Il Consiglio dei Ministri vara il decreto fiscale
Passa l’Ici alla Chiesa, Imu e riforma catastale ancora al vaglio del Governo
di Paola Mammarella 24/02/2012 - Anche gli immobili della Chiesa pagheranno l’Imu. Durante il CdM, il Presidente del Consiglio Mario Monti ha reso noto di aver presentato un emendamento al Decreto Liberalizzazioni che assoggetta ad Imu gli immobili appartenenti agli enti no profit e alla Chiesa. Saranno esenti solo gli immobili nei quali si svolge in modo esclusivo un’attività non commerciale. Più complesso sembra essere il lavoro per la definizione dell’Imu e per la riforma catastale, che saranno nell’agenda del Governo delle prossime settimane.
Per soddisfare le richieste di far quadrare il bilancio, avanzate a Bruxelles, la nuova Imu probabilmente non ricalcherà perfettamente il funzionamento dell’Ici. Soprattutto in materia di esenzioni e agevolazioni. Dopo un periodo di esenzione, l’imposta municipale sugli immobili si applicherà infatti anche alla prima casa, anche se sono previsti sconti in base al numero di familiari a carico e riduzioni a discrezione dei Comuni. Il confronto è aperto anche sulle agevolazioni per gli edifici di interesse storico e artistico e per gli immobili inagibili, che pagavano un’aliquota Ici agevolata.
Il decreto fiscale getta inoltre le basi per la modernizzazione del Catasto, con l’allineamento delle rendite ai valori di mercato degli immobili. Lo strumento già individuato è il passaggio dal criterio dei vani a quello dei metri quadri.
Ma vediamo come è cambiato il regime fiscale sulla casa con le novità normative degli ultimi mesi.
NUOVA IMU, COME FUNZIONA E COME SI EVOLVERA'
L’Imu, imposta municipale unica, è stata introdotta dal D.lgs. 23/2011 sul federalismo fiscale. Secondo l’idea del precedente Governo, non doveva essere applicata alle prime case, ma la situazione è cambiata per esigenze di rientro economico.
La Manovra Salva Italia, varata a fine 2011 dal Governo Monti, ha anticipato in via sperimentale l’entrata in vigore dell’Imu al primo gennaio 2012, prevedendo invece per il 2015 la sua entrata a regime.
L’imposta si applica anche alla prima casa e alle sue pertinenze perché, secondo le valutazioni dell’Esecutivo, la loro esclusione costituiva un’anomalia rispetto al resto d’Europa, con una serie di effetti negativi. In Italia, infatti, secondo i dati Ocse riportati dal Governo nel rapporto sui primi cento giorni di attività, l’incidenza sul Pil delle imposte che gravano sugli immobili è dello 0,6% rispetto ad una media dell’1,1% e a valori che arrivano a 2,4% per la Francia e a 3,5% per il Regno Unito.
La prima casa paga un’aliquota del 4 per mille, che può essere rivista al rialzo o al ribasso dai Comuni entro un margine del 2 per mille. La norma per il rientro economico ha spiegato che per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7.
Dall’imposta sulla prima casa può essere detratta una cifra di 200 euro. Per il 2012 e il 2013 è prevista inoltre una detrazione aggiuntiva di 50 euro per ogni figlio a carico di età inferiore a 26 anni, che non può comunque superare i 400 euro. Fermo restando l’obbligo del rispetto dei vincoli di bilancio, i Comuni anche in questo caso possono decidere di elevare l’importo della detrazione.
L'aliquota di base dell'imposta è pari al 7,6 per mille, con possibilità di manovra da parte dei Comuni fino al 3 per mille.
Ai fabbricati rurali si applica un’aliquota del 2 per mille, che i Comuni possono ridurre all’1 per mille.
Con il Decreto Liberalizzazioni, i Comuni possono andare incontro alle imprese di costruzione che a causa della crisi economica non riescono a vendere gli immobili realizzati. Gli enti locali possono infatti ridurre fino al 3,8 per mille l'aliquota di base sui fabbricati dell’impresa destinati alla vendita. L’agevolazione dura finchè gli immobili non vengono locati e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori.
La misura è stata giudicata di non facile attuazione visto che i suoi costi ricadrebbero solo sui Comuni. Restando infatti fissa la quota di gettito destinata allo Stato, sarebbero solo gli enti locali a veder diminuire le loro entrate.
RIFORMA DEL CATASTO: VERSO L’ALLINEAMENTO AI VALORI DI MERCATO
La discussione sul nuovo regime di imposizione sugli immobili si intreccia a maglia stretta alla riforma del Catasto.
A determinare l’entità dell’imposta è infatti il valore catastale, che si ottiene moltiplicando un coefficiente per la rendita catastale. A sua volta, rendita catastaleè il valore attribuito all’immobile, che funge da base imponibile per determinarne il reddito e il valore catastale ai fini fiscali.
La rendita si ottiene moltiplicando la consistenza dell’immobile per la tariffa di estimo. Finora il criterio per determinare la consistenza si è basato sui vani, ma il Governo ha manifestato l’intenzione di passare al criterio dei metri quadri.
Con la necessità di rientro economico, l’Esecutivo ha affermato di voler ridurre l’attuale incongruità tra rendite catastali, rivalutate nel 1990, e valori di mercato degli immobili.
Dato che la revisione degli estimi è una procedura lunga e complessa, la ManovraSalvaItalia ha agito sui coefficienti che, come spiegato, moltiplicati per la rendita determinano l’entità dell’imposta.
Allo stato attuale e prima dell’entrata in vigore della riforma fiscale, alle rendite risultanti in catasto, vigenti al primo gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 662/1996, si applicano i seguenti moltiplicatori:
- 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10
- 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10
- 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5
- 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5
- 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5
- 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.
(riproduzione riservata) http://www.edilportale.com/news/2012/02/normativa/il-consiglio-dei-ministri-vara-il-decreto-fiscale_26105_15.html
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