i
Cittadini contro
le mafie e la corruzione
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COMUNICATO STAMPA Roma
11.09.2012
Il
procuratore capo di Roma Giuseppe
Pignatone,
nel suo recente intervento agli stati generali della legalità
organizzati nella Capitale dai sindacati ha affermato che : "C'é
su Roma un accordo tacito tra le mafie per evitare atti di
violenza"...Nella capitale c'é spazio per tutti ed è quindi
meglio per i “ boss” non attirare l'attenzione delle forze
dell'ordine e della magistratura e non creare allarme sociale".
A preoccupare il procuratore è la immensa disponibilità di denarò
che la criminalità organizzata riesce a muovere attraverso
l'economia.Secondo Pignatone "La città di Roma vede crescere
esponenzialmente la massa di denaro di dubbia origine che viene
reinvestita sul territorio. A Roma esistono imponenti fenomeni di
evasione fiscale, criminilità economica e frodi, e si osserva una
lunga serie di grandi fallimenti che muovono quantità immense di
denaro: su questo non c'è,secondo il nuovo procuratore capo di Roma,
consapevolezza di quanto sia importante contrastare il fenomeno".
Oggi
nella riunione provinciale dell’ordine e della sicurezza,tenutasi
dopo gli omicidi di mafia a Nettuno e a Terracina di due esponenti di
spicco della camorra campana, il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro
sostiene in un’intervista riportata sulla cronaca romana on line di
un noto quotidiano nazionale: "Nella capitale non c'é controllo
militare da parte delle associazioni mafiose ma esiste una
criminalità economica" ed aggiunge che agiscono piccole bande
criminali.
Pur
con grande rispetto per le posizioni del prefetto Pecoraro, Antonio
Turri,
presidente dell’Associazione “I
Cittadini contro le mafie e la corruzione”
sostiene che è tutto sottoscrivibile,meno il fatto,purtroppo che in
molta parte della provincia di Roma non ci sia il tentativo ed il
reale pericolo di un controllo territoriale, seppur a macchia di
leopardo,delle mafie,anche di tipo militare in zone e quartieri della
Capitale .
Secondo
Turri:” In particolare a
Roma e in altri centri del Lazio,come Aprilia, Pomezia, Nettuno, le
mafie sono anche oltre la fase del radicamento.
Contaminano settori della criminalità organizzata autoctona
fondendosi con essa e ,seppur
ancora a macchia di leopardo, in quartieri come ad esempio Tor bella
Monaca, Nuova Ostia e in altre periferie romane,attraverso
il controllo dei traffici delle sostanze stupefacenti o della
prostituzione incutono paure ed omertà tra i cittadini residenti. I
tanti omicidi consumati con modus operandi mafioso nel 2011 nella
Capitale,molti dei quali irrisolti, sono stati il sintomo che quando
sopraggiungono contrasti le mafie e la criminalità organizzata,anche
straniera, uccide e manda messaggi che parlano
“più ai vivi che ai morti”.
Sul
litorale romano le presenze di alcuni clan storici della malavità
romana e di famiglie mafiose stanziali da moltissimi anni hanno
ingenerato elementi di omertà tra chi opera nei settori del
commercio e rischiano di contaminare altri importanti pezzi
dell’economia.
Ad
Ostia e lungo gran parte del litorale romano la Dia e le Forze di
Polizia segnalano da anni l’agire dei clan Senese,Fasciani e
Cuntrera Triassi, che sono stati capaci si di convivere tra loro ma
anche di contaminare pezzi della criminalità autoctona, in
particolare quelli cresciuti all’ombra degli ex boss della
Magliana.Quando alcuni dei delinquenti locali hanno invaso settori
criminali altrui sono stati spietatamente eliminati, come nel caso
dell’esecuzione di Francesco Antonini e Giovanni Galleoni due
pregiudicati considerati dalla polizia boss locali emergenti di
Ostia,già legati alla banda della Magliana,trucidati il 21 novembra
2011 sotto la loro abitazione.
I
molti boss e familiari al seguito che risiedono nella Capitale e in
molti centri della provincia romana non smettono certo di continuare
a svolgere il loro mestiere: quello del mafioso. Secondo Turri
:"Usura e Racket, tratta degli esseri umani,sfruttamento della
manodopera nell'edilizia e nell'agricoltura e nei servizi a Roma e
nel Lazio,in particolare nelle comunità straniere sono emergenze che
rimangono parzialmente esplorate.
