domenica 16 dicembre 2012

illeciti dei rifiuti nella provincia di Latina

http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/006/00000005.pdf http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/526516.pdf IV – Gli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti. Il procuratore aggiunto di Roma, coordinatore della direzione distrettuale antimafia, Giancarlo Capaldo, nella sua audizione, ha riferito che la presenza della criminalità organizzata nel Lazio è multiforme ed esiste. Vi è la presenza della ’ndrangheta, della camorra e della mafia siciliana. Si tratta di una presenza accertata ed evidenziata in numerose indagini che hanno portato, anche in quest’ultimo anno, al sequestro preventivo di centinaia e centinaia di milioni di euro in immobili, società auto eccetera. Si tratta in particolare delle indagini denominate « Sabbie mobili », quella relativa all’operazione denominata « Re Mida », e quella operazione « Girotondo ». Ebbene, in tutte queste indagini sono evidenziati dei momenti di contatto con la criminalità organizzata, che danno conto dell’esistenza anche nel Lazio del fenomeno delle ecomafie. Quindi, esiste nel Lazio una criminalità organizzata di stampo mafioso, che è radicata in alcune zone e svolge alcune attività criminali specifiche in questa regione. « Tuttavia – ha precisato il procuratore aggiunto presso la direzione distrettuale antimafia di Roma – non vi sono attualmente in corso dei procedimenti strutturati come procedimenti concernenti il ciclo dei rifiuti e la criminalità organizzata di stampo mafioso ». Camera dei Deputati — 49 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTIQuesto dato sembra trovare conferma anche nella relazione fatta alla Commissione dal comandante della regione Lazio della Guardia di finanza, generale Filippo Ridondale: « Non sono emersi collegamenti con aspetti di criminalità organizzata per quanto riguarda lo specifico settore, anche se soprattutto in determinate aree l’attenzione dei reparti del Comando regione Lazio restano molto alti. Mi riferisco in particolare a tutto l’agro pontino e al frusinate. In questi due ultimi anni, tuttavia, non sono emerse significative implicazioni da parte della criminalità organizzata. I rilievi di maggior spicco sono sempre gli stessi, ossia il divieto di abbandono, attività di gestione di rifiuti non autorizzata ». Per quanto concerne il ciclo illecito dei rifiuti, secondo il prefetto di Roma, audito dalla Commissione, questo nella provincia sembra essersi consolidato su un modus operandi articolato e fondato su metodi associativi, che si concretizza in modo particolare nella falsificazione di documenti di trasporto e certificati di analisi, nella simulazione di operazioni di recupero e di smaltimento, con la perpetrazione di truffe e di evasione fiscale. L’esperienza investigativa – sempre secondo il prefetto – ha attestato che i settori nevralgici dei traffici illeciti consistono nei passaggi intermedi presso impianti di stoccaggio e di recupero, dove si svolgono la falsificazione di documenti di trasporto e la simulazione di operazioni di smaltimento e di recupero, il cosiddetto « giro bolla », e in secondo luogo nel trasporto dei rifiuti, che investe ogni fase del procedimento gestionale. Questo si verifica dunque nel momento del passaggio dalla raccolta allo smaltimento del rifiuto stesso. Durante le investigazioni è stato rilevato come proprio nelle fasi intermedie ci sia stata questa interferenza delle associazioni illecite. L’ultima operazione è quella effettuata dai carabinieri nel NOE di Roma e Caserta, unitamente alla Guardia di finanza di Marcianise, grazie alla quale è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare a carico di Salvatore Belforte, capo dell’omonimo sodalizio. Questa operazione si è rivelata molto importante perché ha permesso di verificare questa interferenza nel passaggio dalla raccolta allo smaltimento attraverso società di comodo; questa presenza dell’associazione mafiosa. In relazione ai reati comuni, connessi al ciclo dei rifiuti, significativi appaiono i dati forniti dal presidente di Legambiente Lazio, sulla scorta del rapporto annuale della stessa Legambiente, redatto sulla base delle informazioni fornite dalle forze dell’ordine. In base a questi dati, il Lazio risulta