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lunedì 30 aprile 2012
un pezzo di mondo spegne l'Enel per un nuovo modello energetico
Roma, 30 aprile. Un pezzo di mondo spegne l’Enel
Luca Manes | 29 aprile 2012 | 0 commenti
Cittadini di tutto il mondo si danno appuntamento il 30 aprile davanti alla sede dell’Enel di viale Regina Margherita per denunciare i nefasti impatti socio-ambientali causati da numerosi progetti della più grande compagnia energetica del nostro Paese, la seconda in Europa per potenza installata. L’occasione per il lancio della nuova campagna italiana «Stop Enel, per un nuovo modello energetico» è costituita dall’assemblea degli azionisti, che si tiene ogni anno nel quartier generale romano della società. Oggi l’Enel, che, val la pena rammentarlo, per il 31 per cento è ancora di proprietà statale, è attiva nel settore dell’energia elettrica e del gas in 40 Paesi. Con l’acquisizione della spagnola Endesa nel 2009, ha ereditato diversi impianti e progetti in varie località dell’America latina.
L’Enel non si tira indietro quando ci sono da costruire centrali a carbone, nonostante gli impegni di riduzione dell’emissione di gas serra. Per far ciò sfrutta al meglio i cosiddetti meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto, che consentono alle imprese di continuare a inquinare, assegnando veri e propri permessi di emissione in cambio della costruzione di impianti di energie rinnovabili. Ma l’energia può essere considerata verde solo ad alcune condizioni. Certamente non quando rischia di distruggere ecosistemi incontaminati, come nel caso del progetto Hydroaisén nella Patagonia cilena e di quelli previsti sulle nostre Alpi, o quando non tutela i diritti, le economie locali e l’accesso all’acqua dei popoli indigeni e delle comunità contadine come avviene in Guatemala e in Colombia. L’energia non può essere considerata verde o rinnovabile quando prosciuga le falde acquifere, emette sostanze dannose per la salute dei cittadini oppure li espone a rischi incalcolabili, come nel caso della geotermia sull’Amiata e del nucleare in Slovacchia o allo studio in Russia.
L’Enel è pertanto responsabile di promuovere in Italia ed esportare all’estero un modello energetico insostenibile e obsoleto, basato su una produzione centralizzata per mezzo di grandi impianti, imposti alle comunità locali e velati da compensazioni economiche elargite ai comuni o ai governi compiacenti. Operando in questo modo non si migliora la qualità della vita dei cittadini, ma si incentiva l’industria estrattiva e un’economia basata sullo sfruttamento illimitato delle risorse. Un modello che sta inevitabilmente generando conflitti ambientali e sociali con le comunità locali. I principali a livello internazionale sono oggi in corso nella regione dell’Aysèn (Patagonia Cilena, vedi foto), nel Municipio indigeno di San Juan Cotzal (Guatemala), nel Municipio indigeno di Panguipulli (Cile), nel Dipartimento di Huila (Colombia), a Porto Romano (Albania), a Mohovce (Slovacchia), nel Distretto di Galati (Romania), a Kaliningrad (Russia). In Italia, a Civitavecchia (mentre Alemanno fa grandi business con Enel), sul Monte Amiata, sulle Dolomiti, a Porto Tolle, a Brindisi, a Bastardo, a Fusina e a Genova. Lunedì 30 saranno in tante le persone provenienti dalle varie località appena menzionate per chiedere alla compagnia un reale cambiamento di modello energetico
http://comune-info.net/2012/04/il-30-aprile-un-pezzo-di-mondo-spegne-lenel/?w3tc_note=flush_all
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