Consiglio di Stato Sezione 5
Sentenza del 28 aprile 1999, n. 495
Integrale
Condono; oblazione; prescrizione ; maggiorazione
Conferma T.A.R. Toscana, I Sez., 7 febbraio 1992 n. 37
Diritto - Il primo motivo di appello deduce la violazione dell'art. 35 comma 12 (ora 18) della L. 28 febbraio 1985 n. 47.
Secondo l'appellante, la prescrizione di trentasei mesi prevista dalla citata disposizione normativa decorre dalla data di presentazione della domanda. Non essendo stato mai interrotto il termine prescrizionale, il 20 marzo 1989, con il decorso del triennio dal predetto momento di decorrenza, si è estinto il diritto del Comune di richiedere il pagamento di qualsivoglia conguaglio.
Il motivo in esame, riproposto in questa sede, era stato respinto in primo grado per avere il T.A.R. ritenuto che il termine di prescrizione di cui trattasi inizia a decorrere solo dalla data del provvedimento comunale che conclude il procedimento di condono edilizio, ovvero dalla data di formazione del silenzio assenso, il quale ultimo nella specie non si sarebbe mai formato essendo il contenuto della domanda di condono dolosamente infedele (difettavano le condizioni di cui all'art. 35 comma 3 lettera D della citata legge n. 47 del 1985, falsamente dichiarate dal richiedente la sanatoria).
Il motivo è infondato, ma per motivi diversi da quelli indicati dal T.A.R.
Ritiene il Collegio che esattamente l'appellante individua nel momento di presentazione dell'istanza di concessione in sanatoria il termine a quo della prescrizione del diritto delle parti del procedimento ad ottenere il pagamento dei conguagli (da dare o da avere dal privato); la norma rubricata a base del motivo in esame ha soltanto ridotto a tre anni l'originario termine ordinario di prescrizione, avente la medesima decorrenza (cfr., in proposito, Cons. stato, V Sez., 11 dicembre 1991 n. 1364; Cons. stato, V Sez., 22 novembre 1996 n. 1388; Cons. stato, V Sez., 4 maggio 1992 n. 360; nonché, in particolare, Cass., S.U. pen., 8 febbraio 1991 n. 1802).
Tuttavia, nonostante tale prima questione vada risolta nel senso prospettato dall'appellante, da ciò non deriva la fondatezza del motivo in esame.
Devesi infatti considerare che la norma in questione è intervenuta ad abbreviare a tre anni un termine di prescrizione più lungo, la cui decorrenza era già in corso al momento di entrata in vigore della novella che ne ha ridotto la durata.
In particolare, l'abbreviazione a tre anni del termine di prescrizione è stata introdotta - nel comma 12 (ora 18) del citato art. 35 - dalla L. 13 marzo 1988 n.68, di conversione del D.L. 12 gennaio 1988 n. 2.
L'art. 4 comma 6 del citato D.L. dispone infatti che "al comma 12 dell'art. 35 della L. 28 febbraio 1985 n. 47, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento". "Trascorsi trentasei mesi si prescrive l'eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti".
Tale ultimo periodo del comma 6 del citato art. 4 - che è poi quello che rileva ai fini della decisione in ordine al motivo di appello in esame - è stato aggiunto dalla L. di conv. 13 marzo 1988 n. 68, la quale è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 14 marzo 1988 n. 61, ed è entrata in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
Ne consegue che l'ordinario termine originario di prescrizione è stato ridotto a tre
Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma
Sentenza del 4 gennaio 2005, n. 54
Integrale
Condono edilizio; oblazione e contributo di concessione; prescrizione; computo dei termini; criteri di quantificazione. Destinazione d'uso; mutamento senza opere; da abitazione a studio; incidenza della nuova destinazione.
FATTO
Con ricorso notificato tra il 30 e il 31 luglio 1997, la sig.ra R. ha impugnato il provvedimento emesso dal dirigente del Comune di Roma in data 17 maggio 1996, prot. n. 96/28005, con il quale è stato comunicato il rilascio della concessione edilizia in sanatoria relativo all'immobile sito in Roma, ..., nonché il relativo importo da pagare a titolo di oblazione, oneri concessori e diritti di segreteria.
L'impugnativa è limitata alla parte del provvedimento dirigenziale nel quale si subordina il rilascio della concessione edilizia al pagamento degli importi ivi quantificati.