al secondo posto nella scala nazionale per numero di reati ambientali. Più specificatamente, per quanto concerne il ciclo dei rifiuti, nel 2009 sono state accertate nella regione Lazio 288 infrazioni, vi sono state 319 persone denunciate, 23 arresti e 180 sequestri. La maggior parte delle infrazioni, in realtà, si compiono all’interno del territorio della provincia di Roma, che addirittura si posiziona quarta complessivamente a livello nazionale tra tutte le province per numero di infrazioni. Camera dei Deputati — 50 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTIIV.1 – Le indagini del NOE sul Lazio. Il comandante del NOE dei Carabinieri di Roma, Pietro Rajola Pescarini, ha illustrato la situazione del Lazio per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in generale. « Il Lazio è strutturato nel seguente modo: la provincia di Roma opera nella discarica di Guidonia, denominata « dell’Inviolata », della quale è in via di realizzazione un ampliamento dell’invaso; Albano Laziale si rifà alla discarica di Cecchina, dove si dovrebbe realizzare anche un impianto di termovalorizzazione; Bracciano fa riferimento alla discarica di Cupinoro e Civitavecchia conferisce i rifiuti a quella di Fosso Del Prete. Queste discariche sono prossime all’esaurimento delle capacità ricettive, se nel Lazio non aumenterà la raccolta differenziata. La provincia di Rieti, al momento, non dispone di impianti di smaltimento di rifiuti, bensì solo di due siti di stoccaggio temporaneo, dal quale i rifiuti, su gomma vengono trasferiti alla discarica di Viterbo. Nel frusinate la gestione rispecchia un ATO, ossia un ambito territoriale ottimale, poiché è presente la discarica di Roccasecca, l’impianto di trattamento di Colfelice e il termovalorizzatore di San Vittore nel Lazio che, tra l’altro, presenta una linea di termovalorizzazione in fase di ampliamento. Per quanto riguarda invece il caso specifico di Colleferro, esso è composto da due linee che fanno capo giuridicamente a due soggetti distinti, Mobilservice Srl ed EP Sistemi Spa, l’una interamente del consorzio Gaia, l’altra controllata per il 60 per cento da Gaia e per il 40 per cento dal comune di Roma. L’impianto è stato oggetto di particolare attenzione da parte del NOE e da parte della procura della Repubblica di Velletri, con ampio risalto mediatico sia a livello locale che a livello nazionale. Dall’attività di indagine del NOE, coordinata dalla procura di Velletri, sono scaturite nella province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno 13 ordinanze di custodia cautelare, che hanno interessato il direttore tecnico responsabile della gestione dei rifiuti e degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, il procuratore responsabile della raccolta di multimateriali dell’impianto, i soci e gli amministratori della società. Inoltre, sono stati notificati venticinque avvisi di garanzia per reati importanti, quali l’associazione a delinquere, l’attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, falso ideologico, truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento, violazione dei valori limite di emissione in atmosfera, accesso abusivo a sistemi informatici. Le indagini sono durate un anno, hanno visto svolgersi attività tecniche, intercettazioni ambientali e telefoniche, osservazioni, ispezioni, pedinamenti e hanno permesso di raccogliere chiari elementi di responsabilità a carico dei soggetti che conseguivano ingiusti profitti, rappresentati da maggiori ricavi e da minori spese di gestione dei rifiuti che venivano prodotti e commercializzati come cdr, pur non avendone le caratteristiche. La provincia di Latina non presenta particolari problematiche ». Questa la sintesi delle attività di indagini del NOE, quali risultano dalla nota informativa del 9 novembre 2009: « Il territorio della regione Lazio negli ultimi anni è stato oggetto di molteplici attività di indagine condotte dal Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente riguardanti traffici illeciti di rifiuti, essendo stato interessato sia come località di transito dei flussi di traffico provenienti da altre regioni, che come sito di smaltimento finale di tali traffici. Le principali tipologie di modus operandi rilevate a partire dal 1999 si possono così brevemente riassumere: — utilizzo