerdì prossimo dovremo rispondere a un’accusa surreale - afferma Giuseppe Onufrio, il nostro direttore esecutivo - di fare raccolta fondi ‘sfruttando’ la campagna che facciamo contro il carbone di un’azienda elettrica con oltre 70 miliardi di fatturato. Greenpeace è un’associazione indipendente, che non accetta soldi da istituzioni pubbliche, aziende o partiti e chiede il sostegno economico solo ai cittadini che condividono le nostre battaglie. I fondi che raccogliamo, 6 milioni nel 2012, non basterebbero nemmeno a coprire un terzo degli stipendi del CdA dell’azienda”. (Leggi la nostra difesa)
“La verità è che Enel col carbone realizza extra profitti ai danni della salute dei cittadini e dell’ambiente. Una strategia energetica diversa è possibile - conclude Onufrio - ma va cambiata la politica dell’azienda e i suoi vertici: investono troppo su carbone e troppo poco sulle rinnovabili”.
Sulla nostra associazione pende da tempo una richiesta di risarcimento danni inoltrata da Enel (per le dimostrazioni pacifiche tenutesi negli anni presso i suoi impianti di produzione), che ammonta a 1,6 milioni di euro.
È chiaro. Enel sta tentando tutte le strade per zittirci. “Venerdì prossimo dovremo rispondere a un’accusa surreale - afferma Giuseppe Onufrio, il nostro direttore esecutivo - di fare raccolta fondi ‘sfruttando’ la campagna che facciamo contro il carbone di un’azienda elettrica con oltre 70 miliardi di fatturato. Greenpeace è un’associazione indipendente, che non accetta soldi da istituzioni pubbliche, aziende o partiti e chiede il sostegno economico solo ai cittadini che condividono le nostre battaglie. I fondi che raccogliamo, 6 milioni nel 2012, non basterebbero nemmeno a coprire un terzo degli stipendi del CdA dell’azienda”. (Leggi la nostra difesa)
“La verità è che Enel col carbone realizza extra profitti ai danni della salute dei cittadini e dell’ambiente. Una strategia energetica diversa è possibile - conclude Onufrio - ma va cambiata la politica dell’azienda e i suoi vertici: investono troppo su carbone e troppo poco sulle rinnovabili”.
Rispetto agli altri comparti, gli operatori europei del settore termoelettrico hanno raggiunto i migliori successi nella riduzione delle emissioni, attraverso l’ammodernamento degli impianti esistenti, e con nuove centrali adeguatamente progettate.
RispondiEliminaNegli ultimi 20 anni, il termoelettrico ha ridotto in tutta l'UE le emissioni di anidride solforosa (SO2) e degli ossidi di azoto (NOx) dell’80%, e ha ridotto quelle di particolato del 50% (fonte: Agenzia europea per l'ambiente, ottobre 2012). Relativamente ai rischi per la salute, non è vero che sono decisive le emissioni, ma la quantità di inquinanti inalati, e il loro potenziale rischio. In questo, hanno un ruolo significativo la vicinanza alla fonte e il tipo di particolato. Così i pericoli reali – quelli che Greenpeace non prende nemmeno in considerazione – derivano in particolare dai gas di scarico del settore trasporti e dai sistemi di riscaldamento residenziali e altri processi industriali. Per questo nello studio di Greenpeace compaiono elementi che sono rilevanti solo per contestargli la diffamazione, dato che sono puramente ipotetici e non reali.