La richiesta del pagamento di detti importi è ritenuta illegittima per i quattro motivi di seguito sintetizzati:
1.- sarebbe intervenuta la prescrizione sia del diritto a conguaglio delle somme versate dalla ricorrente (recte: dalla precedente proprietaria dell'immobile) a titolo di oblazione, sia del diritto al pagamento degli oneri concessori;
2.- sarebbe carente di motivazione, ai sensi dell'art. 3 della l. 8 agosto 1990, n. 241, la determinazione del quantum dell'oblazione e degli oneri concessori;
3.- non sarebbe dovuto il pagamento degli oneri accessori allorché, come nella specie, la destinazione d'uso dell'immobile avvenga senza opere edilizie;
4.- non sarebbe stata operata alcuna istruttoria in merito alla domanda a suo tempo presentata.
Nel giudizio si è costituito il Comune di Roma, replicando alle censure dedotte nel ricorso, del quale ha chiesto il rigetto.
Alla pubblica udienza del 18 novembre 2004 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- E' impugnata la determinazione prot. n. 96/28055 del 16 maggio 1996 con la quale si comunica alla ricorrente l'avvenuto rilascio della concessione edilizia in sanatoria ex lege n. 47 del 28 febbraio 1985 (per gli abusi edilizi concernenti l'abitazione posta in Ro., .....) e si condiziona il ritiro del provvedimento concessorio al pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, degli oneri concessori e dei diritti di segreteria per l'istruttoria della pratica in questione.
2.- La ricorrente contesta la richiesta del pagamento delle somme indicate dal Comune di Roma assumendone l'illegittimità sotto quattro distinti profili.
3.- Con il primo motivo di ricorso viene eccepita la prescrizione del diritto del Comune a richiedere il conguaglio delle somme versate a titolo di oblazione.
In proposito, si richiama l' art. 35, comma 12, della legge n. 47/1985 che individua in trentasei mesi, dalla presentazione della domanda di condono, il termine entro il quale il Comune può chiedere il pagamento del conguaglio delle somme dovute a titolo di oblazione.
Nel caso di specie il termine sarebbe ampiamente trascorso in quanto la domanda è stata presentata in data 29 gennaio 1986, mentre la liquidazione definitiva dell'importo, da parte del Comune, è avvenuta solo con il provvedimento impugnato che reca la data del 16 maggio 1996.
Parimenti prescritto sarebbe anche il diritto al pagamento delle somme richieste a titolo di oneri concessori essendo decorso il termine decennale di prescrizione.
3.1.- Il motivo è fondato solo in relazione alla prima delle eccezioni formulate, e cioè a quella opposta nei riguardi delle somme reclamate a titolo di oblazione.
L' art. 35 della legge n. 47/1985 (comma 17 nel testo vigente) prevede che "decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento. Trascorsi trentasei mesi si prescrive l'eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti".
Il chiaro disposto della norma individua nel momento di presentazione dell'istanza di concessione in sanatoria il termine a quo della prescrizione del diritto delle parti del procedimento a ottenere il pagamento dei conguagli relativi all'oblazione (CdS, V, 28 aprile 1999, n. 49; IV, 31 ottobre 1997, n. 1246; Tar Catania, I, 25 febbraio 2004, n. 449; Tar Reggio Calabria, 21 marzo 2003, n. 229; Tar Lazio, II bis, 19 marzo 2003, n. 2387; Tar Lecce, 6 settembre 2002, n. 4297).
Nel caso all'esame, la richiesta dei conguagli dovuti a titolo di oblazione per la concessione edilizia in sanatoria accordata alla ricorrente è intervenuta a distanza di dieci anni dalla data di presentazione della relativa domanda, e quindi ben oltre il termine di trentasei mesi previsto dalla precitata disposizione dell'art. 35 per l'esercizio del diritto al conguaglio da parte del Comune.
3.2.- A diversa conclusione deve pervenirsi con riguardo alla prescrizione eccepita rispetto al pagamento degli oneri concessori.
Invero, qui - diversamente dalle somme da corrispondersi a titolo di oblazione - il dies a quo del termine di prescrizione va individuato, non già nella data di presentazione della domanda di condono, ma in quella di rilascio del provvedimento concessorio, sia esso espresso o tacito, tenuto conto che, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 10/1977, la concessione, e non la semplice domanda, comporta "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione".
In tal senso si è espressa la Sezione (sent. 13 novembre 2002, n. 9982), in assonanza peraltro con l'elaborazione giurisprudenziale (CdS, V, 6 dicembre 1999, n. 2056; id. 22 settembre 1999, n. 1113), secondo cui l'entità del contributo dovuto per oneri concessori va individuato nel momento in cui viene rilasciata la concessione edilizia, poiché il costo da considerare ai fini della commisurazione dei relativi oneri non può essere che quello del momento in cui sorge l'obbligazione, che è appunto quello del rilascio della concessione e a tale data occorre avere riguardo per determinare l'entità del contributo con applicazione della normativa vigente al momento del rilascio della concessione.