di fanghi e polveri di abbattimento fumi di matrice pericolosa abbandonati in capannoni o utilizzati in un impianto di produzione di laterizi sito nella provincia di Frosinone; — spandimento di fanghi provenienti da impianti di depurazione della Toscana in terreni messi a disposizione da aziende agricole site nella provincia di Latina; — illecito smaltimento, all’interno di cave site nelle province di Viterbo e Rieti, di rifiuti provenienti da varie regioni del centro-nord Italia, anche sottoposti a sistematica manipolazione o miscelazione ed accompagnati da falsi certificati di analisi; — un impianto di compostaggio, sito in provincia di Rieti, gestiva illegalmente ingenti quantitativi di rifiuti, declassificandoli »sulla carta« per poi spanderli sui terreni di aziende agricole compiacenti; — un impianto di compostaggio, sito nella provincia di Roma, veniva utilizzato come sito di transito di rifiuti speciali ed effettuava una declassificazione fittizia degli stessi per il loro successivo smaltimento in cave e terreni in Campania; — illecito smaltimento di traversine ferroviarie in legno dismesse, le quali, impregnate di creosoto, costituiscono un rifiuto pericoloso; le stesse venivano fraudolentemente riutilizzate per la realizzazione di staccionate in aziende ed agriturismi nella provincia di Viterbo; — altra attività illecita, perpetrata da due aziende del viterbese, constava nell’illegale miscelazione di rifiuti pericolosi al fine di un successivo smaltimento presso siti non adatti all’uopo ». Le operazioni condotte dal NOE del Lazio nel periodo 2008/2009 sono le seguenti: • Operazione « AMIANTO »: condotta dal NOE di Roma e coordinata dalla procura della Repubblica di Velletri, permetteva di scoprire un traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi contenenti amianto in forma friabile, altamente cancerogeno, provenienti principalmente dal sito di bonifica di interesse nazionale di Milazzo (ME) e da altre parti d’Italia Camera dei Deputati — 52 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTIe inviati presso la discarica di Pomezia, idonea a ricevere esclusivamente amianto compatto. La condotta illecita di produttori, intermediari e smaltitori di tali rifiuti veniva agevolata attraverso azioni di corruzione e di concussione poste in essere dai titolari della discarica e da funzionari pubblici. Nel complesso, sono state eseguite nove misure cautelari personali e tre provvedimenti di obbligo di ddimora nel comune di residenza, emesse dal gip presso il tribunale di Velletri. • Operazione « BLACK HOLE »: le indagini, condotte dal NOE di Roma e coordinate dalla procura della Repubblica di Velletri, sono durate circa un anno e si sono sviluppate con servizi di osservazione dei luoghi, ispezioni e controlli agli impianti; supportate anche da consulenze tecniche, hanno riguardato la verifica della qualità e consistenza del combustibile da rifiuti, che è stato immesso nei cicli gestionali. • Operazione « PIOMBO »: l’indagine, condotta dal NOE di Perugia e coordinata dalla procura della Repubblica di Terni, ha interrotto un traffico illecito di rifiuti speciali costituiti da batterie al piombo esauste, tra Umbria e Lazio, ed ha avuto origine a seguito di una segnalazione pervenuta al NOE di Perugia, riguardante una presunta attività illecita di raccolta di tali rifiuti pericolosi in quella provincia. Dai primi accertamenti emergeva che i soggetti coinvolti provvedevano a ritirare presso numerose autofficine i citati rifiuti speciali, rilasciando ai rispettivi titolari copia di formulari di identificazione di rifiuti (FIR) risultati falsi, in quanto sia la ditta di trasporto che il sito di destinazione, effettivamente esistenti, erano risultati estranei ai fatti per non averli mai ricevuti. L’ulteriore sviluppo investigativo evidenziava come i flussi dei rifiuti pericolosi, dalle autofficine e ricambisti del centro Italia (Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo), fossero veicolati verso centri di rottamazione e raccolta di rifiuti laziali, dichiarandoli quali rottami ferrosi. Complessivamente il gip del tribunale di Terni emetteva sei ordinanze di custodia cautelare. • Operazione « SIGNORE DEGLI INERTI »: condotta dal reparto operativo del Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente e coordinata dalla procura della Repubblica di Viterbo, ha messo alla luce un traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e non, provenienti dai lavori di scavo per la realizzazione del tratto di metropolitana B1 di Roma, nonché da diversi siti di bonifica. Le terre e rocce da scavo prodotte venivano conferite presso una sociesocietà del viterbese. Si contestava inoltre un traffico illecito di rifiuti speciali non pericolosi che, mediante miscelazione (avvenuta illegalmente), venivano successivamente venduti come prodotti per l’edilizia. L’attività ha portato all’arresto di quattro soggetti ed al sequestro di un’azienda. • Operazione « GIUDIZIO FINALE »: condotta dai NOE di Roma e Caserta, con la collaborazione della Compagnia Guardia di Camera dei Deputati — 53 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTIfinanza di Marcianise e coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, è stata, come si evince dal comunicato stampa emesso dall’autorità giudiziaria titolare, la « ...prima indagine in cui si dimostra la gestione diretta da parte della camorra di società operanti nel settore dei rifiuti, per mezzo delle quali si riciclavano capitali del clan proprio nello specifico settore. In tali società venivano convogliati i proventi delle attività illecite del clan, quali il traffico di droga ed i ricavi delle estorsioni e dell’usura, e venivano utilizzati per operare nel delicato settore della gestione dei rifiuti, in precedenza gestito da imprese del nord. Inoltre sono state accertate anche ulteriori compartecipazioni tra i clan camorristici operanti nel casertano con le aziende operanti nel settore dei rifiuti e le loro propaggini in altre regioni, come nel Lazio, ove sono stati operati significativi sequestri di società e di immobili riconducibili al clan ... ». Sono state emesse nel complesso cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere ed i reati contestati sono associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico illecito organizzato di rifiuti, truffa aggravata ai danni di ente pubblico, riciclaggio, reimpiego di capitali di provenienza illecita ed estorsione ». IV.3. – Gli illeciti nella provincia di Latina. Il prefetto di Latina, in merito ai fenomeni di illiceità connessi al ciclo dei rifiuti nella provincia, ha riferito a questa Commissione che non sembrano al momento evidenziarsi particolari situazioni di criminalità organizzata. Anche il questore di latina, Nicolò D’Angelo, nonostante le infiltrazioni della criminalità organizzata nel territorio, ha escluso l’interessamento e il coinvolgimento di questa nella gestione del ciclo dei rifiuti. « Ci risultano episodi che non riguardano la criminalità organizzata. Il coinvolgimento di mafie tradizionali, vista la vicinanza con la Campania e quindi l’interesse di quell’area criminale con alcuni personaggi che vivono nel nostro territori, a effettuare speculazioni sul ciclo dei rifiuti, fino ad ora non è emerso. Camera dei Deputati — 55 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTIÈ emerso qualche interramento di rifiuti in piccoli siti fatto da cittadini, da privati, ma questo è un altro discorso. Lo ripeto, nonostante le numerose intercettazioni e le numerose operazioni relativamente alla criminalità organizzata, che sono tuttora in corso a Latina – credo che, oltretutto, siano un fatto ormai riconosciuto – non è emerso nulla ». Il prefetto ha invece evidenziato elementi di rilievo per quanto riguarda la discarica di Borgo Montello, una grande discarica che esiste dagli anni ’70 nella provincia di Latina e che serve tutti i comuni della provincia stessa. Dagli anni ’70 ad oggi sono stati costruiti degli invasi i quali, anche a seconda dell’epoca della loro costituzione, presentano caratteristiche positive o negative. Su questi invasi sono stati effettuati degli studi – uno ancora in corso è denominato S0, gli altri si sono conclusi (S1, S2, S3) – rivolti sostanzialmente ad accertare la corretta coibentazione, per escludere che ci sia stata una contaminazione delle acque. Almeno uno di questi invasi, infatti, quello denominato S0, il primo ad essere stato costituito, è proprio vicino al fiume Astura. Su questi stessi invasi sono ancora in corso indagini sia da parte di ARPA Lazio, sia da parte del comune e