sabato 21 luglio 2012

Pontinia la Corte Costituzionale salva la Trasco

Ho spesso difeso la Trasco e la qualità dei servizi. Anzi sono stato il primo nel periodo più nero dell'attacco dell'amministrazione di destra che ne aveva pensato il rilancio proponendone la gestione della raccolta differenziata. Così come sono stato l'unico a difenderla con la proposta di affidamento dell'incarico della gestione dell'acqua pubblica. Se avessimo un assessore all'ambiente coraggioso e competente sarebbe già realtà. Avremmo coniugato difesa dell'ambiente, riqualificazione territoriale con la qualità di servizio, nuovi posti di lavoro e sopratutto con costi ridotti per le famiglie sempre più bistrattate proprio dall'incapacità o incompetenza o dalla scarsa volontà degli amministratori. A tutto questo si unisce il doppio obbligo di legge: la restituzione delle reti dell'acqua dai privati speculatori a bene pubblico e la riduzione delle tariffe. Il pd non si può più nascondere o fare il doppio gioco facendo le campagne elettorali in un senso e poi attuando altro. Adesso se abbiamo un assessore all'ambiente e uno al bilancio rispettosi della legge e delle sentenze devono arrivare gli atti amministrativi conseguenti. Altrimenti si possono pure dimettere. Giorgio Libralato Sei in: Il Fatto Quotidiano > Cronaca > La Consulta: &#... La Consulta: “I servizi pubblici non si possono privatizzare” E’ una doppia bocciatura per i governi Berlusconi e Monti quella sancita poche ore fa dai giudici Supremi , che hanno dichiarato incostituzionale la norma che obbligava i comuni a privatizzare i servizi pubblici locali. "Viola apertamente il referendum del 12 e 13 giugno del 2011", votato da 27 milioni di italiani di Andrea Palladino | 20 luglio 2012Commenti (26) Più informazioni su: acqua pubblica, consulta, Giulio Tremonti, legge ronchi fitto, Mario Monti,referendum, servizi pubblici locali. Share on printShare on emailMore Sharing Services 57 E’ una doppia bocciatura per i governi Berlusconi e Monti quella sancita poche ore fa dallaConsulta, che ha dichiarato incostituzionale la norma che obbligava i comuni a privatizzare i servizi pubblici locali. Si tratta dell’articolo quattro del pacchetto anticrisi varato da Giulio Tremonti il 13 agosto dello scorso anno, ripreso – e in buona parte rafforzato – dal decreto liberalizzazioni del governo di Mario Monti. Una norma – hanno deciso i giudici costituzionali – che viola apertamente il referendum del 12 e 13 giugno del 2011, quando ventisette milioni di italiani votarono contro la legge Ronchi Fitto, che imponeva la cessione delle quote delle municipalizzate ai mercati. Nell’agosto dello scorso anno, quando lo spread iniziava la sua vertiginosa salita, il governo Berlusconi decise di intervenire con un pacchetto di emergenza, dove venne infilata una norma che, nel titolo, annunciava un adeguamento della legislazione sui servizi pubblici locali al voto referendario. In realtà l’articolo centrale di quell’intervento riprendeva, in un vero e proprio copia e incolla, buona parte della legge appena abrogata dal primo dei quattro quesiti votati due mesi prima. Pur escludendo l’acqua, Tremonti – artefice di quell’intervento – riproponeva la privatizzazione forzata di servizi essenziali, quali i rifiuti e il trasporto pubblico locale. Il decreto firmato il 13 agosto diventava poi legge ad ottobre, pochi giorni prima della caduta del governo Berlusconi. In quegli stessi giorni molti giornali pubblicavano una lettera della commissione europea che indicava al governo italiano la road map ideale per affrontare la crisi. Tra i punti spiccava la revisione del risultato del referendum, con l’avvio di una nuova stagione di privatizzazioni. Il governo guidato da Mario Monti ha di fatto mantenuto l’intervento voluto dal governo precedente, inserendo le norme dell’articolo 4 all’interno del pacchetto liberalizzazioni, poi approvato dal parlamento, con il voto congiunto di Pdl e Pd. Il ricorso davanti alla corte costituzionale – elaborato, tra gli altri, dai referendari Ugo Mattei e Alberto Lucarelli – era stato presentato lo scorso ottobre dalla regione Puglia. La decisione della Consulta restituisce ora il potere di decidere come gestire i servizi pubblici locali ai comuni, che non saranno più obbligati a cedere tutto ai privati. La possibilità di privatizzare rimane, ma la decisione, a questo punto, sarà esclusivamente politica. http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/20/la-consulta-i-servizi-pubblici-non-si-possono-privatizzare/300449/

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