In coerente applicazione di quanto precede va quindi disatteso il punto di vista della ricorrente, secondo il quale la data di decorrenza del termine di prescrizione degli oneri concessori sarebbe individuabile nella data di presentazione della domanda di condono, anziché in quella di rilascio della concessione edilizia, dovendo invece ritenersi che è da tale ultima data (nella specie coincidente con quella dell'adozione del provvedimento impugnato) che è iniziato a decorrere il termine di prescrizione decennale degli oneri concessori.
4.- Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 3 della l. 8 agosto 1990, n. 241 nel rilievo che la determinazione dirigenziale in contestazione risulterebbe carente di motivazione sull'indicazione dei criteri in base ai quali sono stati effettuati i calcoli e individuati gli importi da pagare a titolo di oblazione e di oneri concessori.
4.1.- Il motivo - che, per effetto dell'intervenuta prescrizione sulle somme pretese a titolo di oblazione, non può che inerire ai soli oneri concessori - non è fondato.
Si ritiene di condividere sul punto l'argomentazione ex adverso svolta dalla difesa comunale secondo cui gli oneri de quibus costituiscono il risultato di un calcolo materiale operato sulla base di parametri rigorosamente stabiliti dalla legge e dalle disposizioni applicative degli enti territoriali competenti, senza che in proposito residui un margine di discrezionalità. Non è pertanto configurabile a carico dell'amministrazione, nella redazione di tali atti aventi natura paritetica, un onere di specificare le ragioni della decisione adottata (Tar Toscana, III, 18 dicembre 2001, n. 2037).
E peraltro, come ben osserva la resistente, nulla si obietta circa l'esattezza dei calcoli operati, né vengono adombrati possibili errori nell'operato del Comune.
5.- Con il terzo motivo ci si duole del fatto che il provvedimento impugnato, nel determinare il quantum del contributo concessorio (ordinariamente commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione e del costo di costruzione), non abbia operato alcun riferimento alle tabelle parametriche definite dalla Regione per la determinazione degli oneri di urbanizzazione (i soli qui in considerazione, trattandosi di concessione in sanatoria concernente un mutamento di destinazione d'uso senza opere edilizie). Si soggiunge poi che nella specie la concessione edilizia ha riguardato il mutamento di destinazione d'uso, da appartamento a ufficio privato, senza costruzione di opere o modifica di quelle esistenti e quindi non comportante alcuna modifica del carico urbanistico o comunque alcuna trasformazione edilizia del territorio, sicché difettava il presupposto per richiedere il pagamento di tali oneri.
5.1.- I due distinti profili di censura vanno disattesi.
In ordine al difetto di motivazione del provvedimento impugnato per l'omessa indicazione delle tabelle parametriche per la determinazione degli oneri di urbanizzazione pretesi dal Comune, valgono le medesime considerazioni che sono state svolte per disattendere la censura di difetto di motivazione dedotta con il secondo motivo di ricorso.
Quanto alla prospettata non assoggettabilità della concessione edilizia in sanatoria al contributo per oneri di urbanizzazione, va certamente condiviso il principio (più volte affermato anche dalla Sezione: cfr. ex multis, sent. 18 aprile 2003, n. 3559) secondo cui, in caso di mutamento di destinazione d'uso, il pagamento di detto contributo va corrisposto ogni qualvolta sia ravvisabile, a seguito dell'intervento edilizio, un aumento del carico urbanistico.
Deve però precisarsi che l'aumento del carico urbanistico, con conseguente mutamento degli standard, è sempre predicabile in presenza di mutamento di destinazione d'uso tra categorie autonome (arg. Tar Lazio, II, 17 settembre 2001, n. 7518).
Orbene, nel caso all'esame, si versa proprio nell'ipotesi testè descritta perché l'abuso edilizio è consistito nell'utilizzo a studio di un'unità immobiliare già destinata ad abitazione, sicché lo svolgimento della nuova attività non poteva non postulare un impiego dell'immobile secondo criteri e modalità che ne trasformavano la natura originaria.
Su tale considerazione, il Comune non aveva l'onere di evidenziare l'incidenza urbanistica dell'opera oggetto della concessione e quindi affatto legittimamente ha preteso il pagamento degli oneri di urbanizzazione.
6.- Rimane da esaminare l'ultimo mezzo di gravame con il quale è dedotta l'assoluta carenza di istruttoria nell'adozione del provvedimento impugnato, desumibile dalla richiesta di documentazione di nessun rilievo e significato ai fini della definizione della pratica edilizia in questione; con la conseguenza che il Comune non era legittimato a richiedere una somma (quantificata in Lire 89.000) a titolo di "spese di istruttoria", e cioè per un'attività in concreto non svolta.