della provincia. Il questore di Latina, su richiesta dei membri della Commissione, ha fornito inoltre alcuni chiarimenti circa il presunto interramento nella discarica di Borgo Montello di fusti di sostanze tossiche o radioattive scaricate negli anni ’80 dalle navi Karen B e Zenobia. Il questore ha richiamato in proposito le dichiarazioni di Schiavone, confortate, più recentemente, anche da un pentito di ’ndrangheta, Fonti, riguardanti il territorio pontino, nel periodo della cosiddetta « guerra di camorra », che ha interessato anche l’area di Minturno, Scauri, eccetera, fino ad arrivare alle porte di Latina. In quel periodo era in corso anche una grossa speculazione edilizia da parte della camorra, in particolare della famiglia dei Nuvoletta, il cosiddetto clan di Marano. In questo stesso periodo Schiavone collocò l’episodio della vecchia nave Zenobia, affermando che molti di quei rifiuti tossici erano stati interrati nella discarica di Borgo Montello. Nell’area interessata fu eseguito uno studio da parte dell’ENEA. Nel 2007, la regione ha ripercorso tutto lo studio e ha chiesto all’assessorato all’ambiente di rivedere la situazione di Borgo Montello perché, grazie a rilievi magnetotermici, c’era il fondato sospetto che esistessero delle masse metalliche in profondità. Ma questo, secondo il dottor D’Angelo, non è stato mai accertato al 100 per cento. Nel 2007 l’ARPA Lazio è stata chiamata a fare nuovamente gli stessi accertamenti. Nell’area S0, che è la prima in ordine cronologico della discarica, sono stati condotti rilievi magnetotermici per la circolazione delle acque profonde; ed i tecnici sostengono che ci sono indizi, anche se non certi, della presenza di una massa metallica in profondità. Su questo punto specifico sono stati richiesti chiarimenti anche al presidente della provincia di Latina, Armando Cusani, il quale ha riferito: « A seguito delle dichiarazioni di un pentito di mafia, che sostenne che in tale discarica furono interrati rifiuti speciali, quindi, tossici – la natura del rifiuto non fu specificata, ma fu data spiegazione che, al tempo, vi furono portati rifiuti particolari; Camera dei Deputati — 56 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTIaddirittura qualcuno sostenne che si potesse trattare di rifiuti nucleari – furono avviate, evidentemente, alcune attività di polizia giudiziaria, di cui non ho notizia. Le abbiamo apprese anche dalla stampa. Dal punto di vista amministrativo, invece, sono stati svolti controlli che hanno interessato nel 1996 l’ENEA, che condusse un’indagine e rilevò la presenza di masse metalliche all’interno del corpo della discarica. Tale studio sconsigliò interventi – ne cito un passaggio – « considerata l’impossibilità di definire la natura dei corpi metallici, soprattutto nella discarica, che risultava piuttosto stabile ». L’ENEA nel 1996 indicò dunque che vi erano corpi metallici, ma sconsigliava di intervenire. Poi subentrarono le dichiarazioni del pentito di mafia riferite all’occultamento di fusti contenenti rifiuti tossici. Abbiamo letto dalla stampa che si parlava addirittura di rifiuti nucleari, ma invece, dalle dichiarazioni del pentito, almeno per quelle che sono le notizie in nostro possesso, si parlava di rifiuti tossici. Fu attivata l’ARPA Lazio, che, attraverso l’Istituto di geofisica, svolse accurate indagini accurate magnetotermiche, da cui emersero tre aree interne del bacino caratterizzate da una risposta significativa dal punto di vista magnetico. In seguito, con il comune di Latina e la regione Lazio, che l’ha finanziata, è stata attivata una progettazione per puntare a eseguire gli scavi e verificare che cosa c’è all’interno dell’S0. In questo momento – questo è un aggiornamento su questo tema, che potrebbe essere significativo dal punto di vista delle eventuali dichiarazioni rilasciate dal pentito di mafia – il comune sta redigendo il progetto e intanto è in campo una messa in sicurezza della discarica... ». Il procuratore aggiunto della Repubblica di Latina ha riferito che il numero di reati specifici relativi al ciclo dei rifiuti è molto contenuto: centoventitré nel 2008, centocinquanta nel 2009 e cinquantadue nel 2010, alla data dell’audizione. Uno dei primi procedimenti risale al 2005 e riguarda un reato di interessi privati in atti d’ufficio, collegato