Non
puo’ essere redatta una corretta mappa del crimine nella Regione
Lazio senza tentare di analizzare gli errori di analisi perpetrati
negli anni passati dove si è ritenuto, erroneamente, che il problema
maggiore sul fronte delle infiltrazioni e del radicamento delle mafie
riguardasse esclusivamente o in gran parte solo il sud della Regione
rispetto all’area nord ed in particolare la Capitale. Va da se che
questo è stato ingenerato per lo più dalla carica mediatica assunta
dalla vicenda del richiesto scioglimento del comune di Fondi. Ad
amor del vero la caratura criminale effettiva dei boss di quell’area,
rimasti coinvolti nella vicenda,non è inferiore rispetto a quella
dei boss che operano nell’area di Aprilia,Nettuno,Pomezia e Roma
sino a risalire a Civitavecchia.
Queste
considerazioni sono semplicemente il frutto delle analisi dei fatti e
il tutto è contenuto negli archivi delle caserme dei Carabinieri,
della Polizia e della Guardia di Finanza della Regione Lazio, dove i
fascicoli contengono i profili criminali dei Boss mafiosi che
operano o vivono nei centri del Lazio.
Ebbene
quelli a maggior spessore criminale e con il più consistente
curriculum sono tutti stanziali a nord della Regione, a titolo di
esempio gli Alvaro ad Aprilia e a Roma, i Gallace Novella a Nettuno,
i rappresentanti della mafia catanese dei Santapaola a Pomezia e sui
Colli Albani,il clan Senese nei quartieri di Ostia, i clan della
mafia autoctona dei Casamonica nell’area a sud di Roma. In questa
triste graduatoria delle priorità lascia sconcertati il fatto che i
media sottovalutino la presenza a Tarquinia del clan Piromalli e di
altre famiglie minori della ‘ndrangheta calabrese che operano lungo
tutta la costa tirrenica da Ostia sino a Montalto di Castro
infiltrandosi nella province toscane. A Santa Marinella si è resa
preoccupante ed invasiva la presenza del clan camorristico dei Di
Lauro,mentre a Cerveteri e Ladispoli è attiva la mafia dei
Pulvirenti notoriamente legati ai Santapaola di Catania. A
Civitavecchia è segnalata la presenza ingombrante dei clan siciliani
dei Rinzivillo, che hanno grandissime disponibilità di capitali, e
che sono capaci di condizionare grandemente l’economia legale.
Sempre a Civitavecchia e da qui verso il nord è segnalata da anni la
presenza operativa dei clan della camorra napoletana dei Cavalieri e
dei Gallo.Come si vede non c’è da star tranquilli.Per quanto
riguarda inoltre la presenza dei clan della camorra casertana, in
particolare quella dei casalesi, è oggettivo il fatto che sono
maggiormente radicati nella città di Latina mentre la loro capacità
di investimento nel settore dell’edilizia è da alcuni anni
particolarmente aggressiva nella provincia di Roma.
Turri
continua sostenendo che:”Investimenti consistenti del clan Mallardo
di Giugliano e della potente camorra egemone nelle aree a nord di
Napoli,sono stati effettuati si nel sud pontino ma in maniera
altrettanto consistente a Lariano, in altri centri della provincia
di Roma ed in regioni a nord del Lazio
I giornalisti della Capitale che si occupano di inchieste sanno bene
quali difficoltà si incontrano a far parlare testimoni e cittadini
dei quartieri romani o del centri del litorale laziale sulla presenza
ingombrante delle famiglie criminali che stanziano su quei territori
e quanto l’humus dell’omertà e della paura cominci a farsi
strada.
“Se
si continua a non prendere atto di quanto sta avvenendo corriamo il
rischio di non mettere in moto le dovute contromisure” Spiace dirlo
ma le mafie puntano a Roma da almeno un ventennio ed il tempo di
andare oltre le commissioni di studio ed analisi…I boss e i loro
familiari e seguito criminale sono stanziali nel Lazio da anni e da
qui risalgono la penisola contaminando economie e società”.
Quello
che è auspicabile che dopo i fatti gravissimi di Terracina e Nettuno
la politica non ripercorra i vecchi errori,quelli cioè di dividersi
e di fare della lotta alle mafie terreno di scontro politico su
presunte e mal dimostrate superiorità ideologiche e morali di quella
o quell’altra parte politica.Le mafie e la cultura mafiosa vanno
combattute perché portatrici di morte e di povertà economica per
tutto il Paese.
Quindi
è interesse di tutti combatterle e avviare sul territorio quei
processi virtuosi di investimento,in particolare sulle giovani
generazioni, affinchè nei confronti delle mafie si faccia terra
bruciata. Sarebbe un colpo mortale alle mafie se le Istituzioni,la
Politica e i Cittadini su questa emergenza trovassero l’auspicabile
unità d’intenti.
L’antimafia
deve essere un patrimonio condiviso. L’antimafia non è né di
destra né di sinistra è un’esigenza del nostro Paese.
Dr.
Antonio Turri
Presidente
dell’associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”
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