6.1.- Anche tali censure non hanno pregio.
Invero, la circostanza che, per l'allegazione della documentazione da presentare ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, il Comune abbia richiesto anche (e non solamente) la produzione di atti superflui o non pertinenti non può portare ex se alla conseguenza perentoriamente prospettata dalla ricorrente, e cioè che ci si trovi in presenza di provvedimento adottato in assenza di una qualche istruttoria.
Quanto poi alle spese di istruttoria non può non osservarsi che esse valgono a compensare l'attività svolta dall'ufficio per la definizione della pratica edilizia, sicché si tratta di somme in ogni caso dovute e che prescindono dall'intensità dell'attività burocratica in concreto dispiegata.
7.- In conclusione, e per le tutte le considerazioni che precedono, il ricorso va accolto limitatamente al capo di domanda con il quale è eccepita la prescrizione del conguaglio delle somme reclamate a titolo di oblazione sulla concessione edilizia in sanatoria rilasciata alla ricorrente.
Va invece respinto in relazione agli ulteriori capi di domanda involgenti il diritto del Comune di Roma al pagamento degli oneri concessori e dei diritti di segreteria.
Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde
5 giugno 2006, N. 43
Giuseppe Galeotto
CONDONO EDILIZIO - LE MODALITÀ DI PRESCRIZIONE DEGLI ONERI PER IL CONDONO
Ho acquistato recentemente una abitazione. Ho fatto richiesta al comune per una ristrutturazione. I vecchi proprietari avevano fatto domanda di sanatoria per opere interne ex legge 47/85 e versato la relativa oblazione. Il comune mi chiede ora 4.000 euro per oneri concessori. È legale chiedere dopo 20 anni questi oneri? Eventualmente, se dovuti, non li deve pagare il vecchio proprietario? Non c'è un termine di prescrizione?
Paolino GOGLIO - OLMO AL BREMBO
-----
In situazioni del genere, in primo luogo, l'amministrazione comunale deve rivolgere la richiesta di pagamento degli oneri a chi ha presentato la domanda di condono. Se questi non provvede, il responsabile del competente ufficio comunale ha due possibili soluzioni:1) respingere la domanda di condono per mancato versamento di quando dovuto per legge;2) rivolgersi al nuovo proprietario (se ne è a conoscenza), in quanto quest'ultimo ha la responsabilità di carattere amministrativo, cioè di sanare le opere abusive (o rimuoverle) .Se anche il nuovo proprietario non provvede, le opere abusive restano tali a tutti gli effetti e il comune deve provvedere a ordinare la rimozione ai sensi del Dpr 380/2001. L'attuale proprietario, se non è stato informato all'atto dell'acquisto del possibile pagamento degli oneri in questione, potrà valutare se esistono le condizioni previste dall'articolo 1489 del Codice civile per la rivalsa. Riguardo alla prescrizione, questa avviene decorsi 10 anni (articolo 2496 del Codice civile) dalla data del rilascio del titolo edilizio in sanatoria o dalla data di formazione del silenzio-assenso, cioè decorsi due anni dalla data di presentazione di regolare domanda (articolo 35 comma 18 della legge 47/85).
Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde
11 novembre 2001, N. 88
Pagina 28
Galeotto Giuseppe
CONDONO EDILIZIO - ONERI CONCESSORI: IL SALDO SI PRESCRIVE IN DIECI ANNI
Ho definito la mia pratica di condono edilizio con l'amministrazione comunale nel 1999; in seguito mi è stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge 724/94 (secondo condono).
Per l'ottenimento della stessa ho versato, oltre all'intera oblazione, gli oneri concessori in acconto secondo quanto richiesto dal Comune in fase di rilascio della licenza.
Vorrei sapere se esiste un limite temporale entro il quale il Comune può chiedermi il saldo e se gli oneri vanno in prescrizione, considerando che sulla licenza il Comune ha scritto: "Con riserva di futura determinazione del saldo dovuto".
[136010]
Giuseppe Palomba - POMPEI
-----
L'articolo 39 comma 9, della legge 724/94 prevede che: "Alle domande di concessione in sanatoria deve essere altresì allegata una ricevuta comprovante il pagamento al Comune nel cui territorio è ubicata la costruzione, di una somma a titolo di anticipazione degli oneri concessori, se dovuti, calcolati nella misura indicata nella tabella C allegata alla legge".
In linea generale la tabella C contiene importi minori di quelli effettivamente dovuti; pertanto, il conguaglio normalmente viene richiesto all'atto del rilascio della concessione stessa.