anche a una frode nelle forniture. In pratica, si trattava di contratti stipulati tra la società Latina Ambiente ed altre società private, relativamente all’affitto di mezzi per il trasporto di rifiuti. Il fatto criminoso è stato individuato nella concessione di appalti senza passare per la procedura di evidenza pubblica, senza termine finale e soprattutto per cifre superiori ai valori dei mezzi locati. Il dato più interessante, evidenziato dal procuratore, è che in questo procedimento, come in altri, le società interessate ai contratti svantaggiosi per il pubblico sono sempre le stesse, così come sono le stesse le persone fisiche che si occupano di questa materia sulla provincia di Latina, sia pure rappresentate attraverso società di tipo diverso. Per quanto riguarda specificatamente la discarica di Borgo Montello, il sostituto procuratore che si occupa del procedimento ha riferito che « la polizia provinciale, che si è occupata in maniera continua dell’argomento, sulla base dei primi riscontri dell’ARPA Lazio effettuati sulla falda interessata e risalenti al 2005, aveva formulato delle ipotesi. Da quel momento in poi, proprio per la presenza di una serie di sostanze (ferro, manganese e altre sostanze Camera dei Deputati — 57 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTIchimiche), che secondo l’impostazione accusatoria della polizia giudiziaria non erano compatibili con una discarica di rifiuti urbani, è iniziata l’analisi per capire quale fosse la fonte dell’inquinamento della falda. Sulla discarica operano due gruppi societari (...), ossia la Indeco da una parte e la Ecoambiente dall’altra. Ci siamo interessati alla seconda società, la quale, a seguito del fallimento della società Ecomont, ha rilevato dei siti, denominati S1, S2, S3, esauriti a metà degli anni ’90. Successivamente, la società Ecoambiente Srl ebbe l’autorizzazione a effettuare i lavori di bonifica di questi tre siti. Tramite tali lavori si doveva creare una specie di polder intorno agli invasi, perché evidentemente non erano protetti. L’operazione è stata finanziata e autorizzata dalla regione Lazio. Nel contempo è stata autorizzata anche l’operazione di abbancamento ulteriore. Vale a dire che, anziché aprire altri invasi, sono stati innalzati i siti esistenti. Nel corso di un controllo, la polizia provinciale avrebbe rinvenuto dei fusti nel sito S3, e non nel famoso sito S0 di cui si parlava in precedenza. (...) Questo è quanto ci è stato riferito dal colonnello della polizia provinciale (...). Egli avrebbe dunque effettuato il rinvenimento all’interno di uno dei siti che erano esauriti e che successivamente sono stati utilizzati per l’ulteriore abbancamento e quindi l’ulteriore conferimento dei rifiuti urbani ». Come è emerso nel corso dell’audizione e come è stato fatto rilevare dal presidente e dai commissari, ha destato più di una perplessità il fatto che questi fusti non siano mai stati esaminati e quindi che non ne sia mai stato accertato il contenuto. Ha dichiarato in proposito il sostituto procuratore: « Non è stato possibile esaminarli. Ci è stato riferito infatti che, nel tirarli su, non è stato possibile risalire alla loro natura, né alla loro provenienza. Sono stati totalmente distrutti nell’operazione di recupero ». Resta inspiegabile pertanto il fatto che dei fusti contenenti presumibilmente sostanze tossiche e quindi di una certa robustezza e resistenza, possano autodistruggersi nel momento della loro estrazione, senza peraltro determinare almeno una fuoriuscita di materiale sul terreno. In ogni caso, il procedimento attualmente in corso presso la procura di Latina non riguarda specificatamente il rinvenimento di fusti all’interno della discarica di Borgo Montello, bensì la possibile presenza nel terreno di masse ferrose imponenti. Il sostituto procuratore che si occupa delle indagini ha dichiarato in proposito che « il dato che abbiamo è partito dall’analisi dell’ENEA effettuata nel 1995 e in qualche modo è rimasto tale e quale, nel senso che nessuno da quel momento in poi ha svolto alcun tipo di indagine per verificare se le masse metalliche che venivano menzionate, a una profondità tra i 5 e i 10 metri, fossero riferibili ai fantomatici fusti di cui si parla. Il lavoro del consulente del pubblico ministero, depositato