Nell'ipotesi che questa concessione sia stata comunque rilasciata senza richiedere il conguaglio, resta in ogni caso nella facoltà dell'amministrazione comunale invitare l'interessato a provvedere al saldo entro il termine di prescrizione decennale, in conformità al disposto dell'articolo 2946 del Codice civile.
Tribunale Amministrativo Regionale PUGLIA - Bari Sezione 3
Sentenza del 27 dicembre 2005, n. 5641
Integrale
Condono ed.; richiesta conguaglio dell'oblazione e del contributo di concessione; prescrizione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
Sede di Bari - Sezione Terza
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
ai sensi dell'art. 9, comma 1, della legge 21 luglio 2000, n. 205;
Visto il ricorso 1720/2005, proposto da An. Pa., rappresentata e difesa da Pa. Avv. Co., con domicilio eletto in Ba., c/o P. De Fe., via Cr., 171/H;
CONTRO
- il Comune di Barletta, n.c.;
per l'annullamento
previa sospensione, del provvedimento prot. n. 38906 del 24.6.2005 notificato il 28.905 connesso alla istanza di sanatoria n. 0322762107 presentata il 29.03.86, con il quale si comunica un ricalcolo della oblazione definitiva, di oneri accessori, contributo di costruzione e degli interessi;
e per l'accertamento
mediante istruttoria tecnica preventiva, se ritenuta necessaria, delle somme effettivamente dovute dal ricorrente;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita alla Camera di consiglio del 1° dicembre 2005 la relazione del Pres. Amedeo Urbano;
Accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria;
Ritenuto che sussistono i presupposti per decidere il ricorso con sentenza succintamente motivata, in conformità di quanto previsto dall'art. 3, co. 11, della L. 21 luglio 2000, n. 205;
Sentite sul punto le parti costituite, che non hanno esternato eventuali ragioni a ciò impeditive;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.- Con ricorso notificato il 9.11.2005, depositato il 18.11.2005, An. Pa. impugna il provvedimento del 24.6.2005, con cui il Comune di Barletta ha determinato e richiesti gli importi per conguaglio oblazione definitiva, di oneri accessori, contributo di costruzione e degli interessi, relativi alla istanza di concessione in sanatoria, ex art. 31 e segg. della legge n. 47/1985, presentata il 29.3.1986 dalla ricorrente.
A sostegno del gravame, l'interessata ha dedotto:
a) la prescrizione del diritto, essendo decorso il termine di prescrizione sia degli oneri di concessione che dell'oblazione;
b) l'ammontare dell'oblazione è stata versato per intero dalla istante;
c) l'amministrazione non ha calcolato gli oneri concessori con riferimento alle tariffe in vigore all'epoca della domanda di condono.
2. - L'eccezione di prescrizione è fondata.
2.1. - Parte ricorrente ha eccepito la prescrizione della pretesa creditoria del Comune, sia essa breve che ordinaria.
In merito va osservato che il Comune di Barletta ha richiesto per la prima volta il pagamento del conguaglio dell'oblazione e del contributo di concessione con atto notificato in data 28.9.2005, allorquando era evidentemente trascorso da tempo il termine ordinario di prescrizione. .
Stabilisce l'art. 2934 Cod. civ. che ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge; l'art. 2935 stabilisce che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
La disposizione dell'art. 2935, secondo costante giurisprudenza, va riferita alla possibilità legale di far valere il diritto e, quindi, alle cause impeditive di ordine generale dell'esercizio del diritto, quali una condizione sospensiva non ancora verificatasi o un termine non ancora scaduto, con la precisazione che, laddove il verificarsi della condizione e/o la scadenza del termine siano nella esclusiva disponibilità della parte titolare del diritto di credito, la prescrizione decorre dal momento in cui il credito è sorto in quanto fin da tale momento il creditore può esercitare il suo diritto con la conseguenza che dalla protratta inerzia può derivare l'estinzione del diritto non fatto valere.
Tuttavia, qualora l'inerzia abbia per legge un significato tipico di portata equivalente alla condizione o termine cui è correlato l'esercizio del diritto di credito, esso costituisce momento utile per il decorso del termine di prescrizione.
In base a tali principi deve ritenersi che il diritto di credito dell'amministrazione comunale al pagamento del conguaglio dell'oblazione e degli oneri di urbanizzazione per condono edilizio ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il cui esercizio è correlato al rilascio della concessione edilizia in sanatoria (atto, questo, nella disponibilità esclusiva del creditore), decorre dalla formazione del silenzio assenso, significato che, ai sensi dell'art. 35, co. 18, della legge n. 47/85, assume l'inerzia dell'amministrazione protrattasi per 24 mesi dalla presentazione della istanza di condono.
Va rammentato in proposito che l'art. 35, co.1, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, stabilisce che la domanda di concessione in sanatoria (...) deve essere presentata al comune interessato entro il termine perentorio del 30 novembre 1985. La domanda è corredata dalla prova dell'eseguito versamento dell'oblazione, nella misura dovuta secondo l'allegata tabella, ovvero di una somma pari ad un terzo dell'oblazione, quale prima rata.
Il comma 15 stabilisce che il sindaco esaminata la domanda di concessione (...) previ i necessari accertamenti, invita, ove lo ritenga necessario, l'interessato a produrre l'ulteriore documentazione; quindi determina in via definitiva l'importo dell'oblazione e rilascia (...) la concessione in sanatoria, contestualmente alla esibizione da parte dell'interessato della ricevuta del versamento all'erario delle somme a conguaglio (...).
Il comma 18 stabilisce che Fermo il disposto del primo comma dell'articolo 40 (...) decorso il termine perentorio di 24 mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento. Trascorsi 36 mesi si prescrive l'eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti.
Il legislatore della legge n. 47/85, ha considerato, quindi, l'inerzia dell'amministrazione equivalente per fictio iuris al rilascio della concessione in sanatoria, sicché a tale fatto rimane ancorato il decorso della prescrizione, breve relativamente al conguaglio dell'oblazione e/o all'eventuale rimborso di maggiori somme versate dall'interessato ed ordinaria relativamente agli oneri di urbanizzazione (non essendo prevista autoliquidazione).
Nel caso entrambi i termini erano decorsi al momento della notifica della richiesta di pagamento dell'amministrazione comunale.
Va, quindi, riconosciuta l'avvenuta prescrizione dei crediti vantati dall'amministrazione a titolo di oblazione e contributo di concessione.
Sussistono giuste ragioni per dichiarare irripetibili le spese di giudizi.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per la PUGLIA Sede di Bari - Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, ritenuta fondata la eccezione di prescrizione, lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'atto impugnato.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di consiglio del 1° dicembre 2005 con l'intervento dei Magistrati:
f.to Dott. AMEDEO URBANO PRESIDENTE, Rel.
Dott. DORIS DURANTE COMPONENTE
Dott. FRANCESCO BELLOMO COMPONENTE
Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 27 dicembre 2005
(Art. 55, Legge 27 aprile 1982 n.186)
Tribunale Amministrativo Regionale LOMBARDIA - Milano Sezione 2
Sentenza del 21 novembre 2005, n. 4728
Integrale
Condono ed.; qualificazione dell'abuso; computo oneri; tariffe vigenti al momento della presentazione della domanda; interessi legali.
FATTO E DIRITTO
1. Il ricorrente, proprietario di un immobile costituito da appartamento al piano terreno e ampio sottotetto adibito a deposito-lavanderia, ha presentato il 24.2.1995 domanda di condono edilizio, ai sensi dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, per il mutamento di destinazione d'uso del sottotetto con formazione di locali adibiti ad uso abitativo.
Con atto dirigenziale 1 dicembre 1997 l'Ufficio condono edilizio del Comune di (...) ha determinato in lire 20.483.000 e lire 18.926.000 gli importi dovuti, rispettivamente, per contributo di concessione e per conguaglio oblazione.
Il ricorrente ha impugnato detta determinazione per violazione di legge, difetto di motivazione ed eccesso di potere sotto vari profili, chiedendo l'accertamento della somma effettivamente dovuta con la condanna del Comune al rimborso degli importi indebitamente percepiti.
Con ordinanza 28.1.1998 n. 219 la Sezione ha accolto la domanda cautelare subordinatamente alla prestazione di idonea garanzia fideiussoria.
In adempimento dell'ordinanza istruttoria 5.4.2005 n. 54 il Comune ha depositato relazione del responsabile del procedimento, corredata dal prospetto di liquidazione delle somme dovute e da planimetria con piante e sezione dell'immobile prima e dopo la realizzazione delle opere oggetto di condono.
2. Il ricorso, cui resiste il Comune, è in parte fondato.
Va premesso che non hanno spazio nella presente vertenza le censure tipiche dei giudizi di impugnazione degli atti amministrativi.
Qui si tratta, non già di sindacare la legittimità di un provvedimento autoritativo e le motivazioni dell'agire amministrativo discrezionale, ma di accertare il contenuto di un rapporto civilistico, caratterizzato dalla presenza di diritti e obblighi, qual'è quello che deriva dal rilascio di una concessione edilizia o dalla presentazione di una domanda di condono per ciò che concerne gli oneri patrimoniali relativi.
La determinazione degli oneri concessori non si configura come atto provvedimentale, bensì come atto di gestione di un rapporto paritetico, che non richiede una motivazione in senso tecnico e risponde al pubblico interesse -immanente in materia- ad incamerare esattamente, salva la prescrizione, ciò che è dovuto dai contribuenti in base alla legge.