in questi ultimi giorni, si è fermato davanti a un’attività che avrebbe comportato costi notevoli anche per l’ufficio. È stata infatti ipotizzata una spesa di 250 mila euro per realizzare le operazioni di verifica. Allo stato, dunque, rimane il lavoro dell’ENEA come unico elemento oggettivo di fumus, di presenza di qualcosa di anomalo che, almeno per quanto mi riguarda, fino a questo momento nessuno ha mai accostato ai fusti in concreto ». Camera dei Deputati — 58 — Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTILo stesso sostituto procuratore di Latina, Giuseppe Miliano, ha riferito inoltre di una complessa indagine riguardante il comune di Minturno, in materia di gestione di rifiuti solidi urbani, che aveva portato nel 2009 all’arresto di numerose persone tra imprenditori, tecnici e amministratori pubblici. Secondo le indagini della Guardia di finanza il soggetto che gestiva la raccolta aveva avuto dal comune di Minturno un primo appalto alla fine degli anni ’90 con una società diversa, nel quale vi erano state forzature a livello amministrativo che ne avevano consentito la partecipazione sebbene fossero scaduti i termini per la gara. È stato accertato inoltre che la società precedentemente incaricata di gestire questo servizio aveva lasciato il comune in seguito all’incendio dei suoi automezzi e che, sebbene il bando di gara prevedesse già nel capitolato la raccolta differenziata dei rifiuti, nel 2005 il comune stesso, attraverso un funzionario, avesse portato l’ammontare a 2 milioni di euro in più per la voce relativa alla raccolta differenziata che era già prevista. Ricostruendo le varie fasi dell’appalto, sempre secondo quanto riferito dalla Procura, si accertò che nel 2007 questa società che aveva un nome diverso, era stata dichiarata fallita con provvedimento del tribunale di Roma per omesso pagamento dei contributi ai lavoratori. Nonostante questo fallimento, dal comune viene autorizzata la prosecuzione del servizio con una nuova società, facente capo sempre allo stesso imprenditore, ma gestita dalla giovane figlia di questi. Nonostante queste anomalie, il comune di Minturno aveva sempre continuato a mantenere i rapporti con questa società. Attraverso gli atti di indagine e una serie di intercettazioni disposte dopo i primi arresti, tra i quali un consigliere regionale del Lazio, ritenuto dalla Procura persona contigua all’imprenditore, veniva ricostruito lo svolgimento fraudolento di questo appalto che passava attraverso l’attestazione di regolarità di un servizio inesistente da parte del dirigente del comune che aveva firmato le liquidazioni. Il comune aveva omesso di esercitare qualsiasi tipo di controllo sull’effettività della raccolta differenziata e i vari soggetti deputati alla gestione e al controllo del servizio non avevano mai segnalato irregolarità o anomalie. La polizia giudiziaria accertava, altresì, che nel comune di Minturno non esistevano cassonetti e campane per la raccolta differenziata. L’amministratore unico della società coinvolta nelle indagini della procura della Repubblica di Latina, a seguito di notizie di stampa riguardanti questa vicenda, ha chiesto di essere audito da questa Commissione. Nel corso della sua audizione, avvenuta il 21 dicembre 2010, ha ripercorso le vicende societarie che hanno portato alla costituzione dell’attuale società, la EGO ECO Srl e ha sostenuto l’assoluta regolarità dell’esecuzione dell’appalto presso il comune di Minturno. Ha riferito in particolare che alla gara di appalto la sua società si era classificata quarta e che il servizio di smaltimento dei rifiuti urbani le era stato assegnato dopo la rinuncia delle tre società che lo precedevano e che avevano rinunciato per la difficoltà di rispettare il capitolato d’appalto, che prevedeva lo svolgimento del servizio secondo modalità di fatto inattuabili. Camera dei Deputati — 59 — Senato della Nonostante queste difficoltà, tutte le società che si erano succedute nell’esecuzione dell’appalto che a lui facevano riferimento, avevano eseguito regolarmente il servizio di raccolta, anche se con pessimi risultati, perché, non avendo il comune fornito né cassonetti, né attrezzature per la raccolta differenziata, la raccolta che si eseguiva a Minturno era effettivamente molto ridotta

Nessun commento:

Posta un commento