In questa prospettiva il giudizio -devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo- non riveste carattere impugnatorio. Ne consegue che, mentre non vengono in rilievo i vizi tipici dell'atto amministrativo (difetto di motivazione e di istruttoria, incompetenza, eccesso di potere nelle sue varie figure sintomatiche), il giudizio ha ad oggetto l'accertamento della legittimità o meno della pretesa di pagamento fatta valere dall'Amministrazione -e, correlativamente, della pretesa restitutoria azionata dal debitore solvente- alla luce di tutti gli elementi costitutivi della pretesa sostanziale dedotti in giudizio da entrambe le parti, senza alcuna preclusione, per l'Amministrazione, di esporre e mettere a punto in sede difensiva le proprie ragioni creditorie, ancorché non esplicitate in precedenza con motivato atto formale.
3. Nel merito, la domanda è articolata su tre motivi:
- erronea qualificazione dell'abuso in rapporto alla tipologia prevista dalla normativa sul condono;
- erroneo riferimento, nel computo degli oneri di urbanizzazione, alle tariffe vigenti nel 1997 (tempo di definizione della pratica di condono) anziché a quelle vigenti nel 1991 (tempo di commissione dell'abuso);
- erroneo computo degli interessi legali, fatti decorrere dalla data della domanda di condono anziché dalla data della richiesta comunale di conguaglio.
In relazione al primo motivo, e con riferimento alla tabella allegata alla legge 28 febbraio 1985 n. 47 -che differenzia l'oblazione in relazione alla tipologia degli abusi ivi descritti e all'epoca in cui sono stati commessi- il ricorrente sostiene che l'abuso in questione, consistente nella ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione d'uso di un sottotetto, mantenuto nelle sue caratteristiche originarie, senza incremento di altezza e di consistenza, è catalogabile nella previsione di cui al n. 4, e non in quella di cui al n. 1.
La doglianza è fondata.
Il n. 1 della tabella concerne le "opere realizzate in assenza o difformità della licenza edilizia o concessione e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".
Il n. 4 della tabella comprende: "opere realizzate in difformità dalla licenza edilizia o concessione che non comportino aumenti della superficie utile o del volume assentito; opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'articolo 31, lettera d), della legge n. 457 del 1978, realizzate senza licenza edilizia o concessione o in difformità da essa; opere che abbiano determinato un mutamento di destinazione d'uso".
La nota n. 4 alla tabella dispone inoltre che "qualora l'opera abusivamente realizzata comporti un aumento della cubatura rispetto alla volumetria assentita con la licenza o la concessione, si applicano le misure indicate al punto 1 per la parte eccedente quella assentita e, per la parte restante, se difforme dal progetto assentito, le misure indicate al punto 4".
Ora, il Comune afferma (cfr. relazione citata) di avere applicato nel caso in esame la tariffa per l'oblazione prevista dal n. 1 della tabella in quanto si tratta della trasformazione di un corpo accessorio in nuovo volume abitativo "in contrasto con le norme igienico sanitarie e conseguentemente in contrasto con le norme urbanistiche poiché la zona di piano regolatore non prevedeva l'innalzamento dell'immobile".
Ad avviso del collegio non ricorrono, nel caso in esame, le condizioni per applicare all'oblazione la tariffa di cui al n. 1 della tabella, in quanto:
- rispetto alla volumetria assentita con l'originaria concessione edilizia non risulta un aumento di cubatura che legittimi l'applicazione della nota n. 4: la relazione tecnica Ing. C. allegata al progetto edilizio originario, licenziato con autorizzazione sindacale 10 luglio 1959, prevedeva già un sottotetto areato con serramenti in legno adibito a locale di deposito (pag. 1), indicando in mc. 2157,76 il "volume vuoto per pieno del fabbricato" (pag. 4); la tavola presentata in sede di condono (allegata alla relazione tecnica del Comune) non evidenzia, confrontando la sezione A-A attuale e la sezione A-A del progetto approvato nel 1959, né modifiche volumetriche del sottotetto né incremento di altezza del fabbricato;
- non rileva l'eventuale contrasto (peraltro non comprovato) con norme igienico sanitarie, perché il n. 1 della tabella presuppone la non conformità "alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici";
- non risulta alcun innalzamento dell'immobile e quindi non può esservi sotto questo profilo contrasto con il piano regolatore.
Ai (soli) fini dell'oblazione l'abuso va quindi catalogato sotto il n. 4 della tabella, trattandosi di ristrutturazione edilizia -ex art. 31, lettera d), legge n. 457/78- di un organismo preesistente.
Il che è del resto conforme anche alla (allora vigente) legge regionale lombarda 15 luglio 1996 n. 15, la quale (art. 3, comma 2) classificava espressamente il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti come "ristrutturazione ai sensi dell'art. 31, comma 1, lett. d) della legge 5 agosto 1978, n. 457".
Ne consegue che nella parte in cui contesta la classificazione dell'abuso ai fini dell'oblazione la domanda del ricorrente è fondata.
4. Per quanto concerne il contributo concessorio per oneri di urbanizzazione il ricorrente censura l'applicazione delle tariffe vigenti nel 1997 (tempo di definizione della pratica di condono) anziché a quelle vigenti nel 1991 (tempo di commissione dell'abuso).
La doglianza è infondata.
Nella propria relazione tecnica il Comune riferisce -il punto è rimasto incontestato- di avere considerato le tariffe in vigore al momento della richiesta di condono edilizio. Ciò è pienamente legittimo, perché i contributi relativi alle concessioni rilasciate a sanatoria di abusi edilizi in base alle normative sul "condono" (legge n. 47/1985 e successive) vanno calcolati appunto con riferimento agli importi vigenti al momento della data di presentazione della domanda di condono (cfr. Cons. stato V, 17.9.02 n. 4716, 11.10.02 n. 5500).
Quanto al computo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione il ricorrente non contesta il calcolo dettagliato risultante dalla relazione tecnica del Comune e dal prospetto di liquidazione allegato.
Va comunque precisato, per quanto concerne il contributo per oneri di urbanizzazione, che l'applicazione delle tariffe previste per le "nuove costruzioni" si deve ritenere corretta, giacché la qualificazione dell'intervento in termini di ristrutturazione (ai fini dell'oblazione) non esclude che il contributo per oneri di urbanizzazione debba essere calcolato sull'aumento di superficie utile ricavata dalla trasformazione del sottotetto ad uso abitativo, trasformazione che realizza pur sempre una ulteriore unità abitativa aggravando il preesistente carico urbanistico (Cons. stato V, 24.10.96 n. 1277).
A riprova di ciò si può osservare: da un lato, che il prospetto di liquidazione allegato alla relazione tecnica evidenzia una tariffa ridotta per "restauri, risanamenti conservativi e ristrutturazioni non compresi tra quelli di cui all'art. 9 lett. b) legge 10/77", cioè (solo) per gli interventi sull'esistente che non comportano aumento delle superfici utili di calpestio e mutamento della destinazione d'uso; dall'altro, che la stessa legge regionale n. 15/1996 sul recupero dei sottotetti, pur qualificando tali interventi come ristrutturazioni, dispone poi (art. 3, comma sesto) che il rilascio della concessione edilizia comporta la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria nonché del contributo commisurato al costo di costruzione "calcolati sulla volumetria resa abitativa secondo le tariffe approvate e vigenti in ciascun comune per le opere di nuova costruzione".
5. Per quanto riguarda gli interessi, non sono dovuti quelli relativi all'oblazione non essendo fondata la pretesa avanzata dal Comune a questo titolo.
Quanto agli interessi sul contributo concessorio va rilevato che l'art. 39 nono comma, della legge n. 724 del 1994 dispone che alla domanda di concessione in sanatoria deve essere allegata una ricevuta comprovante il pagamento al comune di una somma a titolo di "anticipazione degli oneri concessori", se dovuti, calcolata nella misura indicata nella tabella C. Aggiunge lo stesso comma che "le modalità di pagamento del conguaglio sono definite entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal comune in cui l'abuso è stato realizzato".
Il richiedente è tenuto dunque ad anticipare soltanto le somme previste dalla legge. Il pagamento del conguaglio è subordinato alla determinazione, da parte del Comune, di modalità (e termini) di versamento. Se il Comune non definisce dette modalità con effetti obbligatori per gli interessati, l'obbligo di pagamento del conguaglio non può insorgere che con la richiesta formulata, previa liquidazione, dal Comune stesso, in coerenza col principio generale secondo cui il contributo concessorio va pagato all'atto del rilascio della concessione (TAR Milano 2^, 11.3.2005 n. 532).
Sulla base di tali principi vanno ricalcolati gli interessi sulle somme che risultano dovute al Comune in base alla presente sentenza.
6. Per le considerazioni esposte il ricorso va accolto per la parte che riguarda la misura dell'oblazione e i relativi interessi; va respinto per la parte relativa al contributo concessorio; va accolto per gli interessi sul contributo concessorio, che devono essere ricalcolati secondo le indicazioni di cui al precedente punto 5.
Si ravvisano ragioni sufficienti per disporre la compensazione integrale tra le parti delle
Nessun commento:
Posta un commento